Diritto

Costituzione di parte civile nel «giudizio 231»: un vuoto di tutela che dev’essere colmato

Il vuoto si crea quando la persona offesa non può costituirsi nel processo contro l’autore fisico del reato

di Eugenio Fusco

A soli cinque giorni di distanza l’una dall’altra sono state emesse due ordinanze: la prima del giudice del dibattimento presso il Tribunale di Lecce (29/1/2021), la seconda del Gup di Milano (3/2/2021), che sono pervenute a soluzioni opposte sull’ammissibilità della costituzione di parte civile nel processo per l’accertamento della responsabilità amministrativa da reato dell’ente. Il Gup di Milano, nel negarla, si è riportato alla conforme giurisprudenza di legittimità, cristallizzata nella sentenza della Cassazione, secondo cui «la sistematica rimozione nel Dlgs 231/2001, di ogni richiamo o riferimento alla parte civile (e alla persona offesa) porta a ritenere che non si sia trattato di una lacuna normativa, quanto piuttosto di una scelta consapevole del legislatore» (Cassazione 2551/2011). Il giudice leccese, nel discostarsi da tale orientamento, ha argomentato affermando che la responsabilità da reato della persona giuridica è “ibrida”, a cavallo tra la responsabilità amministrativa e quella penale, e ha sostenuto che, a dimostrazione dell’ammissibilità della costituzione di parte civile all’interno del “procedimento 231”, militerebbero: i)argomento letterale: nel Dlgs 231/2001, quando il legislatore ha voluto derogare alle disposizioni del codice di procedura penale, lo ha fatto espressamente; ii) argomento storico-interpretativo: la relazione illustrativa al Dlgs 231/2001 non riporta alcuna indicazione circa l’inammissibilità della costituzione di parte civile; iii)argomento sistematico: il reato commesso da un membro dell’organico dell’ente nell’interesse o a vantaggio di quest’ultimo è qualificabile come proprio della persona giuridica in virtù del rapporto di immedesimazione, sicché non si può escludere che l’illecito ascrivibile all’ente sia suscettibile di dar vita a un danno risarcibile per fatto suo proprio. Infine, il giudice richiama la sentenza della Corte di giustizia C-79/11 del 12 luglio 2012, secondo cui non c’è alcun ostacolo normativo a che «la vittima di un reato non possa chiedere il risarcimento dei danni direttamente causati da tale reato, nell’ambito del processo penale, alla persona giuridica autrice di un illecito amministrativo da reato». Resta fermo, tuttavia, che la vittima del reato può pretendere il risarcimento del danno, citando il responsabile civile nell’ambito del processo penale a carico della persona fisica.

Sull’opportunità di ammettere la costituzione di parte civile nel processo penale celebrato a carico dell’ente – in giurisprudenza e in dottrina – si è sostenuto che l’istituto non sarebbe giustificato dalla necessità di colmare alcun vuoto di tutela, perché il danneggiato potrebbe far valere le proprie ragioni chiamando in causa l’ente quale responsabile civile ex articolo 83 Cpp. Una simile argomentazione non sembra però tenere in conto tutti gli scenari configurabili. La persona offesa, infatti, non sempre può conseguire il risarcimento nel processo penale contro la persona fisica autrice del reato: potrebbe verificarsi una delle ipotesi previste dall’articolo 8 del Dlgs 231, per cui l’autore del reato non è stato identificato o non è imputabile, o il reato è estinto per una causa diversa dall’amnistia; sono poi da aggiungersi i casi in cui il reo sia uscito dal processo prima della pronuncia definitiva, ad esempio perché è deceduto o ha patteggiato. In tutti questi casi il processo - ex articolo 38 del Dlgs 231 - proseguirebbe solo nei confronti dell’ente. Ma qui la persona offesa dal reato, non potendo costituirsi parte civile nel “giudizio 231”, rimarrebbe sfornita, almeno in sede penale, di adeguata tutela. Tale ipotesi potrebbe, in effetti, configurare una violazione del principio contenuto nell’articolo 9, par. 1 della decisione quadro 2001/220/Gai, che sancisce il diritto della vittima del reato a ottenere «entro un ragionevole lasso di tempo una decisione relativa al risarcimento da parte dell’autore del reato nell’ambito del procedimento penale».

È stata recentemente costituita la Commissione per la revisione del processo penale. È auspicabile che questa sia l’occasione anche per una messa a punto del “sistema 231”; tra i vari aspetti su cui intervenire, andrebbe preso in esame proprio il tema delle modalità attraverso le quali la persona offesa può vedere soddisfatta, davanti al giudice penale, la propria pretesa risarcitoria nel caso in cui sia configurabile la responsabilità della persona giuridica ma non quella della persona fisica.

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