Controlli e liti

Scambio di informazioni, più margini per il Fisco

di Roberto Bianchi, Giovanni Molo e Samuele Vorpe

La scadenza dei termini per la presentazione dell’istanza di voluntary disclosure bis, prorogata al 30 settembre 2017, chiuderà definitivamente una stagione (iniziata nel lontano 2001) di provvedimenti di emersione agevolata orientati prevalentemente nei confronti della Svizzera. Tre scudi fiscali, una voluntary disclosure, a cui non poteva mancare il seguito di una voluntary disclosure bis, come se la chiamata alla regolarizzazione di patrimoni, finanziari e non, detenuti all’estero, ogni volta annunciata come l'ultima, fosse in realtà destinata a ripetersi all’infinito sulla falsariga della favola di Esopo “lo scherzo del pastore”. Tuttavia, questa volta, tutto lascia presagire che ci imbatteremo veramente in un “due senza tre” e, pertanto, non verrà riproposta alcuna voluntary disclosure ter. L’apatia generalizzata nell’aderire alla voluntary disclosure bis indica infatti che la succosa (per l'Amministrazione Finanziaria) cassaforte segreta costituita da una moltitudine di conti italiani all’estero, e in particolare in Svizzera, è ormai depredata. Del resto, dal 31 dicembre 2016, grazie allo scambio automatico, l’agenzia delle Entrate ha i riflettori puntati sulle attività finanziarie degli italiani in Svizzera. E adesso? Che cosa si profila all’orizzonte per la piazza finanziaria ticinese, per la quale l’Italia è stata, sin dagli anni ‘50, una miniera d’oro inesauribile? Dalle colline di Locarno-Monti i meteorologi danno tempo variabile: qualche nuvola, ma anche spiragli di sole. Diversamente dai provvedimenti di scudo fiscale, basati su un meccanismo di dichiarazione anonima, la voluntary disclosure, fondata al contrario su una divulgazione completa di informazioni da parte del contribuente, ha consentito alle autorità italiane di acquisire una moltitudine di dati, non solo sui segreti dei clienti, ma anche su quelli di banchieri, fiduciari e avvocati d’affari.

Alcuni segmenti della Guardia di Finanza, dell’agenzia delle Entrate e alcune Procure della Repubblica hanno oggi una conoscenza precisa sui meccanismi di funzionamento della piazza finanziaria svizzera e sui suoi operatori. L’arsenale a disposizione della magistratura che decidesse di procedere contro gli irriducibili (contribuenti recalcitranti e consulenti finanziari depositari di improbabili bacchette magiche esotiche) è oggi estremamente diversificato e pervasivo, tanto sul piano della cooperazione internazionale (e in particolare nell’ambito dell’assistenza amministrativa) quanto su quello interno (dove le parole chiave sono riciclaggio e autoriciclaggio in relazione ai reati tributari). Se i proclami del ministero delle Finanze in merito a imminenti indagini e domande raggruppate non saranno stati solo messaggi propedeutici alla voluntary disclosure bis, qualche acquazzone potrebbe cadere sui laghi svizzeri, e soprattutto su chi li ha abbondonati per mete più esotiche. Vogliamo pensare, tuttavia anche alla possibilità di arcobaleni che talvolta si stagliano nel cielo quando compare il sole tra la pioggia.

Si potrebbero, infatti, aprire nuove potenzialità nei rapporti transfrontalieri rappacificati, almeno in ambito finanziario, tra Italia e Svizzera. Gli ostacoli regolamentari posti dalla Mifid 2, per quanto sgradevoli e difficilmente comprensibili in questa nuova era di cooperazione internazionale, non sono insormontabili per gli operatori finanziari nei confronti di una clientela che continua a guardare con interesse verso la Svizzera. E forse il connubio tra imprenditorialità italiana in ambito industriale e professionalità svizzera in materia finanziaria potrà incontrare rinnovate honeymoons.

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