Controlli e liti

In arrivo le liste di chi ha chiuso i conti in Svizzera dopo il 23 febbraio 2015

di Andrea Giannantonio e Marco Piazza

È in vigore la legge n. 69 del 2016 di ratifica del protocollo di modifica della convenzione contro le doppie imposizioni fra Italia e Svizzera del 23 febbraio 2015 (si veda Il Sole 24 Ore di ieri). Il protocollo sostituisce l’articolo 27 della convenzione, introducendo lo scambio d’informazioni “rafforzato” conforme ai nuovi standard Ocse – capace di superare il “segreto bancario”. La modifica, tuttavia, entrerà in vigore solo dopo che – conclusosi l’iter di recepimento nella legge svizzera – sarà avvenuto lo scambio degli strumenti di ratifica.

A partire da quella data le autorità fiscali italiani potranno chiedere informazioni (anche di natura finanziaria) a quelle elvetiche riguardo a singoli contribuenti o gruppi di contribuenti.

La richiesta di informazione potrà riguardare fatti o circostanze esistenti o realizzate il 23 febbraio 2015 (giorno della firma del Protocollo di modifica), o dopo questa data.

In una road map definita fra le autorità competenti (consultabile sul sito del Governo) viene data una interpretazione del nuovo articolo 27 della convenzione che consentirà all’Italia di individuare i soggetti che non abbiano aderito alla collaborazione volontaria. In particolare sarà dato seguito, da parte svizzera, alle “richieste di gruppo” atte ad isolare i soggetti che abbiano deciso di chiudere le loro relazioni con le banche svizzere dopo il 23 febbraio 2015 o che, pur non avendole chiuse le abbiano sostanzialmente “svuotate”.

In questo modo il fisco italiano potrà attivare la presunzione che l’intero ammontare esistente il 23 maggio 2015 sia frutto di evasione effettuata nel 2015 (articolo 12 del Dl 78/ 2009) obbligando così, nella maggior parte dei casi, i contribuenti interessati, ad esibire la documentazione pregressa per provare che i fondi erano in tutto o in parte già detenuti all’estero in periodi non più accertabili oppure che erano formati con redditi dichiarati o non imponibili.

La ricostruzione dovrà essere effettuata risalendo fino al primo periodo d’imposta d’imposta non più accertabile, tenendo conto del raddoppio dei termini d’accertamento previsti per le attività detenute in Paesi che all’epoca erano in “black list” Il che, però, comporterà l’applicazione delle sanzioni per omessa compilazione del quadro RW per tutti i periodi d’imposta contestabili. In questa fase si dovrà tener conto, almeno inizialmente, del formarsi di giurisprudenza di merito (per esempio, Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 1818/19/2016) secondo cui il raddoppio dei termini non potrebbe retroagire oltre il periodo d’imposta 2008.

Ma la conseguenza più importante della futura entrata in vigore del protocollo modificativo è che la Svizzera diverrà un paese “white list” il che consentirà ai soggetti ivi residenti di fruire di notevoli benefici riguardo alla tassazione dei redditi di natura finanziaria di fonte italiana, come l’esenzione dall’imposta sostitutiva sugli interessi e altri proventi sulle obbligazioni e titoli similari dei “grandi emittenti” (articolo 6, Dlgs 239/96), e le ulteriori esenzioni previste dall’articolo 7, comma 3 del Dl 351/2001 per i proventi dei fondi immobiliari italiani e dell’articolo 26 quinquies del Dpr 600 per i proventi degli altri Oicr italiani, nonché le ulteriori esenzioni contenute negli articoli 26 bis del Dpr 600/73 e 5, comma 5 del Dlgs 461/97. Anche i residenti con attività in Svizzera trarranno beneficio dalla nuova convenzione, specie con riguardo alla presunzione di residenza di alcune tipologie di società e trust esteri (articolo 73 del testo unico) a cui si aggiungono facilitazioni, per le società non quotate, nel collocare proprie obbligazioni in mercati regolamentati svizzeri (articolo 26 , comma 1 del Dpr 600/73).

Perché però le varie tipologie di esenzioni sui redditi di natura finanziaria siano concretamente applicabili, sarà però necessario che sia aggiornata la white list di cui al Dm 4 settembre 1996. L’aggiornamento, in base all’articolo 11, comma 4, lettera c) del Dlgs 239/96, dovrebbe essere effettuato ogni sei mesi, ma la norma è in vigore dal 7 ottobre 2015, senza risultato.

È da escludere che gli intermediari finanziari applicheranno, sotto la loro responsabilità, i benefici fiscali previsti dalle relative leggi ai flussi di reddito erogati a soggetti residenti o stabiliti in Stati che, sebbene oggi garantiscano un effettivo scambio d’informazioni, non siano stati ancora riconosciuti come tali dal decreto sulle white list pur nella considerazione che ad oggi tale decreto dovrebbe prendere solo atto dell'adeguatezza dello scambio d'informazione esistente e della sua conformità ai modelli Ocse (o TIEAs). Ma in mancanza di espliciti diversi orientamenti dell’Agenzia, ancora oggi i residenti in diversi Stati che già garantiscono lo scambio d’informazione, ma non sono stati ancora inclusi nella white list, non riescono ad attivare, a causa dell’inerzia dell’Amministrazione, i propri diritti.

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