Controlli e liti

L’insussistenza penale del fatto può bloccare la sanzione

Secondo la Cassazione, la penalità tributaria non è esclusa solo in caso di condanna

La condanna in sede penale e, talvolta, l’assoluzione con la formula «perché il fatto non sussiste» impediscono la riscossione della sanzione. Così – per la prima volta su questo tema – si è espressa la Corte di cassazione con la sentenza 21694 depositata lo scorso 8 ottobre. La pronuncia riguarda la vicenda giudiziaria connessa a una presunta residenza estera fittizia, che si era conclusa con l’assoluzione in sede penale dell’imputato per l’insussistenza del fatto. In sede tributaria, invece, la pretesa era stata confermata; e contro questa il contribuente aveva proposto un ricorso per Cassazione, nel quale lamentava la violazione del principio del ne bis in idem invocando l’inesigibilità delle sanzioni irrogate.

Il doppio binario
Il rapporto tra processo tributario e procedimento penale è caratterizzato dalla reciproca e indipendente coesistenza, anche se ad essere sanzionata è la medesima condotta. Il motivo risiede nell’articolo 654 del Codice di procedura penale, che esclude l’efficacia del giudicato penale nel processo tributario, stante il diverso regime probatorio. La separazione viene ribadita dall’articolo 20 del Dlgs 74/2000, secondo cui sia il procedimento amministrativo che quello tributario non possono essere sospesi per la presenza di un procedimento penale per gli stessi fatti.
Non è pertanto infrequente che la medesima controversia si risolva nell’assoluzione in sede penale e nella soccombenza in ambito tributario.
Se l’orientamento giurisprudenziale prevalente va nel senso della separazione tra i due procedimenti – concetto ribadito nelle recenti pronunce della Suprema corte n. 21126/2020 e 24589/2020 –, è da rilevare perlomeno un obbligo di apprezzamento della sentenza di assoluzione penale da parte del giudice tributario (sentenza 19781/2020). Da ultimo – ma è una pronuncia isolata – si segnala la sentenza 20579/2020 nella quale i giudici di legittimità, nell’ambito della disciplina dei costi da reato, hanno stabilito che l’accertata insussistenza della fattispecie di utilizzo di fatture per operazioni inesistenti comporta de facto la deducibilità del costo, incidendo necessariamente sul giudizio tributario.

Ne bis in idem e sanzioni
Il principio del ne bis in idem, contenuto nell’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, stabilisce che nessuno può essere perseguito o condannato due volte per lo stesso reato. La complessa evoluzione giurisprudenziale che ne è seguita ha poi ammesso la coesistenza di due regimi sanzionatori, ma con il limite rappresentato dal carico afflittivo, che deve rispondere a criteri di proporzionalità, e alla necessaria simultaneità dei procedimenti.
Una parziale tutela – osserva la Corte nella sentenza 21694/2020 – si rinviene nella disciplina di cui all’articolo 21 del Dlgs 74/2000, secondo la quale l’ufficio irroga comunque la sanzione amministrativa, ma questa (in base al comma 2) può essere riscossa solo nel caso in cui il procedimento penale si concluda con un provvedimento di archiviazione, con una sentenza irrevocabile di assoluzione o di proscioglimento o, infine, con una formula assolutoria che escluda la rilevanza penale del fatto.
In questi casi, i termini per la riscossione decorrono dalla data in cui il provvedimento di archiviazione o la sentenza sono comunicati dalla cancelleria del giudice all’ufficio competente. In sostanza, il contribuente che avesse fatto acquiescenza all’accertamento o fosse risultato soccombente in via definitiva nel giudizio tributario potrebbe beneficiare dello “sconto” della sanzione, qualora venisse condannato in via definitiva in sede penale.

Il passo avanti della Corte
I giudici di Cassazione osservano – ed è forse uno dei passaggi più interessanti della sentenza – che la locuzione impiegata dal legislatore nell’articolo 21 sembrerebbe deporre nel senso che la possibilità di dare corso all’esecuzione della sanzione sia definitivamente esclusa non solo in caso di condanna, ma anche di assoluzione o proscioglimento perché il fatto non sussiste. Al tempo stesso, prosegue la Corte, occorre però valutare caso per caso la natura costitutiva della violazione onde evitare che si verifichino casi di sostanziale impunità quando, nonostante l’assoluzione, la violazione amministrativa rimane. È il caso, ad esempio, del reato di omesso versamento Iva. Qualora in sede penale venisse accertato che l’evasione è avvenuta, ma al di sotto della soglia di punibilità, si avrebbe, per consolidato orientamento, l’assoluzione «perché il fatto non sussiste»; ma in tale circostanza, permanendo l’evasione, la sanzione è ugualmente dovuta.
In conclusione, se un soggetto sottoposto a procedimento penale viene raggiunto da un’azione di recupero della sanzione amministrativa per la stessa fattispecie, sarà quantomeno opportuno valutare di adire al contenzioso.

IN SINTESI

1. Ne bis in idem
Principio di matrice europea in base al quale nessuno può essere perseguito o condannato due volte per lo stesso reato.
Il principio è ammesso in ambito tributario ma solo a condizione che i procedimenti siano simultanei e che la sanzione complessiva sia ispirata a criteri di proporzionalità

2. Rapporto distinto tra processo penale e tributario
A causa del differente regime probatorio tra processo penale e processo tributario (mancanza della prova testimoniale, valenza delle presunzioni, eccetera), la sentenza penale di assoluzione non vincola il giudice tributario

3. Le recenti aperture della Cassazione
Il giudice tributario è tenuto ad apprezzare il contenuto della sentenza penale di assoluzione.
Sulla questione dei costi da reato, in caso di assoluzione dall’accusa di utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, discende che i relativi costi debbono considerarsi deducibili. Pertanto la pronuncia penale influenza il giudizio tributario

4. Esigibilità della sanzione e processo penale
L’articolo 21, comma 2, del Dlgs 74/2000 prevede che la sanzione amministrativa irrogata può essere riscossa solo in caso di assoluzione penale, tranne che con la formula «perché il fatto non sussiste», in cui è necessario verificare se permane comunque l’evasione (ad esempio, l’omesso versamento Iva, ma sottosoglia)

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