Controlli e liti

Decorrenza certa della prescrizione sull’accisa dell’energia

La sentenza 200/2021 della Corte costituzionale chiede un intervento al legislatore per garantire il diritto di difesa

di Benedetto Santacroce ed Ettore Sbandi

L’articolo 57 del Testo unico delle accise (Tua), nella parte in cui non prevede una data certa di inizio della decorrenza del termine di prescrizione delle obbligazioni tributarie e delle sanzioni correlate al loro inadempimento nel caso di comportamenti omissivi del contribuente, deve essere modificato perché comprime il diritto di difesa del contribuente.

A sancirlo è la Corte costituzionale che, con la sentenza 200/2021, pone un altro tassello fondamentale su un tema per il vero assai discusso e noto da tempo, avente ad oggetto il regime di prescrizione operante nel settore dell’accisa sull’energia elettrica.

Il predetto articolo 57 Tua, infatti, al comma 3 prevede che «il termine di prescrizione per il recupero dell’imposta è di cinque anni dalla data in cui è avvenuto il consumo. In caso di comportamenti omissivi la prescrizione opera dal momento della scoperta del fatto illecito». Quest’ultima parte dell’articolato si risolve in un potenziale atto di accertamento di fatto sine die, potendo il fisco scoprire un mancato pagamento anche a distanza di decenni, per l’effetto accertandone l’importo, oltre sanzioni ed interessi. Tale regime, peraltro, è chiaramente disallineato da tutto il sistema tributario (si pensi alla prescrizione per l’azione di accertamento dei dazi, dell’Iva, dell’Ires, del registro), ponendosi come un unicum.

Per queste ragioni, la Cassazione aveva rimesso alla Consulta il sindacato di legittimità dell’articolo 57 Tua, al quale si è opposta la presidenza del Consiglio che ha anzitutto evidenziato come l’intervento manipolativo-additivo invocato dal rimettente non sia obbligato e implichi scelte di spettanza del legislatore e, poi, ha insistito sulla necessità della norma a presidio di un tributo speciale gravante su un prodotto a sua volta speciale, quale l’accisa sull’energia elettrica.

La Corte costituzionale ha accolto questo primo motivo di opposizione, dichiarando la questione ad essa posta inammissibile. Tuttavia, non ha mancato di osservare la “palese l’inadeguatezza” del regime tuttora dettato dall’articolo 57, comma 3, Tua segnatamente rispetto alle esigenze poste dall’articolo 24 Costituzione sul diritto difesa, alle quali però non può porre rimedio la Corte stessa.

Dunque, nel dichiarare l’inammissibilità delle questioni, la Corte «non si esime dal sottolineare che quanto evidenziato in ordine al diritto di difesa rende ineludibile un tempestivo intervento legislativo volto a porvi rimedio».

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