Il CommentoFinanza

Aiuti di Stato alle banche e la sconfitta di Bruxelles

Che un intervento effettuato da un ente privato (e con fondi privati) possa dar luogo a un aiuto di Stato è un’ipotesi tratteggiata da tempo dalla giurisprudenza

di Valeria Falce e Cristina Schepisi

Che esito avrebbe avuto la vicenda Tercas se la Commissione non avesse erroneamente qualificato l’intervento del Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fidt) come aiuto di Stato? E soprattutto, quali scenari si aprono all’indomani della sentenza della Corte di giustizia?

I fatti sono noti. Nel 2013 la Banca Popolare di Bari manifesta l’interesse a sottoscrivere un aumento di capitale di Tercas, in amministrazione straordinaria dal 2012. La copertura del deficit patrimoniale di Tercas viene garantita dal Fidt, consorzio di diritto privato di tipo mutualistico, e la misura viene approvata dalla Banca d’Italia.

Nel 2015 la Commissione ritiene che l’operazione costituisca un aiuto di Stato incompatibile e ne ordina il recupero. La decisione viene tuttavia annullata dal Tribunale di Lussemburgo e la sentenza è ora confermata dalla Corte di giustizia.

Da dove è disceso all’epoca l’errore? Qualificare un intervento pubblico come aiuto di Stato non è in realtà un’operazione banale. Per essere vietato l’aiuto – oltre ad attribuire un vantaggio selettivo a imprese o produzioni e ad alterare la concorrenza – deve essere «concesso da uno Stato», cioè imputabile allo Stato (inteso nel senso più ampio del termine in quanto riferito anche a enti territoriali minori, imprese pubbliche o comunque soggette a controllo statale) e tramite risorse statali (e sono considerate tali anche i fondi di natura privatistica controllati dalle pubbliche autorità o rientranti nella loro disponibilità). È su questi due requisiti – distinti e cumulativi – che la Commissione ha perso la partita.

Che un intervento effettuato da un ente privato (e con fondi privati) possa dar luogo a un aiuto di Stato è un’ipotesi tratteggiata da tempo dalla giurisprudenza. Il fine è quello di evitare che la disciplina sugli aiuti di Stato possa essere elusa attraverso operazioni formalmente imputabili a soggetti diversi dallo Stato. La condizione, tuttavia, è che tali enti (e i loro fondi) siano sottoposti all’influenza o all’effettivo controllo delle autorità pubbliche e che le loro misure costituiscano di fatto esecuzione di un mandato pubblico. Poiché l’onere della prova grava sulla Commissione e non sullo Stato, i giudici di Lussemburgo hanno ritenuto che la prima non avesse fornito elementi sufficienti per dimostrare l’esistenza di un controllo statale. Diversi indizi indicavano invece che il Fidt avesse agito in modo autonomo.

Dunque l’intervento era legittimo e in molti ora invocano la strada del risarcimento del danno. L’azione (in responsabilità extracontrattuale) è espressamente prevista dai Trattati. Si tratta tuttavia di un rimedio autonomo. Che può certamente fondarsi su un annullamento di un atto ma che deve comunque rispondere a determinati e ulteriori requisiti. E sono stringenti: occorre provare che la violazione commessa sia grave e manifesta, cioè abbia comportato un travalicamento manifesto e grave, da parte dell’istituzione, dei limiti imposti al suo potere discrezionale. Quanto più ampia è la sua discrezionalità (e nella materia degli aiuti di Stato lo è) tanto più difficile è la dimostrazione della gravità della violazione. Oltre all’esistenza del danno è poi necessaria la dimostrazione del nesso di causalità (che non deve essere interrotto da altri atti o comportamenti eventualmente adottati da soggetti pubblici e privati). Considerato l’ampio numero di soggetti (banche, risparmiatori ecc.) che potrebbero avere intenzione, a vario titolo, di proporre un ricorso di questo tipo (e qualche azione già pende), si può comprendere come la questione sia scottante e tanti ancora gli scenari aperti.

Quello che è certo è che l’impatto della vicenda non è solo giuridico; è in ballo la fiducia dei risparmiatori e delle Pmi nel sistema bancario, il cui ruolo è però attualmente cruciale. Esso rappresenta infatti un veicolo attraverso il quale lo Stato eroga gli aiuti alle imprese per compensare i danni dalla pandemia da Covid-19 e per sostenerle nella ripresa economica. Di aiuti, di banche (e di Europa) c’è ora certamente bisogno.