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La donazione alla fondazione privata Ets non apre le porte dell’art bonus

Le ultime risposte a interpello delle Entrate ricordano anche come l’agevolazione spetti su erogazioni liberali effettuate per interventi di restauro di beni di appartenenza pubblica

di Jessica Pettinacci e Gabriele Sepio

Dall’agenzia delle Entrate nuove precisazioni su beneficiari e criteri oggettivi sull’art bonus. Diverse le risposte a interpello pubblicate nelle scorse settimane da parte dell’amministrazione finanziaria e che arricchiscono il quadro applicativo per accedere agli incentivi fiscali dell’art bonus. Vale a dire quel credito d’imposta pari al 65% delle liberalità effettuate da persone fisiche ed enti per interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici (articolo 1, comma 1, del Dl 83/2014). Una misura questa non di poco conto e che, stando agli ultimi dati, solo in Friuli Venezia Giulia ha registrato un consenso crescente in termini di erogazioni agevolate di oltre 3 milioni di euro nel 2022.

I requisiti soggettivi

I primi chiarimenti sono anzitutto sul versante soggettivo. Con l’ultimo intervento di prassi, si è esclusa l’applicabilità del tax credit ove l’erogazione liberale sia effettuata a favore di una fondazione privata ente del Terzo settore (Ets). Ciò in quanto risulterebbe carente la natura pubblica dell’ente destinatario della liberalità, quale presupposto per l’accesso all’agevolazione (risposta 526/E/2022). Un chiarimento che in ogni caso non esclude tout court gli Ets (e la generalità degli enti non profit privati) dall’art bonus.

Va infatti considerato che questo incentivo non spetta solo per gli importi erogati nei confronti di enti pubblici, ma anche nel caso in cui le somme siano finanziate nell’interesse di soggetti affidatari dei beni (articolo 1, comma 5, del Dl 83/14). Proprio in questo senso si registra un precedente dell’Agenzia che aveva ammesso la fruizione dell’art bonus anche per le erogazioni liberali effettuate ad enti non profit privati. Ciò a patto che le erogazioni siano utilizzate per gli interventi di restauro di beni culturali pubblici e nel rispetto di specifici obblighi di attestazione (si veda la risposta 20/E/2018). Nella sostanza, l’accesso al bonus da parte degli enti privati va in ogni caso valutato caso per caso, in considerazione dei singoli interventi. Le restrizioni riguarderebbero le ipotesi in cui l’intervento abbia ad oggetto la realizzazione di nuove strutture. Diverso invece il caso in cui il sostegno riguardi attività concertistico-orchestrali. In quest’ipotesi, come chiarito dalla stessa Agenzia, ove l’ente rientri tra i soggetti dello spettacolo all’articolo 1 del Dl 83/2014, può accedere all’art bonus anche laddove sia un’associazione privata (risposta 542/E/2022).

I requisiti oggettivi

Altri chiarimenti riguardano poi i requisiti oggettivi. L’agevolazione spetta su erogazioni liberali effettuate per interventi di restauro di beni di appartenenza pubblica. Un requisito, questo, da valutarsi in chiave sostanziale. Ritenendolo cioè integrato non solo quando ricorra la formale titolarità allo Stato e agli enti pubblici territoriali, ma anche altri elementi.

Vale a dire la costituzione dell’ente destinatario delle erogazioni da parte di soggetti pubblici, la maggioranza pubblica di soci e partecipanti, il finanziamento con risorse pubbliche, la gestione di un patrimonio culturale di appartenenza pubblica e l’assoggettamento ad alcune regole proprie della pubblica amministrazione o al controllo analogo. In questo senso, l’Agenzia ha escluso il beneficio per le erogazioni ricevute per gli interventi relativi ad una collezione privata, seppure riconosciuta di interesse storico e artistico ed esposta in uno spazio pubblico.

Due, in particolare, le precisazioni offerte dall’Agenzia (risposta 546/E/2022).

• In primo luogo, il riconoscimento dell’interesse storico della collezione non rileva ai fini dell’appartenenza pubblica del bene, trattandosi nella sostanza di un patrimonio privato.

• Con riferimento invece allo spazio museale, correttamente, l’amministrazione ha chiarito come la sola concessione di uno spazio pubblico non integri il requisito dell’appartenenza pubblica in mancanza degli altri indici di pubblicità.

Aspetti, questi, richiesti per accedere all’agevolazione fiscale.