Diritto

Sfida sostenibilità: ecco tutti benefici per le imprese

La revisione dei processi può, tra l’altro, ridurre costi e tasse e aumentare valore

di Carla Bellieni, Giovanni Satta e Benedetto Santacroce

La pubblica consultazione aperta sulle bozze di standard europeo Efrag per il reporting di sostenibilità permette alle imprese di misurarsi con i contenuti del bilancio di sostenibilità, la cui obbligatorietà è prevista per una platea per ora relativamente ristretta di operatori. La limitata obbligatorietà dell’adempimento di reportistica non deve trarre in inganno rispetto al numero di imprese per cui la sostenibilità rappresenta un fattore strategico alla pervasività delle implicazioni che un approccio al tema può determinare in termini di creazione di valore nel medio lungo termine e di un vantaggio competitivo duraturo e difendibile.
Drivers
Se la sostenibilità entra nei piani d’azienda soltanto come scadenza nell’obbligatorietà della relativa reportistica, il rischio è arrivare in ritardo a un appuntamento importante, a maggior ragione in settori volatili, energy-intensive o resources-consuming. Molteplici sono infatti i drivers che rendono la ridefinizione dei modelli gestionali e di business in chiave sostenibile non più rimandabile:
O spinte di natura interna: maggiore consapevolezza delle environmental externalities, della necessità di ridurre costi e consumi energetici e di una migliore gestione di risorse scarse;
O spinte istituzionali: l’incremento della pressione normativa, non solo in termini di reportistica ma di pressione fiscale per comportamenti (o fattori della produzione) non rispondenti ad obiettivi sostenibili, e di limitazione nell’accesso a benefici, quali provvidenze pubbliche e finanziamenti agevolati;
O spinte di mercato: principalmente riferibili a nuove richieste dei clienti od alla crescente pressione mediatica e della pubblica opinione, che possono condizionare la reputazione dell’impresa e il suo posizionamento di mercato.
Per rispondere in modo adeguato a queste pressioni, l’impresa deve attivarsi con una pianificazione ad hoc, articolata in obiettivi strategici di breve, medio e lungo termine, con un generale ripensamento dei principali processi di business e delle modalità di gestione delle diverse funzioni aziendali.
Dovrà in particolare essere affiancata alla valutazione economico finanziaria delle opzioni di investimento una analisi di impatto ambientale e sociale dei diversi progetti, tramite l’utilizzo di appositi Kpis (Key Performance Indicators), possibilmente integrati in Decision Support Systems (Dss) funzionali a supportare i decisori aziendali.
La definizione stessa degli obiettivi strategici dovrà comprendere – oltre alle performance economiche e finanziarie target – obiettivi di:
O riduzione dei consumi;
O riduzione dell’impatto ambientale:
O contenimento degli sprechi di risorse scarse;
Osostenibilità sociale e trasparenza.
Ciò implicherà in alcuni casi la riprogettazione di operations e tasks con attenzione allo specifico contesto produttivo, alle modalità tecniche di svolgimento delle attività e alle conseguenze ambientali e sociali connesse alle soluzioni tecnologiche specifiche per ciascun ciclo di produzione, in termini di value chain della filiera tecnologico-produttiva di riferimento.
La definizione di appositi Kpis dovrà risultare funzionale al rispetto dei requisiti normativi, in quanto esistenti, ed alla valutazione dell’efficienza interna, al contesto tecnologico.
Benefici per l’azienda
La riformulazione dei processi aziendali in chiave sostenibile è destinata a generare benefici non soltanto sociali di maggior tutela dell’ambiente, ma anche per le imprese che la adottano, in termini di:
O rispetto della legge, da valutare anche in relazione ai rischi di comportamenti pericolosi, con rilevanza penale ai sensi del Dlgs 231/2001;
O possibilità di aumentare i ricavi presidiando segmenti di mercato di tipo “green” e maggiormente attenti alle dimensioni sociali dell’agire d’impresa (in contesti sia B2B sia B2C);
O possibilità di ridurre i costi operativi, grazie ad una maggiore efficienza energetica, all’ottimizzazione nell’impiego di risorse scarse ed alla riduzione dei consumi;
O accesso a strumenti di finanza sostenibile: le fonti finanziarie tenderanno infatti sempre più a essere legate – oltre che al rispetto di parametri economico-finanziari – al rispetto di covenants od al raggiungimento di performance non finanziarie, condivise tra soggetto finanziatore ed impresa finanziata; inoltre, grazie alla mitigata volatilità del rischio, potranno ridursi le necessità di liquidità (cash holdings), con ulteriori benefici in termini di efficienza finanziaria;
O mitigazione della tassazione, con particolare riguardo all’energia utilizzata per la produzione;
O accesso a forme di finanza agevolata e/o a provvidenze pubbliche condizionate al rispetto (ad esempio) del Dnsh (do not significant harm) principle, previsto per fruire del Piano Next Generation Eu, che si traduce nella necessità di valutare la conformità di ciascuna misura ai sei obiettivi ambientali individuati dalla “Tassonomia per la finanza sostenibile”, finalizzata a promuovere investimenti in iniziative sostenibili ed al perseguimento degli obiettivi definiti dall’Eu Green Deal;
O miglior posizionamento di mercato;
O miglioramento della reputazione;
O in definitiva, possibilità per l’impresa di creazione di valore nel lungo periodo, tramite una gestione dei capitali che tenga in considerazione fattori economici, ambientali e di governance.
Di fronte alle sfide in materia di sostenibilità ambientale, l’impresa deve decidere ora quale approccio seguire: se limitarsi a mettere in agenda l’ennesimo adempimento obbligatorio o cogliere nella sfida tracciata dal Green Deal in materia di sostenibilità ambientale una nuova opportunità strategica e per una nuova cultura.

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