Adempimenti

Per la sanatoria ricerca e sviluppo modello con motivazione «delicata»

Il termine per la domanda di riversamento volontario scade il 30 settembre. Nella dichiarazione analitica da ponderare attentamente l’illustrazione dei motivi

di Giorgio Gavelli e Riccardo Giorgetti

Tempo di scelte per i contribuenti che hanno usufruito del credito d’imposta ricerca e sviluppo per le annualità dal 2015 al 2019 in quanto, salvo un’auspicabile proroga, il termine per la domanda di riversamento volontario scade il prossimo 30 settembre.

La procedura, per come è stata costruita anche con riferimento alla modulistica, impone al contribuente di comunicare il motivo per cui si impegna al riversamento delle somme. In questo modo, di fatto, egli procede ad auto-denunciarsi, in particolare nei casi in cui non è stato ancora raggiunto da alcuna richiesta o contestazione.

L’auto-denuncia

L’articolo 1.2 del Provvedimento del 1° giugno scorso ha previsto quattro casistiche all’interno delle quali la definizione può essere utilizzata, sempre tenendo presente che ci sono cause ostative che la bloccano. Nel modello di istanza, l’agenzia delle Entrate ha inserito, per ogni annualità oggetto di definizione, una sezione conclusiva, denominata «Dichiarazione analitica», nella quale illustrarne le ragioni, già selezionate sinteticamente al momento della scelta della causa del riversamento.

Il combinato disposto di queste due sezioni potrebbe avere degli effetti collaterali spiacevoli in alcune situazioni quali, ad esempio, il caso in cui la definizione riguardi soltanto alcune annualità, ovvero quello in cui l’impresa abbia proseguito l’attività di R&S anche per i periodi post 2019 (non definibili).

In sostanza, data la natura “dichiarativa” della procedura, appare opportuno premunirsi da possibili utilizzi da parte dell’ufficio di quanto esposto nell’istanza, al di fuori della mera procedura di riversamento.

In questo senso, la maggiore cautela va tenuta in relazione alla motivazione collegata alla mancanza dei presupposti per considerare i progetti realizzati come attività di R&S. Come noto, infatti, quattro sono le cause previste e riguardano (oltre a quella già indicata) gli errori commessi nel calcolo della media triennale, nel computo del credito nei periodi agevolabili, ovvero l’errato inserimento dell’attività di ricerca commissionata da un soggetto estero non svolta in Italia.

Il rischio di allargamento

È facile intuire la portata che potrebbe avere l’auto-dichiarazione di non avere i presupposti per un singolo periodo e non per tutti gli altri. In presenza, infatti, di attività di R&S similare tra i vari anni, l’Ufficio potrebbe utilizzare quanto esposto nell’istanza per suffragare il recupero per i periodi non definiti. Il medesimo ragionamento potrebbe valere per la R&S svolta dal 2020 in poi, la quale potrebbe – per lo stesso motivo – essere eventualmente derubricata nella meno incentivata “innovazione”. Peraltro, è prevedibile che questa sia la motivazione che più spesso verrà utilizzata, poichè è l’unica fruibile da coloro che vogliono sanare ma non ha commesso errori nei calcoli.

A ben vedere, tuttavia, la scelta del riversamento potrebbe essere collegata (e spesso lo sarà) alla presenza di un accertamento (o di una constatazione) in presenza di valutazioni di natura economica che rendono il contenzioso non conveniente rispetto alla definizione, anche in relazione ai possibili risvolti penali della vicenda. Questi ultimi, per quanto la procedura del riversamento possa essere considerata complessivamente non soddisfacente per le esigenze di immediata chiusura espresse dal contribuente, in assenza di sanatoria resterebbero sicuramente intaccati.

Tutti questi ragionamenti conducono ad alcune considerazioni su come compilare la sezione “libera” dedicata all’illustrazione della causa di riversamento. Al riguardo, si ritiene che la motivazione che ha indotto le Entrate ad inserire questa descrizione consista essenzialmente nel fatto che l’Ufficio, a fronte delle cause ostative che impediscono la sanatoria, ha il compito di verificare che le stesse non sussistano. Di conseguenza, la dichiarazione resa nell’istanza dovrebbe servire ad effettuare questa verifica in maniera più agevole e, quindi, a meglio selezionare gli eventuali casi da approfondire.

Escludere le cause ostative

Ne consegue che, in primo luogo, è opportuno che il contribuente evidenzi nella sezione editabile la non sussistenza di una delle cause ostative individuate dalla norma: in sostanza, che l’attività è stata realmente svolta e non è frutto né di condotte fraudolente, né di fattispecie oggettivamente o soggettivamente simulate e che le spese sono state concretamente sostenute. Per quanto concerne poi le tre cause “oggettive”, occorre procedere alla descrizione degli errori commessi e di come questi hanno influito sui calcoli.

Invece, per la motivazione legata ai presupposti, pare opportuno dichiarare che la scelta di aderire si basa sull’evoluzione interpretativa assai problematica subìta da questa disciplina nel tempo, nonché su motivi di opportunità al fine di evitare un contenzioso tributario i cui risvolti economici ed operativi (uniti alle possibili ripercussioni penali) potrebbero risultare oltremodo dannosi per la società e la propria attività.

Infine, va ricordato che, ai sensi dell’ultimo periodo del comma 12 dell’articolo 5 in esame, nel caso in cui l’utilizzo del credito d’imposta sia già stato constatato con un atto istruttorio (PVC) ovvero accertato con un atto di recupero o altro atto impositivo, non ancora divenuto definitivo, il riversamento deve obbligatoriamente riguardare l’intero importo del credito oggetto di recupero, accertamento o constatazione. Il che significa che, in queste fattispecie, il quantum oggetto di riversamento non è libero ma deve coincidere (come ribadito dal Provvedimento e dalle istruzioni al modello) con quanto già richiesto dagli Uffici.

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