Controlli e liti

Nella delega fiscale spuntano i condoni autonomi nei Comuni

Nella bozza di emendamento concordato fra governo ed enti territoriali la possibilità per i sindaci di introdurre rottamazioni locali, saldi e stralci e definizioni agevolate

di Marco Mobili e Gianni Trovati

Nella riforma fiscale entreranno anche i condoni dei sindaci. In pratica, con le nuove regole, ogni Comune potrà decidere in modo autonomo di imboccare la classica scorciatoia sulla via tortuosa degli incassi delle proprie entrate e «prevedere direttamente tipologie di definizione agevolata, anche sotto forma di adesione a quelle introdotte per le entrate erariali». Il principio è nobilitato dal richiamo esplicito alla «autonomia finanziaria di entrata e di spesa di cui all’articolo 119 della Costituzione»; l’obiettivo, destinato ad alimentare sicure polemiche, è quello di mettere una pezza a una riscossione locale che dopo anni di abbandono normativo zoppica vistosamente.

La novità è scritta nella bozza che governo ed enti territoriali stanno concordando per inserire nella delega fiscale, sotto forma di emendamento governativo, il capitolo sui tributi locali che finora è mancato proprio per l’assenza dell’accordo con Comuni, Città metropolitane, Province e Regioni. Ora però, dopo qualche settimana di confronto tecnico, il lavoro appare vicino al traguardo dell’intesa in Conferenza Unificata, e il suo risultato potrebbe salire sul treno complessivo delle modifiche da presentare in commissione Finanze alla Camera entro martedì prossimo, 23 maggio.

L’obiettivo principale del nuovo testo, ambizioso quanto strutturale, è quello di arrivare dopo due decenni di tentativi a una «piena attuazione del federalismo fiscale, attraverso il potenziamento dell’autonomia finanziaria, garantendo tributi propri, compartecipazioni a tributi erariali e meccanismi di perequazione». Il risultato finale dovrebbe essere quello di assicurare con entrate proprie «l’integrale finanziamento delle funzioni fondamentali» degli enti territoriali, superando il quadro attuale di «finanza derivata». Oggi infatti i sindaci si trovano spesso nella spiacevole condizione di gabellieri dello Stato, e di destinatari di trasferimenti centrali nati da scelte nazionali, per esempio l’abolizione di Imu e Tasi sull’abitazione principale che viene compensata ogni anno distribuendo fra i Comuni quasi 4 miliardi.

In quest’ottica di ritorno all’autonomia, che nella bozza si accompagna anche alla declinazione in chiave locale di obiettivi come la semplificazione e l’abolizione dei micro-tributi già presente nel progetto di riforma del fisco erariale, rientrano anche i condoni dei sindaci.

Sul piano pratico, il punto è molto semplice. Oggi la macchina della riscossione locale non funziona, lascia sul terreno miliardi di mancati incassi (si veda l’articolo a fianco) e tra i suoi tanti difetti non offre reali leve autonome agli amministratori locali. Di conseguenza definizioni agevolate, saldo e stralcio e altre forme di sconto sui tributi dovuti potrebbero essere uno strumento utile agli amministratori locali per rimpolpare un po’ la colonna delle entrate. A giudicare poi sull’opportunità e sull’efficacia di queste scelte sarebbero direttamente gli elettori.

Certo, il condono e i suoi derivati non sono esattamente lo strumento più adatto per spingere i contribuenti all’adempimento spontaneo e garantire al sistema fiscale il rispetto di un altro articolo della Costituzione, il 53, in base al quale «tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva». Ma la storia recente insegna che le alternative portate avanti in base all’attuale ordinamento non sono esattamente dei modelli di trasparenza ed efficacia.

Per capirlo basta riportare alla mente la storia recente delle ultime tregue fiscali introdotte dalla legge di bilancio, che hanno vissuto più di un travaglio per essere applicate anche agli enti locali. Prima si è pensato a un calendario di adesione ultraridotto per impedire di fatto alle amministrazioni locali di applicarle, poi si è innescata la catena delle proroghe con il consueto problema, risolto solo dall’ultimo emendamento introdotto al decreto bollette, dell’esclusione delle migliaia di Comuni che hanno affidato la riscossione delle proprie entrate ai concessionari privati. L’attribuzione di facoltà condonistiche ai sindaci, poi, permetterebbe di archiviare la periodica battaglia di cifre che si accende quando a livello nazionale si decidono gli stralci delle vecchie mini-cartelle. Nel nuovo quadro, sarebbero le amministrazioni locali a decidere; assumendosene oneri e onori.

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