Diritto

Promozione bitcoin a prova di testo unico

Per la Cassazione, l’attrazione alla normativa del Tuf dipende dal messaggio promozionale

di Stefano Capaccioli

La Corte di cassazione, con la sentenza n. 26807 dello scorso 25 settembre ha affrontato incidentalmente l’interpretazione, ai sensi della legge penale, di alcune specifiche modalità di compravendita di bitcoin.

Il caso è relativo al ricorso avverso un provvedimento di sequestro preventivo confermato dal Tribunale del riesame di Milano nel corso di un procedimento per vari reati finanziari. La decisione si basa in un procedimento cautelare e quindi attiene all’astratta configurabilità del reato contestato.

Dalla motivazione della sentenza emerge che l’imputato non si limitasse a scambiare bitcoin al prezzo di mercato, ma fosse attivo nella sollecitazione all’investimento, cercando di attirare potenziali acquirenti con la promessa di facili guadagni: «chi ha scommesso in bitcoin in due anni ha guadagnato più del 97%» recava infatti uno degli slogan utilizzati per farsi pubblicità.

L’imputato, accusato di aver riciclato le somme frutto di un precedente reato, era risultato promuovere l’acquisto di bitcoin attraverso un proprio sito web promozionale e, contestualmente, vendere criptovaluta attraverso una piattaforma internazionale che mette in contatto domanda ed offerta privata.

L’attrazione alla normativa del Tuf finalizzata alla regolazione della sollecitazione del pubblico risparmio dipende quindi dal messaggio promozionale, proposto e reclamizzato come una vera e propria proposta di investimento. Il risultato è che la promozione di vendita del bitcoin e delle criptoattività deve seguire e rispettare i canoni alla base del testo unico e ne consegue che, nel caso in cui venga sollecitato il risparmio, si rientri nella fattispecie degli articoli 94 e seguenti con tutte le conseguenze.

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