Professione

Crisi d’impresa, costituzionalità dubbia

di Maria Carla De Cesari

Processo al Codice della crisi d’impresa, il decreto legislativo 12/2019. Con un risultato dalla duplice valenza. La parte relativa alle procedure di allerta nelle Srl da parte degli organi di controllo interno può rappresentare una svolta per la professione di commercialista, chiamata ad esercitare una valutazione prospettica dell’impresa fino ad “aiutare” l’imprenditore nella pianificazione dell’attività.

La procedura nella crisi, invece, risente della matrice giudiziaria e in definitiva trova nella liquidazione lo strumento principe a scapito di canali come il concordato che scommettono sulla continuità dell’impresa.

Giudizi contrastanti su una riforma complicata – quasi 400 articoli – ma non senza lacune: il seminario promosso ieri a Roma da Adc, l’associazione dei dottori commercialisti e degli esperti contabili presieduta da Enzo De Maggio, in occasione del novantesimo, ha affrontato i passaggi fondamentali del decreto legislativo con l’aiuto di giuristi, economisti aziendali, esperti di finanza aziendale. Da Adc sono arrivate in particolare due sollecitazioni: l’esdebitazione deve essere senza ombre e la soglia per i controlli interni deve essere calibrata su un parametro semplice, come l’indebitamento e il fatturato.

Partiamo dalle macchie. Si tratta di una riforma scritta dai giudici che risente di uno spirito giustizialista, hanno detto Giuseppe Ferri (diritto fallimentare Roma tre) e Giustino di Cecco (diritto commerciale, sempre Roma tre): i giudici hanno cancellato il concordato per la liquidazione, in questo caso si cambia il nome, ma si legge sempre fallimento. Tutto bene per la magistratura? Niente affatto. Per Vincenzo Vitalone, giudice a Roma, il concordato non ha retto alla prova della soddisfazione dei creditori. Sulla riforma ci sono poi due ipoteche pesantissime: il fatto di non aver riformato prima la bancarotta e di non aver rispettato la delega con un problema di costituzionalità. Non si sono infatti istituiti giudici specializzati e questo incide sull’individuazione del giudice naturale. Dello strapotere dei Pm ha invece parlato il penalista Simone Faiella: magari dietro un Pvc delle Entrate si dispone un sequestro ed è persino difficile capire chi lo ha disposto.

Sulle nuove responsabilità dell’organo di controllo interno, si sono invece interrogati Nicolò Abriani, Carlo Felice Giampaolino (diritto commerciale, rispettivamente a Firenze e a Tor Vergata) , mentre Eugenio D’Amico e Alberto Dello Strologo (economia aziendale Roma tre e crisi d ’impresa Università europea) si sono detti scettici sulla validità delle informazioni per esercitare il controllo soprattutto nelle aziende più piccole. Per Andrea Foschi, che segue la riforma per il Consiglio nazionale dei commercialisti, bisogna però sforzarsi di far funzionare la legge: i primi risultati sugli indici di allerta, che non saranno degli automatismi, sono attesi nelle prossime settimane. La scommessa è costituita dai meccanismi amministrativi, ha sottolineato Sandro Pettinato di Unioncamere, alle prese con la costituzione degli Ocri, gli organismi di composizione della crisi.

Qui si giocano le nuove opportunità per i commercialisti, che dovrebbero guidare l’imprenditore nella pianificazione, secondo Giovanni Palomba (finanza aziendale, La Sapienza) e Andrea Panizza, presidente Aprì (professionisti risanamento imprese).

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