Controlli e liti

Agenzia Entrate-Riscossione, via libera dal Tar Lazio

di Giovanni Parente

Agenzia delle Entrate-Riscossione (Ader) supera l’esame del Tar Lazio. I giudici della prima sezione con la sentenza 6307/2019 depositata ieri hanno ritenuto inammissibile il ricorso del sindacato Dirpubblica (condannandolo al pagamento delle spese processuali per complessivi 5mila euro) che contestava l’illegittimità costituzionale dell’istituzione come ente pubblico economico del nuovo concessionario della riscossione a seguito della chiusura di Equitalia (avvenuta con il Dl 193/2016) e anche degli atti normativi successivi. Il Tar ha deciso sulla questione dopo l’accoglimento da parte del Consiglio di Stato (ordinanza 3213/2017) dell’appello cautelare «al solo fine della sollecita fissazione del merito», come ricorda la sentenza di ieri.

L’ente pubblico economico
Ad avviso dei giudici amministrativi , la scelta di «istituire enti pubblici economici è una valutazione politica del legislatore» e che «la contestazione dell’opzione prescelta» è «tutta affidata a giudizi di valore concernenti l’opportunità della scelta, ovvero a interpretazioni basate su possibili e future disfunzioni operative dell’istituito ente pubblico economico, o, infine, a valutazioni che esprimono mere aspirazioni de jure condendo, ma non individuano puntuali vizi del dettato normativo vigente, risultando assolutamente generiche laddove arrivano ad invocare i parametri costituzionali degli articoli 3, 23, 53, 97, 81 e 117 sull’assunto che la costituzione della nuova agenzia “si risolve, con ogni evidenza, in una situazione di svantaggio per i contribuenti e gli utenti del servizio riscossione”».

La legittimazione ad agire
Inoltre il Tar Lazio ha rilevato la carenza di interesse di Dirpubblica: «Alla luce della natura privatistica del rapporto di lavoro dei dipendenti dell’istituita agenzia, appare infatti evidente come la ricorrente, che dichiara di agire a tutela degli interessi di pubblici dipendenti, non può ricevere, dai richiesti annullamenti, alcuna utilità». Inoltre
i giudici amministrativi richiamano il «costante orientamento giurisprudenziale secondo cui la coincidenza tra petitum del giudizio a quo e oggetto della questione di costituzionalità - cui conseguirebbe che un’eventuale sentenza di accoglimento esaurisca la tutela richiesta dal rimettente - determina il difetto di incidentalità della questione e l’inammissibile attivazione in via principale del sindacato di costituzionalità al di fuori delle ipotesi tassativamente previste».

La replica di Dirpubblica
Per il segretario generale di Dirpubblica, Giancarlo Barra, il tenore dell’ordinanza 3213/2017 del Consiglio di Stato «avrebbe dovuto far escludere la condanna alle spese» in quanto faceva proprio quanto già osservato nel decreto del Presidente della Sezione 26 giugno 2017, n. 2677, ossia che «le doglianze di merito – nella parte rivolta a criticare l’immissione nel ruolo dirigenziale dell’agenzia, senza alcuna eccezione, di personale della ex società di riscossione – sembrano ammissibili e prima facie supportate da fumus, alla luce della consolidata giurisprudenza amministrativa e soprattutto costituzionale».

Per questo Barra aggiunge: «Come si fa a condannare alle spese quando già il Consiglio di Stato aveva espresso apprezzamenti sull’azione Dirpubblica; a parte la questione procedurale in base alla quale fonda la sentenza e che stravolge quanto già consolidato dalla giurisprudenza amministrativa dopo la sentenza 37/2015 della Corte costituzionale in poi».

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