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Delega fiscale e professionisti, tasse a zero nel passaggio a Stp. Ma la crescita è ancora lenta

<span class="argomento"/>Con la delega fiscale verso lo stop ai prelievi tributari nelle riorganizzazioni degli studi in società tra professionisti. Il Covid ha frenato le aggregazioni

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di Valeria Uva

Dalla delega fiscale arriva anche l’attesa spinta alle aggregazioni tra professionisti. Per la prima volta, infatti, il disegno di legge, approvato il 16 marzo dal Consiglio dei ministri, sancisce il principio della neutralità fiscale delle aggregazioni.

In particolare la norma che prevede una generale semplificazione e riorganizzazione del prelievo fiscale sui redditi da lavoro autonomo fissa anche, tra i vari principi guida, quello di prevedere «la neutralità fiscale delle operazioni di aggregazione e riorganizzazione degli studi professionali, comprese quelle riguardanti il passaggio da associazioni professionali a società tra professionisti».

Le novità

La meta finale quindi è chiara: stop al prelievo per tutte le operazioni straordinarie degli studi professionali, in particolare per chi evolve verso forme societarie, ad esempio passando da studio associato di professionisti a società di capitale (Società tra professionisti- Stp). E anche se non citata in modo esplicito nella identica formula della Sta, società tra avvocati.

Fin qui l’obiettivo, ma come per tutta la riforma fiscale abbozzata nella delega il percorso è ancora lungo: anche una volta completato l’iter del Ddl con l’approvazione della legge, il Governo ha 24 mesi di tempo per varare i decreti attuativi. Ed è da questi testi che si capiranno con esattezza i contorni della neutralità fiscale, fino ad allora solo enunciata.

Sul tavolo del Governo ci sono già le proposte delle categorie, tutte volte a cancellare qualsiasi “spettro” di prelievo, inquadrando il passaggio alla Stp come semplice trasformazione senza generazione di valore.

A chiarire con esattezza i contorni della questione è soprattutto il documento che il Consiglio nazionale dei commercialisti ha presentato al Governo già nel febbraio scorso con le proposte per il nuovo Fisco, che tra i vari spunti, contiene anche un capitolo dedicato al regime fiscale delle società tra professionisti. In poche parole, i commercialisti chiedono di eliminare «definitivamente i dubbi interpretativi sulla non imponibilità del valore di beni, crediti, clientela o elementi immateriali comunque riferibili all’attività professionale» nei passaggi alle Stp e ricordano che «tali operazioni non comportano il realizzo dei predetti elementi patrimoniali, ma si risolvono nella sola variazione della veste giuridica».

Ancora più chiaro il presidente del Cndcec, Elbano de Nuccio: «Un semplice cambio di veste giuridica non può far sorgere base imponibile, è un principio già valido in ambito societario che ora deve valere anche in ambito professionale». Non solo: per i commercialisti la neutralità fiscale delle operazioni progressive di trasformazione va realizzata come «norma di interpretazione autentica», sia perché è considerata alla stregua di un chiarimento di regole già esistenti, sia perché così può valere anche per le operazioni in corso.

La crescita (lenta)

Secondo De Nuccio proprio la neutralità potrebbe finalmente spingere i professionisti fuori dall’atomismo degli studi individuali. «È la prima barriera da rimuovere per avviare quelle aggregazioni ormai essenziali per la nostra sopravvivenza».

E infatti i numeri censiti da Infocamere dimostrano che c’è ancora molta strada da fare. Negli ultimi due anni le Stp sono cresciute del 47% ma restano in assoluto ancora poche (poco più di seimila a oggi). La pandemia poi ha agito da ulteriore freno: nell’area economico-legale, ad esempio le società sono aumentate solo del 28% tra il 2021 e il 2023, a fronte di un +58% nel periodo 2018-2021.

Anche le dimensioni delle società restano piccole: più della metà ha un capitale di 10mila euro e quasi nove su dieci si collocano nella fascia da uno a nove dipendenti.

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