Controlli e liti

La certezza del diritto che ancora manca sulle plusvalenze degli immobili da demolire

di Giuseppe Rebecca


Prosegue il balletto delle altalenanti sentenze della Cassazione sul tema della tassazione o meno della cessione di fabbricati da abbattere. La fattispecie è stata già analizzata in un precedente articolo ( si veda Il Quotidiano del Fisco del 14 settembre 2018 ), questione che qui così sintetizziamo: la risoluzione 396/E/2008, in risposta a un interpello, ha ritenuto sempre assoggettabili ad Irpef le cessioni degli immobili da abbattere essendo di fatto equiparate alla cessione di terreni edificabili. Fino ad allora non erano sorte problematiche di questo tipo, problematiche invece che si sono viepiù diffuse da quella data in poi.

Il contenzioso sul punto è stato ed è molto numeroso, e le sentenze di Commissioni tributarie provinciali e regionali sono copiose, e quasi esclusivamente per la tesi a favore dei contribuenti: la cessione di un fabbricato da abbattere non può essere considerata cessione di terreno, trattandosi appunto di una fattispecie del tutto diversa, effettuata con un atto inquadrato in modo differito, caratterizzato da sue specificità e assoggettato, fino a qualche anno fa, anche ad imposte indirette diverse.

Ricordiamo che le prime sentenze della Cassazione contrarie alla tesi dell’agenzia delle Entrate (Cassazione del 2014, n. 4150 e 15629/15630/15631), sono state richiamate in una integrazione parlamentare (n. 5-0322 del 15 luglio 2014), cui però l’allora sottosegretario al ministero dell’Economia aveva risposto negativamente, evidentemente risultando del tutto ininfluenti per l’amministrazione finanziaria, le quattro sentenze della Cassazione.

Dopo questo smacco iniziale, ecco due sentenze di Cassazione contrarie del 2015 (12294 e 16983) cui hanno fatto però seguito sentenze favorevoli ai contribuenti (7599 e 7853 del 2016; 4361, 7714, 10113 – anche se riferita alle imposte indirette, 15920 e 19129 del 2017).

Recentemente è intervenuta la sentenza 31295 del 4 dicembre 2018, la quale ha rinviato l’esame della questione alla Commissione tributaria regionale del Veneto affermando però che nel caso di specie si tratta di cessione tassabile, trattandosi di cessione di area con fabbricato già demolito, anche se dalle premesse pareva che la demolizione non fosse ancora stata effettuata.

Del tutto pacifica appare la affermazione che in caso di cessione di area da sedime (risultante dall’abbattimento di un fabbricato) si rientra nel caso di cessione di area edificabile, e in effetti anche la sentenza ivi citata (Cassazione n. 13240 del 20/4/2017) si riferisce a questa fattispecie (fabbricato demolito in seguito a terremoto ante cessione).

Per la tesi conforme all’amministrazione finanziaria si ha anche la sentenza della Ctr Emilia Romagna del 14 dicembre 2018, la quale si pronuncia anche sull’assoggettamento dell’atto all’imposta di registro dell’8% (allora specifica per i terreni edificabili) piuttosto che al 7% aliquota relativa agli immobili, questione ora in ogni caso superata, essendo le aliquote equiparate al 9% in ambo i casi.

Resta ancora non definito del tutto il caso che ci occupa, cioè la cessione di un immobile ancora da demolire, per il quale si hanno appunto 11 sentenze di Cassazione (2014/2017) favorevoli alla tesi dei contribuenti. Il ministro dell’Economia Giovanni Tria, visto che il suo predecessore Pier Carlo Padoan è stato inattivo sul punto, nella sua riservata dichiarata azione di monitoraggio (risposta all’integrazione parlamentare del 2014 fatta dall’allora sottosegretario Enrico Zanetti), quando suggerirà all’amministrazione Finanziaria di presentare finalmente una circolare ad hoc? O saremo costretti a continuare ad adire il contenzioso, con aggravio di tempo e spese, anche per l’amministrazione finanziaria?
Confidiamo in ogni caso nella Cassazione, che finalmente intervenga a Sezioni Unite, sul punto.

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