Professione

Prende quota l’esperto di compliance 100mila posti nei prossimi tre anni

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di Francesco Nariello

Dalla sicurezza sul lavoro all’antiriciclaggio, dai reati ambientali alla cybersecurity. Il raggio d’azione della compliance - la verifica sulla conformità a leggi e regolamenti in un’azienda - va ormai ben oltre i campi normativi, più o meno consolidati, della responsabilità amministrativa delle imprese o della privacy. Si tratta di un’attività in crescita, che ha progressivamente superato i confini dei tradizionali ambiti bancario-assicurativo-finanziario per ampliarsi a tutti i settori produttivi e dei servizi.

Un trend che pone i professionisti della compliance, in prospettiva, tra le figure più richieste sul mercato. Secondo gli operatori del settore, il fabbisogno di profili come compliance manager o analyst è destinato a crescere, in modo esponenziale, con la piena operatività - tra poco meno di un anno - della disciplina del nuovo Codice della crisi d’impresa, che incrementerà il fabbisogno di figure specializzate.

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Centomila opportunità

«Entro i prossimi tre anni potrebbero aprirsi 100mila posizioni relative alla funzione compliance, con un rapporto di uno a venti tra i profili manageriali e quelli più operativi, come gli analist». A dirlo è Alessandro Cerboni, vicepresidente Assocompliance, sigla che conta ad oggi un centinaio di professionisti qualificati e rientra nell’elenco del Mise per le professioni “non organizzate” riservato alle associazioni che rilasciano un attestato di qualità e qualificazione. Quella di Cerboni è una stima “prudenziale” delle imprese (nello specifico si considerano, infatti, le sole Srl, circa 90mila) che in base alla riforma del codice della crisi d’impresa (decreto legislativo 14/2019) dovranno dotarsi di un’adeguata struttura di controllo.

«Si tratta di modelli - spiega Cerboni - riconducibili alla gestione della compliance». Si amplifica, quindi, «l’importanza della figura del compliance manager nelle aziende di qualsiasi natura e dimensione».

L’identikit

Ma quali sono, nello specifico, i profili richiesti? Le figure ricercate sono essenzialmente tre: il compliance manager di alto livello dirigenziale (officer se di medio livello), con compiti di supervisione e coordinamento di uno staff dedicato; il compliance expert, con una specializzazione verticale su una determinata materia, come il Dpo sul fronte privacy; e, infine, gli analyst che - in realtà aziendali di maggiore dimensione - compongono il team che svolge le attività di monitoraggio sulla conformità normativa. Tali figure possono essere collocate sia all’interno dell’impresa che ottenere incarichi di consulenza esterni.

A caratterizzare il professionista della compliance è il possesso di competenze pluridisciplinari, non limitate a responsabilità amministrativa (Dlgs 231/2001) o privacy, ma estese ad antiriciclaggio, anticorruzione, sicurezza sul lavoro, reati ambientali, cybersecurity, requisiti dettati dalle norme tecniche (Iso). Di pari passo, si è esteso il ventaglio di settori in cui la compliance ha preso piede: da quello bancario-assicurativo-finanziario al farmaceutico, passando per le società quotate, le grandi multinazionali e arrivando a includere tutti i comparti di industria e servizi.

L’identikit dell’esperto della conformità è quello di un laureato in diritto o in economia (ma esistono indirizzi specifici), oppure in ingegneria gestionale, con un percorso post laurea - master o corso di specializzazione - in compliance. Può essere un valore aggiunto avere esperienza pregressa, magari in uno specifico settore (esempio: bancario). Porte aperte anche per le professioni ordinistiche, dagli avvocati ai commercialisti.

L’attenzione crescente e le prospettive di mercato hanno reso quanto mai necessario mettere nero su bianco le caratteristiche dei professionisti che si occupano di compliance. Per questo lo scorso 25 luglio è stata approvata la norma Uni 11753:2019 per il «Professionista della conformità e etica (Compliance & ethics)» operante nel settore bancario, finanziario e assicurativo-previdenziale.

«La norma - afferma Claudio Cola, presidente Aicom, associazione italiana compliance, nata nel 2005, che ha partecipato al gruppo di lavoro sulle specifiche tecniche - individua i requisiti di conoscenza, abilità e competenza di cui dovrebbe essere in possesso il professionista specializzato in ambito bancario-assicurativo, ma rappresenta un riferimento metodologico anche per tutti gli altri settori».

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