Controlli e liti

Liti fiscali, ipotesi sanatoria per le cause più vecchie

La definizione, a titolo personale, lanciata dal sottosegretario Sisto

di Alessandro Galimberti

La priorità per la riforma tributaria? Il diritto oggi negato ai cittadini di avere una giustizia rapida ed efficiente. Tutti gli altri temi in discussione sono subordinati e, semmai, funzionali all’obiettivo di far rinascere, più che ripartire, il processo tributario. Posizione più chiara il sottosegretario alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto, non poteva esprimere al webinar organizzato ieri pomeriggio dall’Istituto per il governo societario, presieduto da Paolo Moretti. Al convegno erano rappresentati i quattro consigli di ordini nazionali (notai, commercialisti, consulenti del lavoro e avvocati), che partecipano all’Istituto.

«Occorre riformare la giustizia tributaria non solo e non tanto perché ce lo chiede l’Europa, ma perché ce lo chiedono i cittadini», ha detto Sisto. Che ha specificato (pur sottolineando «a titolo personale») di vedere di buon occhio, se non proprio necessaria, una drastica riduzione dell’arretrato, per esempio con l’abbandono delle cause più vecchie, soprattutto in Cassazione.

Sollecitato sul punto, il sottosegretario ha assicurato che la riforma di questo peculiare ambito della giustizia non è sparita dai radar del Governo ma si farà non appena scavallato il tema, oggi ancor più assorbente se possibile, della riforma dell’ordinamento giudiziario.

L’abbattimento dell’arretrato resta il punto di partenza non aggirabile, ha ribadito il sottosegretario, il resto si può e si deve discutere, a cominciare dal tema che da mesi più riscalda gli addetti ai lavori: la natura del giudice tributario. Come noto, la commissione Della Cananea ha prospettato due ipotesi antitetiche - lasciare tutto così o affiancare a un iudice tributario ordinario un giudice onorario - lasciando la decisione alla politica.

Giovanni La Rocca, futuro consigliere di Cassazione e vice presidente dell’Associazione magistrati tributari, ha spiegato che mettere la toga (in senso concorsuale) a tutti i (nuovi) giudici tributari avrebbe vantaggi solo apparenti per una serie di motivi tecnici e pratici: lentezza nell’indire i concorsi, lungaggini nell’assegnazione dei posti e soprattutto di quelli apicali (all’ultimo giro il Csm ha impiegato 4 anni, ndr): fatto questo bisognerebbe poi formarli, tempo per anfdare a regime «8 o 10 anni». Daniela Gobbi, presidente dell’associazione dei magistrati tributari, si è detta disponibile a valutare il passaggio a tempo pieno degli attuali giudici. Anche i magistrati tributari ordinari non sono un problema ma «quello che non vogliamo è essere semplicemente accompagnati alla porta con una stretta di mano». Peraltro sulla formazione dei componenti delle Commissioni tributarie «Amt chiede da tempo l’istituzione di una scuola superiore», inoltre l’introduzione della mediazione, sempre secondo Gobbi, fungerebbe da incubatore per formare i nuovi giudicanti.

Il rafforzamento della specializzazione è tema caro anche a Maurizio Leo (Scuola nazionale Pa presso la Presidenza del Consiglio), «visto che ormai il reddito di impresa, per esempio, è di fatto fuori dal Tuir e richiede una forte competenza internazionale tra principi contabili e fiscalità cross border». Specializzazione necessaria anche per Arturo Pardi del Consiglio nazionale forense.

Gilberto Gelosa, ex componente del Consiglio nazionale dei commercialisti, ha sottolinenato, tra le misure deflattive del contenzioso, la necessità di una mediazione condotta da un organismo indipendente. A proposito di diritto sostanziale, Massimo Braghin (consulenti del lavoro) è tornato a chiedere un nuovo calendario fiscale «togliendo incrostazioni che non servono più a nulla, anche in termini di gettito, tra le duemila scadenze fiscali per anno».

Tra gli avvocati, Maurizio Villani ha sostenuto il principio - “connaturato” per i legali - di una «magistratura tributaria autonoma» mentre Alessandro D’Addario ha ribadito la necessità dell’accesso paritario agli archivi delle decisioni di merito e, soprattutto, l’implementazione di strumenti deflattivi del contenzioso.

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