Diritto

Perdite, Cassazione soft sull’obbligo di sciogliere Spa o Srl

Lo stato di liquidazione viene meno con l’adozione delle misure di contrasto

La maturazione di perdite che eccedono il terzo del capitale sociale della Spa o della Srl e che lo riducono sotto il minimo legale provoca l’immediato scioglimento della società, situazione tuttavia che è risolutivamente condizionata all’adozione (la quale non è soggetta a limitazioni temporali) di una deliberazione di ripianamento di dette perdite o di trasformazione della società in società di persone.

Così decide la Corte di Cassazione nella ordinanza n. 2984 del 1° febbraio 2022, con la quale viene nuovamente respinta (come già venne affermato nelle decisioni 4089/19809, 8928/1994, 4923/1995, 9619/2009) la tesi secondo cui le perdite oltre il terzo, che riducono il capitale sotto il minimo, non provocherebbero l’immediato scioglimento della società, in quanto si verificherebbe una situazione di scioglimento sospensivamente condizionata alla mancata adozione dei provvedimenti di ripianamento perdite o di trasformazione.

La situazione di perdite oltre il terzo, che abbattono il capitale sotto il minimo, è presa in considerazione nel Codice civile dagli articoli 2447 (per la Spa) e 2482-ter (per la Srl): in entrambi i casi è sancito che se, per la perdita di oltre un terzo del capitale, questo si riduce al disotto del minimo di legge, l’organo amministrativo deve convocare «senza indugio» l’assemblea per deliberare la riduzione del capitale e il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al detto minimo, o la trasformazione della società. A sua volta, il successivo articolo 2484 n. 4), sancisce che la società si scioglie «per la riduzione del capitale al disotto del minimo legale».

Quest’ultima norma induce a ritenere che, in presenza di perdite, la situazione di scioglimento sia dunque immediata, salvo venir meno nel caso di adozione di misure di ripianamento o di trasformazione: tali misure sono quindi da intendere, appunto, come una causa di rimozione dello stato di scioglimento in cui la società viene a trovarsi (e non, viceversa, come eventi la cui mancata verificazione provoca lo stato di scioglimento della società in questione).

Scioglimento della società significa che gli amministratori non possono più attuare l’attività economica delineata nell’oggetto sociale, ma debbono compiere azioni coerenti con lo scopo di liquidazione della società: vale a dire, realizzare l’attivo al fine di estinguere le passività e ripartire il residuo tra i soci. E significa pure che se gli amministratori non compiono queste coerenti azioni, ne rispondono con il loro personale patrimonio qualora il loro operato provochi un aggravamento della situazione economica o patrimoniale della società.

Ora, dato che la legge richiede l’adozione «senza indugio» delle misure di ripianamento o di trasformazione, ci si chiede quale sia il limite temporale superato il quale esse si debbano considerare non più adottabili. Sul punto, la Cassazione si esprime in senso assai benevolo (ribadendo quanto sancito nella sua decisione n. 8928/1994): è vero che la legge richiede un tempestivo intervento, ma è anche vero che un limite temporale non è espressamente fissato e che, quindi, l’adozione delle predette misure può anche avvenire nell’esercizio successivo rispetto a quello nel quale la situazione di scioglimento si è verificata, fermo restando che il decorso di un lungo lasso di tempo può indubbiamente incidere sulla valutazione dell’operato degli amministratori in termini di responsabilità verso la società, i soci e i creditori sociali.

Non si può tuttavia sottacere che la Cassazione sorprendentemente non fa alcun cenno al disposto dell’articolo 2631 del Codice civile, per il quale:

- gli amministratori e i sindaci che omettono di convocare l’assemblea dei soci nei casi previsti dalla legge o dallo statuto, nei termini ivi previsti, sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria (da 1.032 euro a 6.197 euro, misura aumentata di un terzo in caso di convocazione di assemblea a seguito di perdite);

- ove la legge o lo statuto non prevedano espressamente un termine, entro il quale effettuare la convocazione, questa si considera omessa allorchè siano trascorsi trenta giorni dal momento in cui amministratori e sindaci sono venuti a conoscenza del presupposto che obbliga alla convocazione dell’assemblea dei soci.


Come funziona
Le norme
Le perdite oltre il terzo, che abbattono il capitale sotto il minimo, sono disciplinate dagli articoli 2447 (per la Spa) e 2482-ter (per la Srl) del Codice civile. In entrambi i casi è previsto che l’organo amministrativo convochi «senza indugio» l'assemblea per deliberare la riduzione del capitale e il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al minimo, o la trasformazione della società. L'articolo 2484 n. 4) sancisce che la società si scioglie «per la riduzione del capitale al disotto del minimo legale»

La giurisprudenza
Secondo la Cassazione il Codice civile richiede l'adozione tempestiva delle misure di ripianamento o di trasformazione («senza indugio») ma non indica un limite temporale espresso: l'adozione di queste misure può quindi avvenire anche nell'esercizio successivo rispetto a quello nel quale la situazione si è verificata, fermo restando che il decorso di un lungo lasso di tempo incide sulla valutazione dell'operato degli amministratori in termini di responsabilità verso la società, i soci e i creditori sociali

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