Diritto

Srl, non c’è sempre appropriazione indebita sulle somme a riserva

La sentenza 24313/2022 della Cassazione annulla il sequestro fondato sul giudizio di assoluta indisponibilità

di Giovanni Negri

No all’appropriazione indebita sulle riserve in conto capitale. Non sono infatti sempre non disponibili e quindi non distribuibili. Lo chiarisce la Cassazione con la sentenza n. 24313 della Seconda sezione penale in un complesso procedimento che vede l’amministratore unico di una srl indagato per una serie di reati tra cui appropriazione indebita e autoriciclaggio. Con ordinanza del tribunale del riesame veniva parzialmente confermato il sequestro preventivo di 6 milioni e mezzo di euro. Nella ricostruzione dell’accusa la somma, distratta dall’amministratore per evitare il fallimento di un’altra società, sarebbe stata oggetto di appropriazione indebita perchè destinata a riserva non distribuibile.

La Cassazione ricorda innanzitutto che sono versamenti in conto capitale quelli che il socio effettua alla società e con i quali va ad aumentarne il patrimonio netto: «consistono , come quelli a fondo perduto , in somme acquisite dal patrimonio netto della società senza alcun obbligo di restituzione, che vengono erogate dai soci spontaneamente e al di fuori di ogni procedura prevista per i conferimenti». Una volta che le somme in conto capitale sono confluite nel patrimonio comune, ricorda ancora la sentenza, i soci eroganti, finchè dura la società, non possono chiederne la restituzione; quindi, a differenza dei finanziamenti, i versamenti in conto capitale non producono crediti esigibili dei soci nei confronti della società.

I soci possono chiedere la restituzione delle somme versate solo dopo lo scioglimento della società e nei limiti dell’eventuale residuo attivo del bilancio di liquidazione.

E tuttavia, ed è questo il passaggio che porta la Cassazione ad annullare l’ordinanza del riesame sulla conferma della misura cautelare, in caso di saturazione della riserva legale, gli apporti dei soci possono distribuiti nel corso della vita normale della società e le relative somme sono ripartite tra i soci in misura corrispondente a quanto versato da ciascuno, con una delibera dell’assemblea ordinaria.

Il riesame, nella lettura della Cassazione, ha così sbagliato nel ritenere non distribuibili le somme e quindi necessariamente soggette al reato, quando invece avrebbe dovuto verificare l’esistenza di ostacoli collegati al livello della riserva legale, per concluderne che , in loro assenza, nulla avrebbe impedito che, con delibera socetaria, le somme potessero venire restituite.

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