Il CommentoControlli e liti

Nella riscossione va cancellata l’ingiustizia dell’aggio

Con la sentenza 120/2021 la Consulta ha assunto una posizione ancora più rilevante di un’incostituzionalità

di Enrico De Mita

Con la sentenza 120/2021 (redattore Luca Antonini) la Corte costituzionale è riuscita, pur dichiarando inammissibile la questione, ad assumere una posizione più rilevante ancora di una diretta declaratoria di incostituzionalità della norma sull’aggio esattoriale. I contenuti di tale pronuncia sottendono quella posizione del diritto tributario come pietra angolare dello Stato di diritto democratico, secondo la lezione di Ezio Vanoni.

I contenuti del giudice remittente (contrasto dell’aggio con gli articoli 3, 23, 53, 76 e 97 della Costituzione) sono, di fatto, promossi a fondamento di una indifferibile (che vuol dire immediata) riforma «al fine sia di superare il concreto rischio di una sproporzionata misura dell’aggio, sia di rendere efficiente il sistema della riscossione», nel rispetto dei principi di solidarietà, uguaglianza, efficienza e buon andamento.

Chiarisce la Corte che le esigenze prospettate sono meritevoli di considerazione, ma implicano una modifica rientrante nell’ambito delle scelte riservate alla discrezionalità del legislatore (219/2019). La grave situazione di inefficienza della riscossione coattiva incide negativamente su una fase essenziale della dinamica del prelievo delle entrate pubbliche: non solo si riflette di fatto sulla ragionevolezza e proporzionalità dell’aggio, ma determina una grave compromissione, in particolare, del dovere tributario, che è preordinato al finanziamento del sistema dei diritti costituzionali.

La sentenza 120/2021 potrebbe essere già la relazione illustrativa della riforma che la Corte sollecita come «indifferibile». I tempi richiedono massima efficienza. La questione di legittimità era stata sollevata dalla Commissione tributaria provinciale di Venezia e riguardava la remunerazione dell’agente della riscossione mediante l’aggio prevista dall’articolo 17, comma 1, del Dlgs 112/1999, nel testo applicabile nel 2014.

Senza mezzi termini, la Corte dichiara «enorme» il numero dei ruoli non riscossi, «imponenti» le cifre della «massa del non riscosso», ricordando che essa aveva già sollecitato il legislatore a una revisione dei criteri di riscossione in modo da garantire maggiore efficacia e tempestività (51/19).

Anche la Corte dei conti, la quale, nel suo rapporto sul coordinamento della finanza pubblica approvato il 24 maggio 2021 (pagina 140), testualmente richiamato dalla Corte costituzionale, ha evidenziato la necessità di «un’ampia e organica revisione dell’intero sistema della riscossione per individuare soluzioni idonee a potenziare l’efficienza della struttura amministrativa e tutelare adeguatamente l’interesse dello Stato». L’affidabilità dei bilanci pubblici dipende dalla ritenuta certezza della riscossione di residui attivi, ritenuti tali spesso per difetti di gestione e comunicazione.

L’inadeguatezza dei meccanismi legislativi della riscossione coattiva concorre a impedire «di fatto» alla Repubblica di rimuovere gli ostacoli di cui all’articolo 3, secondo comma, della Costituzione. L’ordinamento deve considerare che anche un obbligo tributario di ridotto ammontare, per esempio in materia di imposte locali, concretizza l’inderogabile dovere di solidarietà di cui all’articolo 2 della Costituzione e in quanto tale deve essere considerato dall’ordinamento.

Non è in gioco solo la perdita di rilevanti quote di gettito. Lo Stato, intervenendo o meno, può rimuovere o lasciare in essere quel «disorientamento e amarezza per coloro che tempestivamente adempiono e ulteriore spinta a sottrarsi al pagamento spontaneo per molti altri» (Corte dei conti, sezioni riunite in sede di controllo, dell’8 aprile 2021, n. 4, pagina 31).

I principali Paesi europei (Germania, Francia, Spagna, Gran Bretagna) hanno da tempo superato l’istituto dell’aggio e posto a carico della fiscalità generale le risorse necessarie al corretto funzionamento della riscossione, così eliminando le disparità di trattamento tra i contribuenti. Si trattava di una soluzione che vigeva anche nel nostro ordinamento con il ben noto articolo 3, comma 1, del Dpr 603/1973.

Le soluzioni spettano al legislatore, tra fiscalizzazione degli oneri della riscossione, alla stessa stregua dei costi per controllo e accertamento, e soluzioni anche miste che determinino criteri e limiti per un “aggio” proporzionato (480/93).

Bisogna vincere il paradosso che l’aggio attuale rappresenta, di addossare su una limitata platea di contribuenti, solventi, seppur tardivamente, il peso di una solidarietà né proporzionata né ragionevole, perché «determinata, in realtà, dall’ingente costo della sostanziale impotenza dello Stato a riscuotere i propri crediti».

Il vulnus dei valori costituzionali è pienamente riscontrato dalla Corte. Le soluzioni spettano alla discrezionalità del legislatore. I giudici non possono svolgere una supplenza impropria del legislatore. Né le imprese possono permettersi l’incertezza interpretativa mentre affrontano l’arena quotidiana dei mercati e delle sfide di efficienza e produttività.

Le ultime pronunce di Cassazione 17827/21 e 17743/21 del 22 giugno (si veda Il Sole 24 Ore del 29 giugno 2021, pagina 38) in materia di abuso, elusione, evasione ed erronea interpretazione dell’articolo 20 del registro, dimostrano ampiamente quanto detto.

Il legislatore dovrebbe darsi il termine (si deve parlare di qualche mese, attraverso un decreto legge per le misure urgenti) di eseguire il forte monito della Consulta e, nel contempo, eliminare alcune incertezze insostenibili soprattutto per i contribuenti che pagano o che, in questa fase di ripresa, creando ricerca, sviluppo e innovazione, richiedono certezze (ricordo il tema dei crediti d’imposta da qualificarsi come «non spettanti» quando disconosciuti per valutazioni tecniche).

Il diritto è il fondamentale nesso di collegamento, di inveramento, della conoscenza nella libertà. A maggior ragione sull’asse digitale-ambientale, paradigma nel quale si gioca il successo del Pnrr. L’esecutivo-legislatore ha l’opportunità di dimostrare che lo Stato, con l’aumento della qualità dell’azione pubblica, è in grado, tanto quanto le imprese, di salire sul ring delle nuove sfide e consentire alle imprese di competere ad armi pari con i propri contendenti internazionali.