Diritto

Il produttore dei beni dovrà aggiungere la plastic tax

Le imprese: chiarimenti sui vuoiti a rendere o sui flaconi per liquidi sfusi. Le multinazionali spesso affidano a un terzo la fornitura delle merci

di Benedetto Santacroce e Ettore Sbandi

Le nuove regole che introducono la plastic tax, attendendo per essere operative l’emanazione di un provvedimento, destano particolare apprensione per le imprese, non solo per l’impatto economico, ma anche per gli effetti operativi. In particolare, i maggiori dubbi che potrebbero rendere difficile l’applicazione dell’imposta riguardano, non elementi di dettaglio, ma temi portanti quali l’oggetto del tributo e la qualificazione del soggetto obbligato al pagamento dell’imposta (si veda anche «Il Sole 24 Ore» di mercoledì 19 febbraio).

Quanto all’oggetto della nuova imposta sui manufatti in plastica monouso (i cosiddetti Macsi), si rileva che il legislatore nazionale ha scelto di tassare, alla produzione o all’import, pellicole e recipienti plastici che non possono essere riutilizzati e che non siano frutto di attività di riciclo.

Un primo punto, dunque, attiene all’individuazione del codice di nomenclatura combinata che può darsi ai prodotti in questione; si pensi ad esempio ai prodotti misti, in plastica e non, dove la componente principale può assorbire quella secondaria e far entrare o uscire un prodotto dal perimetro impositivo. Entrano in gioco, dunque, i codici tariffari dei prodotti che, come tali, in alcuni casi non sono affatto di semplice individuazione, dovendosi applicare le regole interpretative della nomenclatura che, per prodotti misti o semilavorati, sono spesso molto complesse e controverse.

Tuttavia, accanto a questo, deve essere normato il tema del cosiddetto monouso, per capire quando un prodotto è considerato tale; si pensi, ad esempio, al tema dei vuoti a rendere o dei flaconi per liquidi sfusi. In tutti questi casi, è necessario un intervento di chiarezza da parte del fisco, per capire se il carattere di monouso di un prodotto sia collegato alle sue caratteristiche intrinseche, ovvero al suo utilizzo fatto dai consumatori anche in maniera indipendente dalla volontà dei produttori.

L’altro rilevante tema attiene poi all’individuazione del soggetto passivo del tributo, che è il produttore dei Macsi ma che, anche in considerazione del fatto che l’esigibilità dell’imposta avviene con l’immissione in consumo dei prodotti (la vendita), spesso non è il proprietario, né il cedente delle merci, agendo come mero manufacturer.

È il caso comune delle multinazionali che sono proprietarie di tutte le merci ovunque lavorate, ivi comprese le relative confezioni. Questi soggetti di norma incaricano un toller , prestatore di un servizio, di realizzare merci per loro conto. In questi casi, dunque, un soggetto potrebbe vendere le merci con il tributo assolto da un terzo, che addebita un servizio maggiorato dell’imposta con un credito civilistico, realizzandosi una seria asimmetria nella catena commerciale.

Il punto è importante anche per la questione della rivalsa e della tracciabilità dei prodotti. Infatti, la norma consente agli esportatori o ai cedenti prodotti intra Ue di chiedere a rimborso l’imposta a essi girata dai fornitori, avendo la prova dell’avvenuto pagamento dell’imposta; ma può accadere che tale prova, in una catena diluita, non sia semplice da ottenere, con evidente nocumento per gli operatori nazionali.

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