Ue-Turchia, gli esportatori autorizzati autocertificano gli Atr con un «Qr code»
Nota delle Dogane: i documenti di circolazione negli scambi con Ankara sono elettronici, niente firma e timbro
I documenti di circolazione emessi negli scambi tra Ue e Turchia – ossia i certificati Atr – possono essere emessi in forma vidimata dagli uffici doganali o sottoscritti dagli stessi esportatori in forma di autocertificazione.
Gli esportatori autorizzati, dunque, possono evitare di recarsi in dogana per ciascuna spedizione e possono stampigliare in house, sui documenti in questione, lo speciale timbro ammesso dalle autorità doganali dello Stato di esportazione, conforme a quello previsto nell’allegato III della Decisione 1/2006.
In base a questa Decisione, salvi i prodotti agricoli e quelli del carbone e dell’acciaio, è prevista l’esenzione daziaria per gli scambi di merci tra i due sistemi doganali (siano tali merci ivi prodotte o già importate). Infatti, tra l’Ue e la Turchia c’è un’Unione doganale che permette la movimentazione delle merci di fatto a dazio zero, con enormi vantaggi per le imprese.
La prova che la merce sia in libera pratica è data appunto dall’Atr, per il quale l’articolo 11 della decisione consente modalità di rilascio semplificato che – in coerenza con gli indirizzi Ue – le Dogane illustrano nella nota 151838/20, come un utile tool per gli operatori.
La notizia va letta incrociando altri aspetti: anzitutto, la semplificazione ancora superiore riconosciuta agli operatori turchi e della quale le Dogane avevano già dato notizia a fine aprile. Il beneficio della sottoscrizione del certificato Atr in house è infatti riservato dall’Unione europea agli esportatori autorizzati, ma l’amministrazione doganale turca – per venire incontro alle difficoltà degli operatori durante il periodo di crisi – ha deciso di implementare un sistema elettronico dei certificati Atr, Eur 1 e Eur Med.
Pertanto, i citati certificati di circolazione sono ora privi della consueta firma e timbro, ma contengono un «Qr code», rilasciato da un’applicazione web sicuramente utilissima, che peraltro consente una verifica di autenticità in diretta anche per gli operatori riceventi il certificato.
Andare oltre il cartaceo
Sarebbe infatti molto utile che l’Italia, o meglio l’Unione Eeuropea, investisse davvero nel superamento dei certificati cartacei, consentendo una loro gestione totalmente dematerializzata. Questo permetterebbe, oltre alla riduzione delle frodi, un risparmio di tempo enorme sia per le autorità, sia per gli operatori, e segnerebbe un passo concreto verso l’ammodernamento di sistemi ormai obsoleti.
Se è vero che gli accordi di ultima generazione prescindono dalla presenza di un certificato (ad esempio, Canada, Giappone, Corea del Sud; e nello stesso senso sono orientate le prime bozze dell’accordo Ue-Uk), è anche vero che potrebbero ammodernarsi tutti i numerosi sistemi pregressi, mantenendo – se necessario – i certificati, ma permettendo la loro digitalizzazione e archiviazione in forma elettronica.
Tutto ciò è in linea, poi, con le novità che tra poco più di un mese saranno in vigore, quando dal 21 giugno non sarà più possibile per gli operatori chiedere certificati in bianco previdimati; ma il loro rilascio sarà subordinato ad apposito procedimento di controllo, preventivo alle operazioni di export.
Per evitare possibili lungaggini e costi, per le imprese diventa sicuramente necessario prescindere dai certificati acquisendo lo status di esportatore autorizzato. Ma resta comunque vero che la gestione cartacea del documento rappresenta ancora un blocco alla digitalizzazione dei processi di fascicolazione doganale che è ormai una realtà.