Il CommentoDiritto

Cassazione e accertamento, il rischio vero è la sfiducia dei contribuenti

di Antonio Iorio

La decisione delle Sezioni Unite 8500/2021, sul potere dell’amministrazione di accertare i costi pluriennali, anche se la loro origine risalga a decenni addietro, merita qualche riflessione. Aldilà delle motivazioni, per le quali basta rilevare che negli ultimi anni la sezione tributaria della Cassazione era giunta a conclusioni contrastanti, sorreggendo con valide argomentazioni ora l’una, ora l’altra tesi, devono far riflettere alcuni passaggi della sentenza.

Così il contribuente è legittimamente «onerato della diligente conservazione delle scritture non sine die, ma fino allo spirare del termine di rettifica (anche se ultracedecennale) dell’ultima dichiarazione accertabile»: appare cioè del tutto normale che un contribuente conservi per 15, 20, e in alcuni casi, 30 anni, i documenti contabili e quant’altro necessario per provare, a richiesta del Fisco, l’inerenza di quel costo.

È notorio infatti che il vero problema non è, come rilevano le Sezioni Unite, la mera tenuta della documentazione contabile sine die, ma la possibilità che l’amministrazione pretenda (pena le contestazioni del caso) spiegazioni e giustificazioni in ordine all’inerenza e all’economicità di beni acquistati e altre operazioni eseguite decenni prima.

A ciò va aggiunto, come rilevato in passato dalla stessa Cassazione, che secondo la Consulta il contribuente non può essere esposto, «senza limiti temporali, all’azione esecutiva del fisco, in quanto ciò non è consentito dall’art. 24 Cost.» (tra tutte sentenze 107/2003, 352/2004, 247/2011). Tuttavia, le Sezioni Unite rilevano che «deve escludersi che il solo decorso del tempo ed il comportamento meramente passivo dell’amministrazione finanziaria siano suscettibili di produrre nel contribuente un affidamento tutelabile».

La sensazione è che si addossino oneri al contribuente nei casi in cui il Fisco non sia in grado di scoprire una violazione nell’arco di circa 6 anni! Non vi è dubbio che la lotta all’evasione debba rappresentare un obiettivo fondamentale per le più svariate ragioni che prevalgano, se del caso, anche rispetto a garanzie e prerogative. E in tal senso si comprende lo spirito della pronuncia delle Sezioni Unite. Vi è però da chiedersi, a questo punto, come si conciliano queste interpretazioni rispetto a chiare scelte legislative anche recenti.

Si pensi, all’abrogazione del raddoppio dei termini di accertamento in caso di reati tributari. Da una parte l’evasore più incallito che commette anche un reato deve essere accertato ai fini fiscali in circa 6 anni, dall’altro il contribuente che fa una ristrutturazione edilizia deve conservare i documenti per oltre 10 anni, ma soprattutto, è sottoposto alle valutazioni del Fisco in ordine alla correttezza e la pertinenza dei lavori che ha fatto per un così lungo arco temporale. Se poi un’impresa ha sostenuto determinati acquisti potrà rimanere esposta al controllo anche per 30 anni. Il rischio vero è la sfiducia dei contribuenti e degli imprenditori rispetto a una loro effettiva tutela nelle numerose ipotesi in cui hanno fatto di tutto per rispettare le regole ma si vedono elevare dubbie contestazioni.