La definizione agevolata dimentica le decisioni intermedie
Come era prevedibile, dopo la rottamazione delle cartelle di Equitalia è in arrivo la rottamazione delle liti tributarie pendenti, che sarà inserita nel decreto legge sulla manovra correttiva, in fase di definizione.
Queste misure hanno una duplice funzione, quella deflattiva delle procedure e del contenzioso, indispensabili per la riorganizzazione dell’accertamento e della riscossione, e dall’altra quella di anticipare all’erario un gettito che in teoria potrebbe essere maggiore, ma che diventa certo e immediatamente esigibile.
È significativo al riguardo che le disposizioni sulle liti pendenti non sono nel capo I del provvedimento che riguarda disposizioni in materia di entrate, ma nel secondo, che ha per oggetto «disposizioni in materia di giustizia tributaria», e quindi in teoria non sono meramente finalizzate all’incasso delle somme oggetto di contestazione.
Ma se si analizza il contenuto della norma, ci si accorge che anche queste disposizioni hanno l’obiettivo della riscossione, in quanto si riferiscono soltanto alle liti che hanno per oggetto “pretese” erariali, formalizzate in atti dell’agenzia delle Entrate.
Se si volesse veramente deflazionare il contenzioso bisognerebbe anche prevedere disposizioni per chiudere le numerosissime liti sui rifiuti di rimborso.
Affinché queste cause diano un gettito potenziale, ben si potrebbe stabilire che il contribuente può chiudere la lite rinunciando – oltre che agli interessi – a una determinata percentuale del petitum riconosciuto dal giudice. Logica vorrebbe, ad esempio, che il contribuente vittorioso potesse chiudere la lite accontentandosi del 50% di quanto oggetto della sentenza di primo grado e del 75% di quella in appello.
In questa sezione dell’emanando decreto legge, la seconda misura prevista riguarda l’aumento da 20mila a 50mila euro del procedimento per reclamo, con possibile mediazione.
Questa disposizione aveva bisogno non tanto di essere estesa, quanto di venire adeguata alle regole più elementari della mediazione, relative alla terzietà dell’organo che si occupa di agevolare la definizione della lite.
E prima ancora di arrivare alla auspicabile chiusura di un contenzioso pendente, è indispensabile occuparsi del contraddittorio preventivo o endoprocedimentale. La Corte di cassazione ha fatto passare alla storia delle anomalie del nostro ordinamento la sentenza a Sezioni Unite n. 24823 del 9 dicembre 2015 , sulla asserita inesistenza nel diritto tributario italiano di un principio generale relativo al contraddittorio endoprocedimentale. Diritto del contribuente che esiste invece – in base alla costante giurisprudenza della Corte di giustizia Ue – nel caso di imposte armonizzate con le disposizioni europee. Come se un accertamento Iva non avesse lo stesso fondamento fattuale di un accertamento dei ricavi per le imposte dirette.
Ma – proprio in riferimento alla terzietà di chi interviene nel processo di accertamento – basta guardare nel sito della Direzione generale della Concorrenza della Commissione europea: il soggetto inquisito per questo argomento ha diritto di comunicare preventivamente con un hearing officer, cioè con un responsabile dell’ascolto delle sue ragioni. Ma è scritto chiaramente nel sito internet che questo soggetto non ha nessun rapporto di dipendenza gerarchica con il direttore generale, che adotterà l’eventuale provvedimento.