Controlli e liti

Impugnazione estratti di ruolo, partita sulle cause pregiudizievoli

Va chiarito se i pregiudizi sono quelli di legge o se ne possono addurre altri. Le Sezioni unite hanno introdotto il requisito per i giudizi pendenti

di Laura Ambrosi e Antonio Iorio

È necessaria l’individuazione del pregiudizio derivante dall’estratto di ruolo per non incorrere nell’inammissibilità dei ricorsi pendenti in materia al 21 dicembre 2021 (entrata in vigore della modifica normativa).

Resta da chiarire, però, se dette cause pregiudizievoli da dimostrare, siano quelle tassativamente previste dalla norma (articolo 3-bis del decreto legge 146/2021) o invece ne possano essere addotte, per il passato, anche altre per le quali, in concreto, l’interessato ha comunque necessità di un annullamento della pretesa da parte dei giudici tributari.

È questa una delle questioni che si pongono all’indomani della sentenza delle Sezioni unite civili della Cassazione n. 26283/2022 depositata il 6 settembre.

La norma sulla non impugnabilità dell’estratto di ruolo è stata inserita in sede di conversione del decreto legge 146/2021 con il dichiarato fine di ridurre i numerosi procedimenti promossi, soprattutto in alcune regioni italiane, dai contribuenti che immotivatamente avrebbero impugnato detto atto. La modifica, in realtà, era stata anticipata dall’agenzia delle Entrate durante i lavori per la riforma della giustizia tributaria e aveva ottenuto l’approvazione della Commissione.

In sostanza, era stato rilevato che nonostante l’assenza in concreto di pregiudizi, molti contribuenti, prendendo atto del contenuto dell’estratto di ruolo da cui risultavano pendenze con l’agente della riscossione (ritenute infondate), adivano la competente commissione tributaria, nonostante, come detto, tali risultanze non comportassero in molti casi, alcuna lesione immediata. Da qui, la necessità manifestata dall’amministrazione di una modifica normativa.

Era evidentemente così atteso questo intervento normativo che, sin dai primi giudizi, l’agente della riscossione ha chiesto l’applicazione retroattiva della nuova previsione con conseguente inammissibilità delle impugnazioni pendenti. La stessa amministrazione, nel corso di Telefisco 2022, rispondendo ad uno specifico quesito aveva ritenuto la «non impugnabilità» applicabile anche ai procedimenti antecedenti al 21 dicembre 2021.

Così la sezione tributaria della Suprema Corte (ordinanza 4256/2022) ha tempestivamente interessato l’alto consesso chiedendo un’interpretazione univoca anche sulla decorrenza della nuova norma.

Secondo le Sezioni unite civili, il legislatore ormai ha qualificato l’estratto di ruolo quale mero elaborato informatico contenente gli elementi della cartella, escludendone l’impugnabilità ad eccezione di precise individuate ipotesi. La disposizione non è di interpretazione autentica e quindi non può essere retroattivamente applicata.

Tuttavia, per i procedimenti avviati in precedenza i contribuenti, anche mediante la rimessione in termini, dovranno dimostrare la sussistenza delle ragioni del pregiudizio al momento dell’impugnazione.

Resta ora da comprendere se, per il passato, sia sufficiente un qualsiasi concreto pregiudizio o debba trattarsi invece, di uno di quelli tassativamente previsti (pregiudizio per partecipazione a procedura di appalto, blocco pagamenti della pubblica amministrazione; perdita beneficio nei rapporti con una Pa).

Si pensi al caso di una grande azienda (non della pubblica amministrazione) che abbia escluso dai propri fornitori un soggetto risultato moroso con l’erario (che però non ne era a conoscenza non avendo mai ricevuto la cartella). Si tratta di una circostanza che attualmente non legittimerebbe l’impugnazione ma che comunque arreca un pregiudizio concreto. La sentenza pur non fornendo precisazioni al riguardo sembrerebbe concludere che le cause pregiudizievoli siano solo quelle previste dalla norma.

Se questa conclusione, che appare la più plausibile, dovesse essere confermata, si potrebbero porre problemi di costituzionalità (ovviamente estensibili anche ai nuovi ricorsi) per un’illegittima differente tutela del pregiudizio derivante dai rapporti con la Pa (impugnazione ammissibile), rispetto a quelli con un privato (impugnazione non ammissibile).

Altro profilo operativo molto delicato, in questo contesto, attiene la mancata o tardiva fissazione da parte di alcune commissioni, dell’udienza cautelare per decidere sulla sospensione della cartella (pregiudizievole) che si ritiene non notificata e di cui si viene a conoscenza successivamente (preavviso ipoteca, atto intimazione ecc.). Vi è da sperare che tutte le future corti di giustizia tributaria rispettino le previsioni in vigore dal prossimo 16 settembre, che impongono la fissazione di tale udienza entro 30 giorni dalla richiesta, in modo da ridurre al minimo gli effetti dannosi di eventuali atti illegittimi.

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