Diritto

Intestazione fittizia al boss, per il sequestro serve il trasferimento di denaro

Per la Cassazione necessario provare il passaggio di valori ai finti titolari di quote sociali

di Giovanbattista Tona

Non è legittimo il sequestro preventivo di una società per il reato di intestazione fittizia se la condotta ipotizzata è quella di una costante e occulta ingerenza nella gestione da parte di soggetti condannati per reati di criminalità organizzata, ma non vi sia prova di un trasferimento di valori da questi ultimi ai terzi che sono diventati titolari apparenti delle quote sociali.
Lo ha chiarito la sesta sezione della Corte di Cassazione con la sentenza 33939 del 13 settembre scorso.
Nel procedimento esaminato dai giudici di legittimità gli inquirenti ritenevano di avere accertato che l’esercizio di un’attività economica facente capo a una società fosse nella effettiva titolarità di un boss mafioso, che la gestiva dietro lo schermo degli apparenti azionisti per sottrarsi al rischio di misure di prevenzione patrimoniali.
Era stato contestato ai titolari formali, che avevano consentito al boss di amministrare l’impresa, il reato di cui all’articolo 512bis del Codice penale, norma che riporta la fattispecie prima contenuta nell’articolo 12quinquies del decreto legge 306 del 1992, convertito con modificazioni nella legge 356 del 1992.
Dall’indagine emergeva che le quote sociali erano sempre state intestate alle stesse persone, ma i dati indiziari acquisiti evidenziavano che, da una certa epoca, la gestione della società era stata influenzata direttamente o indirettamente dal soggetto già condannato per reati di mafia.
Secondo la giurisprudenza, il reato ipotizzato, rubricato come «trasferimento fraudolento di valori», è configurabile anche nel caso in cui, per eludere l’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniale, vengano di fatto acquistate le quote di una società già operativa, lasciandone immutato la titolarità formale in capo ai terzi che così acquisiscono il ruolo di soggetti interposti (Cassazione 2080/2019).
Tuttavia in presenza di un socio occulto la condotta può essere integrata se si correla non alla mera disponibilità dell’azienda o ad un’influenza gestionale su di essa, che può scaturire da plurime cause, ma all’effettiva verifica della provenienza delle risorse economiche impiegate per l’acquisto dei beni o della quota sociale da parte del soggetto che vuole eludere le misure di prevenzione (Cassazione 42530/2018).
Sviluppando questi principi e rifacendosi alla più recente decisione 24436/2020 su analoga vicenda, ora la sentenza 33939/2021 ha spiegato che il reato previsto dall’articolo 512bis del Codice penale non può trovare applicazione se non si trova riscontro su come e in che misura il boss mafioso abbia investito denaro nella società e la sua costante ingerenza nella sua gestione non coincide con la prova dell’intestazione fittizia e del suo presupposto.

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