Diritto

Ampia autonomia degli statuti sulla riscattabilità delle azioni

Sono legittime le clausole che permettono l’operazione ai singoli soci

di Angelo Busani

Lo statuto della società per azioni può prevedere (articolo 2437-sexies del Codice civile) che determinate azioni o categorie di azioni emesse dalla società siano soggette a un «potere di riscatto da parte della società o dei soci» e, in tal caso, si deve far riferimento alla normativa che il Codice civile detta in materia di recesso del socio dalla società, ad esempio in termini di valutazione della quota di liquidazione del socio recedente (che, dunque, va applicata alla liquidazione del socio che subisce l’esercizio del diritto di riscatto).

Il Codice civile non dice nulla di più di quanto precede e, quindi, è bene che la delicata materia del riscatto di azioni sia sostenuta da una solida impalcatura di clausole statutarie che provvedano a fornire una opportuna disciplina. In questo ambito intervengono le nuove massime n. 79 e 80 del Consiglio notarile di Firenze, la cui lettura consente di effettuare un'utile panoramica di questo argomento.

Anzitutto, viene rimarcato che esiste una piena autonomia statutaria nell’elaborare clausole inerenti alle modalità di esercizio del diritto di riscatto e alle procedure organizzative da svolgere in seno alla società per dare esecuzione alle attività occorrenti in dipendenza dell’esercizio del diritto di riscatto. Su questa linea, viene precisato che:

il potere di riscatto può essere attribuito individualmente a singoli soci senza che si formi una categoria di azioni;

una data categoria di azioni può essere connotata (dal lato passivo) dal fatto di raggruppare azioni soggette a un altrui potere di riscatto oppure (dal lato attivo) dal fatto di raggruppare azioni al cui titolare è attribuito il potere di riscatto di azioni altrui (se poi vi siano gruppi di azioni connotati da una diversa disciplina inerente al potere di riscatto o alla soggezione al riscatto, ognuno di detti gruppi costituisce una diversa categoria di azioni).

Quanto all’esercizio del diritto di riscatto viene affermata sia la legittimità della clausola statutaria che attribuisca il potere di riscatto al socio o ai soci i quali si vengano a trovare in una data situazione non meramente potestativa o discriminatoria (ad esempio, il socio che divenga titolare del 90 per cento del capitale sociale può riscattare dagli altri soci il restante 10 per cento); sia la legittimità della clausola statutaria la quale attribuisca ai soci il potere di riscatto in subordine al mancato esercizio del riscatto da parte della società emittente (e, viceversa, della clausola che attribuisca alla società emittente il potere di riscatto subordinatamente al mancato esercizio del riscatto da parte dei soci).

Osservando poi il profilo della liquidazione dovuta al socio che subisce il riscatto, si rileva che l’esercizio del diritto di riscatto da parte della stessa società emittente (trattandosi di un potere e, quindi, di un comportamento volontario del soggetto riscattante) non può comportare che, per rinvenire le risorse utili alla liquidazione del socio il quale subisce il riscatto, si faccia luogo alla riduzione reale del capitale sociale. Tuttavia, con una apposita clausola statutaria, può essere previsto che il riscatto sia esercitato mediante acquisto delle azioni oggetto di riscatto in funzione del loro istantaneo annullamento per mezzo di una deliberazione di riduzione reale del capitale sociale.

Utili sono infine la precisazione che il trasferimento delle azioni riscattate si sottrae alle eventuali clausole statutarie che dispongono limitazioni alla circolazione delle azioni; e che le azioni riscattabili mantengono tale loro caratteristica di riscattabilità anche dopo che siano state riscattate, a meno che lo statuto non disponga diversamente.

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