Diritto

Il concordato totalmente in bianco «cancella» l’autonomia gestionale

Senza un'indicazione anche minima degli obiettivi ogni atto richiede il sì del giudice

di Michele D’Apolito

L’impresa ammessa al concordato in bianco, anche se non è spossessata della gestione dei propri beni, ha un’autonomia gestionale estremamente limitata se non fornisce un’adeguata trasparenza sui contenuti minimi della proposta che intende presentare ai creditori.
Queste le conclusioni della sentenza del 2 febbraio scorso, con cui il Tribunale di Roma ha negato l’efficacia di alcuni pagamenti a fornitori effettuati da una società in concordato – successivamente fallita - nel periodo intercorrente tra l’ammissione alla procedura in bianco (articolo 161, sesto comma della legge fallimentare) e la decisione sull’ammissibilità. La concessione di un termine è funzionale a dare al debitore il tempo necessario per la predisposizione del piano, ma ciò non lo dispensa dal fornire indicazioni di base sulla strada che intende perseguire (ad esempio, piano in continuità diretta o indiretta o, invece, liquidatorio).
La questione investe un problema nella prassi molto diffuso e più generale: l’identificazione degli atti che richiedono l’autorizzazione del tribunale lungo tutta la durata del concordato dal ricorso in bianco fino all’omologa. In base all’articolo 167 è necessaria, in via generale, per gli atti di straordinaria amministrazione, ma la difficoltà sta proprio nell’individuazione del discrimine normativo tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione, rispetto al quale si confrontano orientamenti giurisprudenziali diversi.

L’assenza del piano
Innanzitutto i giudici romani, richiamando il principio sancito di recente dalla Cassazione (sentenza 14713/2019) secondo il quale, per poter valutare la natura di un atto gestorio, è necessario conoscere le coordinate minime della proposta che si intende presentare, ribadiscono che, in assenza del piano, ogni atto è considerato di straordinaria amministrazione, poiché potenzialmente idoneo ad incidere negativamente sul patrimonio aziendale e a incrementare i debiti prededucibili, in danno dei creditori. La qualificazione è quindi legata alla presenza di un preliminare abbozzo di piano, utile a contestualizzare il singolo impegno nella cornice generale di risanamento
Secondo i magistrati capitolini non va inoltre applicato l’articolo 44 della legge fallimentare, che sancisce l’inefficacia dei pagamenti compiuti dopo il fallimento basandosi sul concetto di spossessamento dell’imprenditore fallito. Questo perché, in ambito concordatario, il debitore non è spossessato della gestione d’impresa, ma deve solo attenersi all’autorizzazione del tribunale in caso di atti eccedenti l’ordinaria amministrazione; un placet che, a parere dei magistrati romani, è necessario nel caso in esame relativo a pagamenti a fornitori, in assenza delle minime informazioni sulla strada che l’impresa ha in animo di intraprendere.
La ragione di tale impostazione è legata alla delicatezza del periodo interinale (dall’ammissione al concordato con riserva fino al deposito del piano e della proposta): un periodo nel quale ogni atto gestorio deve essere coerente con la strategia di risanamento che si intende perseguire, da esplicitarsi con una minima disclosure preventiva.

L’identificazione dell’atto
Per tutta la durata del concordato (dal ricorso con riserva fino all’omologa), in base all’articolo 161, settimo comma, l’autorizzazione del Tribunale è necessaria per gli atti urgenti di straordinaria amministrazione, mentre resta una generica possibilità di compiere tutti gli atti di gestione ordinaria. L’articolo 167, secondo comma elenca invece gli atti straordinari che necessitano del placet giudiziario, includendo un richiamo generico ad altri e rendendo per esclusione eseguibili liberamente tutti i residui atti gestori.
La regolamentazione parrebbe chiara, se non fosse che esistono svariati casi pratici che confondono questo quadro apparentemente ordinato.
La valutazione di ogni atto, anche differente da quelli esplicitamente richiamati dall’articolo 167, secondo comma, dovrà partire dalla valutazione circa l’idoneità di tale azione ad incidere negativamente sul patrimonio del debitore o compromettere la capacità di soddisfare i creditori.
Tuttavia, sul punto vi sono a monte due differenti scuole di pensiero, riconducibili ad altrettante correnti giurisprudenziali: la prima individua l’ordinario negli atti che mirano alla conservazione od al miglioramento del patrimonio, mentre lo straordinario è per converso quanto incide sulla situazione patrimoniale del debitore (Cassazione, sentenze 14713/2019 e 20291/2005).
La seconda riconduce la natura di un atto nell’alveo della sua ricorrenza rispetto alla gestione dell’impresa ed al suo oggetto sociale: considerando che quest'ultima è per definizione un'entità in divenire, caratterizzata dal compimento quotidiano di atti gestori, se gli stessi sono coerenti con le dimensioni del patrimonio e sono migliorative o conservative, pur caratterizzate da importi di spesa elevati, non sono da considerarsi straordinari e quindi sono esercitabili liberamente dall’imprenditore.
Al contrario, gli interventi che modifichino la struttura economico-organizzativa sono da considerarsi straordinari (Cassazione, sentenze 25952/2011, 10229/1997 e 4856/1995). In questa seconda lettura, non è l’entità in sé dell’impegno assunto a fare la differenza, ma la sua riconducibilità o meno alla gestione caratteristica dell'impresa.

Le indicazioni dei giudici

Covid - Richiesta cassa integrazione
Nella procedura di concordato con riserva la richiesta del debitore di autorizzare la cassa integrazione in deroga «per emergenza Covid-19», rientra fra lee ordinarie azioni imprenditoriali, e non determina un pregiudizio o un danno per i creditori: non è quindi soggetta ad autorizzazione del Tribunale, ed i suoi potenziali effetti andranno valutati sulla proposta definitiva.
Tribunale Milano, 27 Marzo 2020

Acquisti - Comprare un marchio
L'acquisto di un marchio inerente al settore di riferimento del debitore in concordato, per il corrispettivo di 620mila euro è atto di straordinaria amministrazione soggetto ad autorizzazione giudiziale, comportando per i creditori una modifica dei flussi, da valutare attraverso l'analisi di un piano di cassa ed un conto economico previsionale.
Tribunale di Fermo 14 settembre 2019

Pagamenti - Utenze
Il pagamento di utenze telefoniche ed energetiche, compiuto subito dopo la presentazione del ricorso prenotativo del concordato, è atto necessario ed ineludibile di ordinaria amministrazione, pur trattandosi di debiti anteriori, ma chiaramente funzionali alla prosecuzione dell'attività. L'urgenza consente di superare l'attestazione professionale richiesta dall'articolo 182 quinquies della legge fallimentare.
Tribunale di Rimini 18 novembre 2019

Struttura dell’impresa - Chiusura sede
La chiusura di una sede secondaria dell’impresa in concordato è atto per cui serve l’autorizzazione del Tribunale poiché è modifica la struttura economico-organizzativa dell’impresa, mentre ogni altro atto va considerato in funzione alla connessione con l’attività ordinaria dell’impresa.
Tribunale di Napoli, 29 novembre 2016

Azioni giudiziali/1 - Incarichi professionali
Non è necessario richiedere l’autorizzazione del tribunale per conferire l’incarico professionale per l’opposizione a decreto ingiuntivo da parte della società in concordato: è un atto di ordinaria amministrazione che non richiede l'autorizzazione del tribunale, a prescindere dal valore della causa.
Tribunale Rimini, 16 Giugno 2017

Azioni giudiziali/2 - Ex amministratori
La decisione di non intraprendere azioni giudiziarie nei confronti degli ex amministratori è atto di straordinaria amministrazione che richiede l'autorizzazione del giudice delegato. Ciò in quanto può precludere una sopravvenienza attiva ed incidere negativamente sul possibile soddisfacimento dei creditori.
Tribunale Vicenza, 13 Luglio 2015

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