Imposte

Sportivi professionisti e bonus impatriati, la via d’uscita per la non sanzionabilità

La mancanza del decreto attuativo invocata dalla circolare 33/E non incide in termini assoluti sull’applicazione del beneficio sulla limitazione al solo 50% del reddito conseguito

di Paolo Natalini

La circolare 33/E/2020 ha riservato un’amara sorpresa per gli sportivi professionisti che intendano avvalersi dello speciale regime fiscale previsto per i lavoratori impatriati (articolo 16 del Dlgs 147/2015) e, ancor di più, per coloro che già se ne avvalgono, unitamente alle imprese committenti delle loro prestazioni che, agendo quali sostituti d’imposta, hanno calcolato il prelievo alla fonte applicando direttamente l’agevolazione.

In particolare, l’Agenzia ha ritenuto che la detassazione del 50% prevista dal comma 5-quater dell’articolo 16, per gli sportivi professionisti che trasferiscono la loro residenza nel territorio dello Stato, non risulterebbe ancora applicabile per la mancata emanazione, ad oggi, del Dpcm attuativo previsto dal successivo comma 5-quinquies. Tale interpretazione desta perplessità sotto un duplice profilo.

1) In primo luogo, il dato letterale del comma 5-quinquies - recante la previsione del versamento di un contributo dello 0,5% per gli sportivi che usufruiscono dell’agevolazione - induce a ritenere che la previsione in esso contenuta sia accessoria a quella sostanziale di cui al comma precedente e, conseguentemente, la mancata emanazione del decreto che dovrà regolare il versamento di tale contributo non può incidere sull’accesso al regime.

2) In secondo luogo, appare non condivisibile l’affermazione dell’Agenzia per cui il comma 5-quater avrebbe «esteso la platea dei beneficiari del regime speciale per lavoratori impatriati anche agli sportivi professionisti».

In realtà, la modifica del 2019, modificando il comma 1 dell’articolo 16 e, in particolare, eliminando la condizione per cui l’impatriato doveva essere in possesso di requisiti di elevata qualificazione o specializzazione (la norma era sostanzialmente rivolta ai dirigenti) ha reso, di fatto, accessibile il regime a qualsiasi soggetto che consegua un reddito di lavoro dipendente, assimilato di lavoro dipendente o di lavoro autonomo. Le prestazioni degli sportivi professionisti, in base all’articolo 3 della legge 91/1981, costituiscono oggetto di contratto di lavoro subordinato o autonomo così integrando il requisito oggettivo di cui al comma 1 dell’articolo 16 in esame. In altri termini, la funzione del comma 5-quater non è quella di ampliare la platea dei beneficiari dell’agevolazione includendovi gli sportivi professionisti, bensì quella di limitare la detassazione al solo 50% del reddito conseguito (in luogo del 70%) e quella del successivo comma 5-quinquies, di prevedere un onere aggiuntivo contributivo dello 0,5 per cento. Quindi, la mancanza del decreto attuativo non incide in termini assoluti sull’applicazione del beneficio (comunque spettante in base al comma 1) ma, paradossalmente, sulla limitazione dello stesso al solo 50% del reddito conseguito.

Non vi è dubbio che la questione vada definitivamente risolta per rimuovere ogni incertezza e garantire il legittimo affidamento che gli operatori hanno fin qui riposto nell’applicazione dell’agevolazione e, a tali fini, sarebbe auspicabile la definitiva emanazione del decreto attuativo (con esplicita valenza per i benefici già usufruiti) o, in alternativa, un ripensamento da parte dell’agenzia delle Entrate. In ogni caso, non dovrebbero esserci dubbi sulla non sanzionabilità delle condotte pregresse in applicazione della causa di non punibilità rappresentata dalla obiettiva condizione di incertezza sulla portata della disposizione attuativa (ex articolo 6 del Dlgs 472/97).

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