Diritto

Accisa sulla benzina in Fvg: per la Corte Ue nessuna infrazione

L’onere della prova ricade sulla Commissione non sullo Stato membro

È la Commissione europea che ha l’onere di dimostrare, quando contesta una riduzione non autorizzata delle accise, il collegamento tra gli importi rimborsati e le entrate derivanti dalla riscossione.

Questo uno degli importanti principi che sono stati sanciti dalla Corte di giustizia nella sentenza depositata ieri nella causa C-63/19, con cui dà ragione all’Italia per lo sconto applicato sul carburante ai residenti in Friuli Venezia Giulia.

In generale con la sentenza in commento la Corte di giustizia ricorda un importante principio, in tema di onere della prova, che deve sempre essere applicato nell’ambito dei procedimenti per inadempimento ai sensi dell’articolo 258 del Tfue. Spetta sempre alla Commissione dimostrare l’esistenza dell’inadempimento contestato in capo allo Stato membro con la conseguenza che deve essere quest’ultima a fornire alla Corte di giustizia gli elementi necessari alla verifica dell’esistenza dell’inadempimento senza potersi limitare a fondare le proprie contestazione solo su delle presunzioni (sentenza C-443/18 Commissione/Italia).

Il giudizio in questione prende il via dalla contestazione della Commissione rispetto ad una legge regionale, la numero 14/2010, che permette ai residenti della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia di beneficiare di uno sconto sul prezzo “alla pompa” dei carburanti. In particolare la Legge stabilisce che i gestori delle stazioni di servizio concedono a detti residenti, in quanto consumatori finali, riduzioni sul prezzo dei carburanti. L’amministrazione regionale rimborsa, poi, ai gestori un importo pari alle riduzioni concesse.

La Commissione, con il ricorso per inadempimento contro l’Italia instaurato innanzi alla Corte, ha sostenuto che tale normativa comporterebbe una riduzione non autorizzata, sotto forma di rimborso, delle accise applicabili alla benzina e al gasolio venduti ai residenti della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia con la conseguente violazione della direttiva sulla tassazione dell’energia.

L’Italia ha invece eccepito che sarebbe impossibile ricondurre in modo oggettivo il contributo controverso alla componente “accisa” del prezzo dei carburanti “alla pompa” e che tale contributo si riferirebbe piuttosto alla componente “costo di produzione” di detto prezzo.

La pronuncia è rilevante in quanto, respingendo il ricorso della Commissione, afferma che, quest’ultima, non ha contestato il fatto che il sistema di contribuzione di cui trattasi sia finanziato dal bilancio generale della regione e non, in modo diretto e specifico, dalla quota delle accise sui carburanti trasferita dall’amministrazione centrale italiana a tale bilancio. Pertanto non ha dato la prova che sussista un effettivo collegamento, quantomeno indiretto, tra gli importi rimborsati ai gestori delle stazioni di servizio e le entrate derivanti dalla riscossione delle accise. Quindi nessuna infrazione è stata commessa dall’Italia in relazione ai prezzi agevolati dei carburanti in Friuli-venezia Giulia.

La Corte pertanto rileva l’esigenza e la necessità che sia la Commissione, quando introduce un ricorso ai sensi dell’articolo 258 Tfue, a dover dimostrare (non solo con presunzioni) l’esistenza delle contestazioni sollevate contro lo Stato membro.

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