Controlli e liti

Sì all’induttivo per l’accertamento di proventi da attività illecite

di Ferruccio Bogetti e Filippo Cannizzaro

I proventi derivanti dalla vendita di sostanze stupefacenti sono qualificabili come redditi diversi e possono essere accertati dal fisco anche con il metodo induttivo. È pertanto legittimo l’accertamento emanato dall’erario basato su numerose circostanze gravi, precisi e concordanti. Ma vanno escluse dall’imposizione fiscale le somme confiscate e sequestrate. Così la Ctp Como, sentenza n. 121/1/18 ( clicca qui per consultarla ).

La decisione
A livello normativo le somme derivanti da proventi illeciti, in base all’interpretazione autentica fornita dal comma 34-bis dell’articolo 36 del Dl 223/2006 e dell’articolo 14 della legge 537/1993 – che appunto disciplina tali tipologia di entrate – sono qualificabili come redditi diversi e anche se non classificate nelle categorie reddituali all’articolo 6 del Tuir.

A livello procedurale è valida l’utilizzo del metodo induttivo alla luce dei seguenti numerosi indizi gravi, precisi e concordanti:
a) il contribuente è stato colto in fragranza di reato di possesso e vendita di sostanze stupefacenti, da cui è scaturito il sequestro di tali sostanze e di ingenti somme di denaro;
b) la Guardia di Finanza ha accertato numerose cessioni a favore di diversi consumatori finali, i quali hanno anche indicato il valore del corrispettivo pagato al contribuente;
c) risulta dalle intercettazioni ambientali che il contribuente ha acquistato un notevole quantitativo di sostanze stupefacenti nonché le modalità di cessione delle stesse ai consumatori finali;
d) vi è un’evidente sproporzione tra redditi dichiarati dal contribuente ed il suo tenore di vita.

Inoltre l’operato dell’agenzia delle Entrate è corretto anche con riferimento alle somme confiscate ai sensi dell’articolo 12-quinquies del Dl 356/1992 le quali, contrariamente a quanto asserito dal ricorrente, non sono state oggetto di ripresa fiscale.

La vicenda
La Guardia di Finanza svolge delle indagini nei confronti di un contribuente relativamente al reato di detenzione illecita e spaccio di sostanze stupefacenti e dalle indagini si evince anche il prezzo praticato ai consumatori finali. Nel novembre 2012 il contribuente è colto in fragranza di reato e gli vengono sequestrati oltre 1.200 grammi di cocaina, oltre 107mila euro nonché 7mila franchi svizzeri. Le indagini poi sfociano con apertura di due procedimenti penali conclusi con sentenze di patteggiamento. Il processo verbale di constatazione è trasmesso anche all’agenzia delle Entrate la quale notifica nel 2017 accertamento induttivo attraverso il quale recupera a tassazione somme derivanti dai proventi illeciti di spaccio per oltre 903mila euro per l’anno 2012 inquadrati come redditi diversi. Ma secondo l’uomo i proventi da natura illecita non possono essere qualificabili come redditi diversi e inoltre l’erario non può ricorre al metodo induttivo previsto solo per le attività di impresa e lavoro autonomo.

Le modalità di rettifica
In primo luogo, anche se è pacifico l’inquadramento dei redditi illeciti tra i redditi diversi per espressa previsione normativa, ciò non ha impedito all’agenzia delle Entrate di non ricorrere al metodo analitico basato su un principio di cassa, ma di fare riferimento al metodo induttivo previsto per gli accertamenti in tema di reddito d’impresa e/o di lavoro autonomo.

In secondo luogo, dalla pretesa tributaria amministrativa ha sottratto la pretesa tributaria penale rappresentato dal sequestro e della confisca delle somme di denaro (oltre 107mila euro e circa 7mila franchi svizzeri), come previsto dall’ultima parte del secondo comma dell’articolo 12-quinquies del Dl 356/1992. In tal senso, si è allineata alla Cassazione 19708/2005.

Ctp Como, sentenza 121/01/2018

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