Contabilità

Rivalutazione beni con spettro ampio ma benefici ritardati

Le modifiche introdotte dalla manovra accrescono l’appeal della misura confermata dalla legge di Bilancio 2020

di Andrea Cioccarelli e Giorgio Gavelli

La rivalutazione dei beni strumentali d’impresa prevista, per l’ennesima volta, dai commi 696 e seguenti dell’articolo 1 della legge di Bilancio 2020 rappresenta un’opportunità che verrà colta solo da una minoranza delle imprese potenzialmente interessate, in particolare da quella cerchia che riscontrerà positivamente tutta una serie di requisiti tali, nel loro insieme, da garantire convenienza alloperazione. Questa è la conclusione a cui si giunge esaminando i bilanci e la (relativamente scarsa) presenza di beni potenzialmente rivalutabili, anche considerando che l’agenzia, nella circolare 14/E/2017, con riferimento ad un provvedimento del tutto analogo, ha affermato la natura esclusivamente fiscale del provvedimento, negando quindi la facoltà (già ampiamente percorsa con il Dl 185/2008) di effettuare una rivalutazione con effetti solo sui valori di bilancio.

I vantaggi

Va detto che il legislatore, in questa occasione, ha fatto il possibile per rendere più “attraente” l'opportunità, riducendo il costo (dal 16 al 12% per i beni ammortizzabili, dal 12 al 10% per gli altri) e introducendo tre rate annuali senza interessi (o, per importi superiori ai 3 milioni di euro, sei rate, ma sempre in tre anni) per il versamento dell'imposta sostitutiva. Onere a cui si può aggiungere il 10% per “chiudere il cerchio” e affrancare la riserva creata nel patrimonio netto (per i soggetti in contabilità ordinaria).

In presenza di condizioni ben definite, tuttavia, vi sarà chi, alla fine, opterà in senso favorevole. Vediamo quando questo può avvenire, anche con l'aiuto degli esempi numerici pubblicati a lato

Superati gli scogli (banali dal lato teorico, non tanto dal lato pratico) della presenza in bilancio di beni rivalutabili, del mancato pregiudizio legato al concetto di “categoria omogenea” (che impone spesso di pagare la sostitutiva anche su beni che non si vorrebbe rivalutare) e della disponibilità delle risorse necessarie ai versamenti richiesti, l'attenzione dell'impresa si deve appuntare su altre variabili.

Le variabili di riferimento

Una delle prime considerazioni va fatta sul recupero dei maggiori ammortamenti (e delle minori plusvalenze) garantite (nel primo caso dal 2022, nel secondo dal 2023) dal provvedimento, perché è evidente che la mancanza di redditi imponibili capienti nei periodi d'imposta interessati dall'effetto fiscalmente positivo della rivalutazione rallenterebbe notevolmente il raggiungimento della convenienza dell'operazione.

In secondo luogo va valutata l’aliquota del bene da rivalutare, unitamente alla lunghezza del periodo fiscale residuo di ammortamento. Questo provvedimento, infatti, diversamente da quello del 2008, non è rivolto esclusivamente agli immobili, per cui interessa anche cespiti quali impianti, macchinari, brevetti ed attrezzature che possono velocizzare il recupero dell'imposta sostitutiva pagata, naturalmente se contabilizzati ad un valore netto inferiore a quello d'uso, che costituisce assai spesso il parametro di riferimento (raramente, infatti, per questi beni si riesce ad ottenere un valore di mercato attendibile).

Anche la lunghezza residua del periodo fiscale di ammortamento pre-rivalutazione incide in questo calcolo, nel senso che più è breve questo lasso temporale, prima l’impresa potrà dedurre, al limite massimo consentito dall’aliquota di ammortamento, l’importo rivalutato; nei periodi d’imposta precedenti, infatti, tale deduzione è limitata alla differenza tra ammortamento pre e post rivalutazione, con un rallentamento del timing di recupero.

Immobili e partecipazioni

Passando agli immobili, il “salto” che favorisce la convenienza è dato dalla cessione del bene o dalla chiusura dell'azienda (ovviamente dal 2023), poiché la minor plusvalenza ottenuta consente di “incamerare” appieno ed in un colpo solo tutto l'effetto della rivalutazione; tuttavia, si deve trattare di beni non già oggetto di precedenti rivalutazioni (difficile che ci sia ancora spazio) ed iscritti a bilancio a valori lontani da quelli correnti, situazione non proprio frequente. L’oggetto “vocato” per eccellenza alla rivalutazione è l'immobile riscattato dal leasing (purché entro il 2018), generalmente caratterizzato da una forte plusvalenza inespressa in bilancio.

Più difficile, invece, è rintracciare una convenienza sulle partecipazioni immobilizzate (di collegamento e di controllo, come richiesto dalla norma). La frequente presenza della participation exemption elimina gran parte delle ipotesi, per cui residuano (più che altro) le sole partecipate immobiliari principalmente dotate di immobili diversi da quelli “merce” e da quelli strumentali utilizzati direttamente (e le relative holding). Esse, tuttavia, per accedere a questa facoltà, dovrebbero presentare rilevanti plusvalenze inespresse sul valore contabile, dato che non è certo facile riscontrare nel concreto.

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