Diritto

Devoluzione patrimonio a casistica differenziata

Va distinto lo scioglimento dell’ente dalla sua cancellazione dal Registro

di Ilaria Ioannone e Gabriele Sepio

Enti del terzo settore (Ets) e nuove regole per la devoluzione del patrimonio in caso di perdita della qualifica. La previsione dell’obbligo devolutivo rappresenta uno dei vincoli fondamentali, accanto al divieto di distribuzione di utili, che l’Ets è tenuto ad inserire nel proprio Statuto a garanzia dell’assenza dello scopo di lucro. Due le ipotesi disciplinate dal Codice del Terzo settore in tema di devoluzione: l’una legata all’ipotesi di scioglimento (articolo 9) e l’altra alla cancellazione dell’ente dal Registro unico nazionale del Terzo settore (articolo 50).

Nel primo caso, il Codice del Terzo settore (Cts) , rinviando alle ipotesi di scioglimento previste dal Codice civile (articolo 21) quali, ad esempio, il raggiungimento dello scopo statutario o l’impossibilità dello stesso, richiede la devoluzione del patrimonio residuo ad altro ente del Terzo settore o, in assenza di apposita previsione statuaria, a Fondazione Italia sociale. In tal caso, quindi, l’ente – previo parere preventivo da parte del Registro unico nazionale del Terzo settore – dovrà devolvere il patrimonio risultante dalla fase di liquidazione dell’ente ai sensi dell’articolo 31 Codice civile.

Diverse le conseguenze sul piano degli effetti devolutivi in caso di cancellazione dal Registro unico nazionale del Terzo settore. Una fattispecie che, come previsto dall’articolo 50 del Dlgs 117/2017 (Cts), potrà verificarsi non solo nel caso in cui l’ente presenti istanza motivata in tal senso, continuando ad operare al di fuori del Registro, ma anche nelle diverse ipotesi previste dall’articolo 25 del decreto ministeriale 106/2020 (accertamento d’ufficio della carenza o mancanza dei requisiti per rimanere iscritti al Registro, mancata ottemperanza degli obblighi di deposito degli atti, aggiornamenti, presenza di provvedimenti di liquidazione o dell’autorità competenti).

Nel caso di cancellazione dal registro, laddove l’ente intenda continuare ad operare ai sensi del Codice civile, questo sarà tenuto a devolvere il patrimonio limitatamente alla quota incrementale realizzata negli esercizi di permanenza nel Runts. Pertanto, un ente di nuova costituzione che decide di assumere la qualifica di Ets ai fini del calcolo del patrimonio incrementale dovrà tener conto di quanto accumulato sin dalla data di iscrizione nel Registro.

Discorso diverso, invece, per quanto riguarda gli enti già dotati della qualifica di organizzazione di volontariato, associazione di volontariato e Onlus che, in quanto destinatari di previgenti normative in tema di devoluzione del patrimonio (articolo 148 Tuir, articolo 10 Dlgs 460/1997), dovranno tener conto della quota incrementale del patrimonio accumulata non soltanto al momento dell’accesso al Registro unico nazionale ma anche nei periodi d’imposta in cui l’ente ha mantenuto l’iscrizione nei precedenti registri di settore.

Particolare attenzione, infine, dovrà essere prestata nel caso in cui l’ente abbia scelto di assumere la veste di impresa sociale.

Nel caso di perdita volontaria di tale qualifica, infatti, a differenza di quanto previsto per la generalità degli Ets, la devoluzione dovrà riguardare l’intero patrimonio residuo, salvo il caso di imprese costituite in forma societaria.

Per tali enti è previsto, in linea con l’orientamento del ministero del Lavoro (3979/2020) la possibilità di trattenere il capitale effettivamente versato dai soci, eventualmente rivalutato/aumentato, e i dividendi deliberati e non distribuiti (nei limiti di cui all’articolo 3, comma 3, lettera a). Discorso diverso, invece, nel caso in cui la perdita della qualifica si accompagni all’acquisto di una nuova veste nel Terzo settore. Pensiamo, ad esempio, al caso di un’impresa sociale che voglia assumere la qualifica di associazione di promozione sociale. In tale ipotesi, dovrà valere la regola della migrazione tra sezioni, secondo la quale il passaggio da una all’altra categoria all’interno del Terzo settore non comporta alcun effetto devolutivo.

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