I temi di NT+Modulo 24

Il tipo di derivato decide il trattamento nel reddito d’impresa

Le regole di concorso alla formazione del reddito dei componenti positivi e negativi derivanti dalla valutazione degli strumenti finanziari derivati

L’originaria introduzione nel Tuir dell’articolo 103-bis (ora articolo 112) muoveva dalla necessità di eliminare, o quantomeno ridurre, il doppio binario civilistico-fiscale creatosi per gli enti finanziari (ad esempio banche) che, prima dell’avvento dei principi Ias/Ifrs, erano chiamati a redigere il bilancio sulla base delle disposizioni contenute nel Dlgs n. 87/1992 (poi abrogato dal successivo Dlgs n. 136/2015).

Il disallineamento sopra indicato traeva origine dalle disposizioni previste proprio dal Dlgs n. 87/1992 in tema di derivati, che prevedevano la valutazione di tali strumenti con imputazione a conto economico delle relative oscillazioni. In assenza, infatti, di un’espressa previsione normativa, le componenti derivanti dalla valutazione di tali operazioni non potevano trovare il proprio riconoscimento fiscale in quanto non realizzate. Successivamente, anche a fronte del sempre maggior utilizzo di strumenti derivati da parte delle imprese operanti in settori diversi da quelli creditizi e finanziari con possibilità, anche in tali ambiti, di valutare nei conti annuali le operazioni cd. “fuori bilancio” (sia di copertura che con finalità speculative), veniva ampliato l’ambito soggettivo della norma, con l’introduzione del comma 2-bis all’articolo 103-bis del Tuir, che estendeva la rilevanza fiscale di tali valutazioni anche ai soggetti “non finanziari”. Dopo la riforma del 2003, che collocava la previsione normativa all’interno dell’attuale articolo 112 del Tuir, ulteriori modifiche venivano apportate alla disciplina in esame con l’introduzione dei principi contabili internazionali ad opera del Dlgs n. 38/2005 e della successiva Legge n. 244/2007; tali interventi normativi erano tesi a coordinare le modalità di determinazione del reddito d’impresa con una disciplina contabile che vedeva l’introduzione, nell’ordinamento interno, di principi che, prescindendo dal settore di appartenenza, obbligavano le imprese ad iscrivere e valutare gli strumenti derivati all’interno dei propri bilanci. In particolare, l’articolo 11, comma 1, lettera f) del Dlgs n. 38/2005, nel riformulare l’articolo 112 del Tuir, eliminava sia il riferimento agli enti creditizi e finanziari, che i criteri di valutazione previsti dal Dlgs n. 87/1992, considerata, appunto, l’esigenza di rendere applicabile l’articolo 112 anche (e, come vedremo, non solo) ai soggetti Ias/Ifrs adopter.

Le modifiche apportate all’articolo 112 del Tuir

Le modifiche apportate al Codice Civile dal Dlgs n. 139/2015 (di recepimento della Direttiva n. 2013/34/Ue), nell’innovare profondamente le regole di redazione dei bilanci (d’esercizio e consolidati) delle imprese che adottano i principi contabili nazionali, hanno cambiato le modalità di contabilizzazione degli strumenti finanziari derivati. Tali modifiche normative (cfr. articolo 2426, comma 1, n. 11-bis del Codice Civile) hanno comportato l’obbligo generale di rilevazione e valutazione di tali strumenti in bilancio e la loro conseguente qualificazione ad attività e passività da iscrivere nello stato patrimoniale (sia in sede di prima iscrizione che nei bilanci degli esercizi successivi) al loro fair value, definito dalla prassi contabile (Oic 32, paragrafo 12) come «il prezzo che si percepirebbe per la vendita di un’attività ovvero che si pagherebbe per il trasferimento di una passività in una regolare operazione tra operatori di mercato alla data di valutazione».

Considerate la complessità e l’importanza della disciplina in esame, lo standard setter nazionale è stato chiamato ad elaborare un principio contabile dedicato, l’Oic 32, emanato nel dicembre 2016 ed emendato dapprima il nel mese di dicembre 2017 e successivamente a gennaio 2019. Mentre il legislatore civile aveva ravvisato la necessità di rendere organica la disciplina in commento, sotto il profilo tributario l’assenza di interventi normativi di coordinamento con le novità apportate dal Dlgs n. 139/2015 avrebbe potuto generare un inevitabile doppio binario tra l’applicazione di regole contabili basate sul fair value ed un coacervo di norme fiscali improntate, sostanzialmente, all’applicazione del criterio del costo. Muovendo da questa esigenza, il legislatore fiscale è, pertanto, intervenuto con l’introduzione dell’articolo 13-bis, comma 2, lettera f) del Dl n. 244/2016, innovando l’articolo 112 del Tuir. Le modifiche apportate dall’articolo 13-bis hanno esteso la regolamentazione fiscale degli strumenti finanziari derivati riservata, sino a quel momento, ai soggetti Ias/Ifrs adopter, anche ai soggetti Oic adopter (diversi dalle micro-imprese) attraverso il riconoscimento fiscale delle relative rappresentazioni bilancistiche. Trattamento differenziato, come si vedrà più avanti, è stato, invece, riservato alle micro-imprese ex articolo 2435-ter del Codice Civile.

La disciplina fiscale degli strumenti finanziari derivati, nella versione dell’articolo 112 del Tuir ora vigente, può sinteticamente essere ripartita in due categorie: da un lato gli strumenti «non di copertura» (commi 2, 3 e 3-bis dell’articolo 112) per i quali, stabilita come regola generale la rilevanza fiscale dei componenti di reddito derivanti dalla valutazione dei derivati in corso alla data chiusura dell’esercizio (comma 2), vengono previsti dei limiti alla deduzione dei componenti negativi (comma 3), che non trovano, però, applicazione nei confronti dei soggetti Ias/Ifrs adopter e Oic adopter, diversi dalle micro-imprese (comma 3-bis); dall’altro, gli strumenti «di copertura» (commi 4, 5 e 6 dell’articolo 112) per i quali, posto il riconoscimento fiscale della finalità di copertura in base alla corretta applicazione dei principi contabili adottati dall’impresa (comma 6), la norma ne diversifica il trattamento tributario sulla base dell’ulteriore distinguo tra copertura di fair value (comma 4) o di cash flow (comma 5). La disciplina prevista dall’articolo 112 del Tuir deve essere, inoltre, opportunamente integrata con le disposizioni contenute nei Dm 8 giugno 2011 (così come modificato dal Dm 3 agosto 2017) e 10 gennaio 2018.

Regime fiscale dei derivati «non di copertura»

La disciplina dettata dal principio contabile nazionale Oic 32 non utilizza il termine “speculativi” per identificare gli strumenti diversi da quelli di copertura, ma si riferisce sempre a derivati “di copertura” o “non di copertura” e prevede che le “regole generali” per la contabilizzazione di tali strumenti siano quelle previste per i derivati “non di copertura”.
Le motivazioni alla base delle decisioni assunte in sede di predisposizione del principio sono contenute nel paragrafo 20, dove viene chiarito che “la contabilizzazione delle coperture rappresenta un’eccezione alle normali esigenze di rilevazione e valutazione dei derivati in bilancio, le cui variazioni di valori, altrimenti, interesserebbero il conto economico […]”. In sintesi, gli strumenti derivati “non di copertura”, che dal punto di vista patrimoniale vanno classificati nell’attivo circolante (se il loro fair value è positivo) o tra le passività finanziarie (se il loro fair value è negativo) vedono sempre riflessa a conto economico la variazione del rispettivo fair value rispetto all’esercizio precedente, con imputazione della variazione nelle apposite voci della sezione D) del conto economico (D.18.d per le variazioni positive di fair value o D.19.d per le variazioni negative di fair value).

Dal punto di vista fiscale, l’articolo 112, comma 2 del Tuir fa concorrere alla formazione del reddito «i componenti positivi e negativi che risultano dalla valutazione degli strumenti finanziari derivati alla data di chiusura dell’esercizio». In sostanza, il comma 2 dell’articolo 112 Tuir attribuisce piena rilevanza, ai fini Ires, alle componenti (positive e negative) di natura valutativa, assimilandone il trattamento a quello delle componenti realizzative.
Il successivo comma 3 dell’articolo 112, prevede, però, un tetto all’integrale riconoscimento fiscale dei componenti negativi scaturenti dalla riduzione di valore dei derivati «non di copertura»: tale limite è rappresentato dalla differenza tra il valore del contratto (o della prestazione alla data della stipula o a quella di chiusura dell’esercizio precedente) e il corrispondente valore alla data di chiusura dell’esercizio. Il limite di deducibilità sopra indicato, contenuto nel comma 3 ha visto ridurre il suo ambito applicativo a seguito dell’introduzione del successivo comma 3-bis, inserito ad opera dell’articolo 1, comma 58, lettera l) della legge 244/2007, poi ampliato dall’articolo 13-bis, comma 2, lettera f), n. 3 del Dl n. 244/2016. Infatti, a seguito dell’estensione anche ai soggetti Oic adopter (diversi dalle micro-imprese) del regime derogatorio già previsto per i soggetti Ias/Ifrs adopter, anche per essi i componenti negativi imputati a conto economico, in base alla corretta applicazione dei principi contabili di riferimento, assumono rilevanza fiscale. L’ambito di operatività del comma 3 dell’articolo 112 del Tuir trova, quindi, attualmente applicazione solo con riferimento alle micro-imprese ex articolo 2435-ter del Codice Civile, ai sensi di quanto previsto dal comma 3 della disposizione codicistica medesima.

Si segnalano, sul tema, i principali orientamenti della giurisprudenza di legittimità (tra le altre, Sentenza Cass. n. 5160/2017, Ordinanza Cass. n. 12738/2018) che, in buona sostanza, hanno disconosciuto la deducibilità fiscale dei componenti negativi su strumenti “non di copertura”, nel presupposto che il costo non fosse inerente all’attività d’impresa svolta da soggetti non operanti nel settore creditizio o finanziario. In particolare, con l’Ordinanza n. 12738/2018, la Suprema Corte, nel richiamare l’orientamento espresso nella precedente pronuncia n. 5160/2017, ha negato la deducibilità di costi riconducibili a contratti derivati (nella fattispecie, interest rate swap), sottoscritti da una società produttrice di beni, in quanto, a parere della Corte, quello che risulta «vincolante sotto il profilo dell’interpretazione delle regole di computo dei costi e dei ricavi è che nel caso che ci occupa sono insussistenti le condizioni di deducibilità dei costi di cui all’articolo 75, proprio per la carenza del preliminare requisito dell’inerenza del costo all’attività di impresa svolta dalla società». La Cassazione, con tale pronuncia, non ravvisando nessuna correlazione tra la perdita derivante dalla stipula di un derivato «Irs» e i «ricavi o componenti positivi derivanti dall’attività di impresa svolta, da una società il cui oggetto sociale è costituito dalla produzione di metalli e acciai», è, quindi, giunta alla conclusione che non sussista l’inerenza «ogni qual volta i costi siano riferibili a qualsiasi operazione idonea a produrre reddito, poiché la riferibilità si relaziona non ai ricavi in sé, ma all’oggetto dell’impresa (costante in tal senso la giurisprudenza, sezione 5, sentenza 10269/2017; sentenza 3746/2015; sentenza 21184/2014; sentenza 7701/2013.

Si richiama, inoltre, la sentenza 559/2020, con la quale i Giudici di legittimità, seppur in tema di derivati “di copertura”, hanno affermato che «le società, che non sono enti creditizi o finanziari, non possono dedurre fiscalmente gli accantonamenti predisposti per la copertura del rischio legato al contratto di “interest rate swap”, se non ne dimostrano l’inerenza con l’attività imprenditoriale esercitata». Questo perché, prosegue la Corte, «[...] proprio per la carenza del preliminare requisito dell’inerenza, intesa come compatibilità, coerenza e correlazione del costo all’attività di impresa svolta dalla società (nel caso di specie produttrice di metalli), resta vincolante, sotto il profilo della interpretazione delle regole del computo di costi e ricavi, la sussistenza delle condizioni di deducibilità di cui all’articolo 109 Tuir (Cass. n. 29179/2019; vedi anche n. 12738/2018; n. 5160/2017)». A parere dei giudici di legittimità, pertanto, il contribuente nell’invocare l’articolo 112 del Tuir, nella sua versione pro tempore vigente, avrebbe dovuto allegare e provare la correlazione concretamente ravvisabile tra la perdita derivante dalla stipulazione di un contratto di interest rate swap ed i ricavi o componenti positivi derivanti dall’attività d’impresa. La deducibilità risulterebbe, quindi, vincolata alla dimostrazione della “finalità del contratto di interest rate swap di copertura di operazioni attinenti all’attività d’impresa” e all’ “eventuale sussistenza dei requisiti di cui all’articolo 109 Tuir”.

Le conclusioni a cui giunge la Suprema Corte nelle due pronunce sopra illustrate paiono particolarmente penalizzanti per le imprese non appartenenti al settore bancario e finanziario; infatti, partendo dall’evoluzione normativa che ha subito l’articolo 112 del Tuir, tesa ad uniformare il trattamento fiscale dei derivati sia per i soggetti “industriali” che per quelli “finanziari”, appare, in una logica sistematica, poco coerente applicare una disciplina tributaria “diversificata” tra soggetti “industriali” e quelli “finanziari”.

Regime fiscale dei derivati con finalità «di copertura»

I commi 4 e 5 dell’articolo 112 del Tuir stabiliscono, invece, le regole per il concorso alla formazione del reddito dei componenti positivi e negativi derivanti dalla valutazione o dal realizzo degli strumenti finanziari derivati aventi finalità “di copertura”.

L’applicazione delle predette disposizioni presuppone, pertanto, l’esistenza di una finalità di copertura del derivato detenuto; al fine di individuare tale finalità, il comma 6 dell’articolo 112 rimanda alla corretta applicazione dei principi contabili adottati dall’impresa. Più specificamente, il principio contabile Oic 32 (§ 71) subordina la contabilizzazione dei derivati di copertura, con le regole “semplificate” dell’“hedge accounting”, al soddisfacimento congiunto dei seguenti criteri:

1) la relazione di copertura deve consistere solo di strumenti di copertura ammissibili ed elementi coperti ammissibili;

2) ai sensi dell’articolo 2426 comma 1, numero 11-bis, del Codice Civile “si considera sussistente la copertura in presenza, di stretta e documentata correlazione tra le caratteristiche dello strumento o dell’operazione coperti e quelle dello strumento di copertura”; all’inizio della relazione di copertura, quindi, vi deve essere una designazione e una documentazione formale della relazione di copertura stessa, degli obiettivi della società nella gestione del rischio e della strategia nell’effettuare la copertura. Tale documentazione deve includere l’individuazione dello strumento di copertura, dell’elemento coperto, della natura del rischio coperto e delle modalità con cui la società valuterà se la relazione di copertura soddisfi o meno i requisiti di efficacia della copertura stessa (compresa l’analisi delle fonti di inefficacia della copertura e di come essa determina il “rapporto di copertura”);

3) la relazione di copertura deve soddisfare, a sua volta, tutti i seguenti requisiti di efficacia (§ 18):

a) sussistenza di una relazione economica tra l’elemento coperto e lo strumento di copertura, tale che il valore dello strumento di copertura varia al variare, in relazione al rischio oggetto della copertura, nella direzione opposta di quello dell’elemento coperto;

b) l’effetto del rischio di credito della controparte dello strumento finanziario derivato e dell’elemento coperto, qualora il rischio di credito non sia il rischio oggetto di copertura, non prevalga sulle variazioni di valore risultanti dalla relazione economica, attendendosi, pertanto, che il rischio di credito non incida significativamente sul fair value dello strumento di copertura e dell’elemento coperto;

c) rapporto di copertura (pari al rapporto tra le quantità di strumenti derivati utilizzati e le quantità di elementi coperti) normalmente pari a 1:1, cioè uno strumento finanziario derivato che copre esattamente l’elemento coperto. Si sottolinea che il calcolo del rapporto di copertura deve essere tale da non determinare ex ante l’inefficacia della copertura stessa. Qualora gli elementi portanti dello strumento di copertura e dell’attività/passività coperta corrispondono o sono strettamente allineati, lo standard contabile ammette che la verifica della relazione economica tra l’elemento coperto e lo strumento di copertura possa avvenire non in via “quantitativa” ma in via “qualitativa”.

Il principio contabile Oic 32 (§ 72) chiarisce che sono elementi portanti l’importo nominale, la data di regolamento dei flussi finanziari, la scadenza e la variabile sottostante. Al ricorrere di tali elementi, fatta salva la verifica della sussistenza del requisito del rischio di credito di cui alla precedente lettera 2.c), si giunge alla conclusione che il valore dello strumento di copertura evolve nella direzione opposta di quello dell’elemento coperto per effetto di uno stesso rischio e che, quindi, tra elemento coperto e strumento di copertura esiste una relazione economica non casuale, che si riverbera sul piano fiscale ex articolo 83 del Tuir.

Pertanto, qualora le operazioni di copertura sono poste in essere mediante strumenti finanziari derivati aventi caratteristiche (scadenza, valore nominale, data di regolamento dei flussi finanziari e variabile sottostante) che corrispondono o sono strettamente allineate a quelle dell’elemento coperto (c.d. “relazioni di copertura semplici”) e il derivato è stipulato a condizioni di mercato (es. forward oppure swap che hanno un fair value prossimo allo zero), alla data di rilevazione iniziale la società può applicare il sopra indicato modello contabile “semplificato”. Con riferimento alla relazione di copertura ed ai conseguenti oneri documentali, il comma 6 dell’articolo 112 deve essere coordinato con la modifica che il Dm 03/08/2017 ha apportato all’articolo 7, comma 4 del Dm 08/06/2011 (disposizione applicabile ai soggetti Oic adopter, diversi dalle micro-imprese, ex articolo 2, comma 1, lettera b), n. 4 del medesimo Dm 03/08/2017). La disposizione contenuta nell’articolo 7, comma 4 del Dm 08/06/2011 fissava un principio di carattere generale (allora vigente per i soli soggetti Ias/Ifrs adopter), in base al quale la relazione di copertura assumeva rilevanza fiscale se e nella misura in cui risultava da un atto di data certa anteriore o contestuale alla negoziazione dello strumento di copertura. L’obiettivo della norma era quello di evitare, ex post, arbitraggi fiscali. Anche in considerazione di tali criticità, il Dm 3 agosto 2017 ha integrato il comma 4 dell’articolo 7 del Dm 38 giugno 2011 precisando che la relazione di copertura possa emergere, non più solo attraverso un atto di data certa anteriore o contestuale alla negoziazione dello strumento di copertura, ma anche «dal primo bilancio di esercizio approvato successivamente alla data di negoziazione dello strumento di copertura».

Le coperture previste dall’Oic 32: «fair value hedging» e «cash flow hedging»

L’analisi del trattamento tributario dei derivati di copertura non può prescindere da un coordinamento preliminare con le due tipologie di relazioni di copertura previste dal principio Oic 32: copertura delle variazioni di fair value e copertura di flussi finanziari. La prima si applica ai casi in cui l’obiettivo della copertura è quello di limitare l’esposizione al rischio delle variazioni di fair value di attività, passività iscritte in bilancio o impegni irrevocabili (Oic 32, paragrafo 15), che in assenza di una copertura potrebbero influenzare il risultato d’esercizio mentre la seconda viene applicata nei casi in cui l’obiettivo della copertura è quello di limitare l’esposizione al rischio di variabilità dei flussi finanziari attribuibili ad attività, passività iscritte in bilancio, ad impegni irrevocabili oppure operazioni programmate altamente probabili (Oic 32, paragrafo 16), che in assenza di una copertura potrebbero influenzare il risultato d’esercizio.

In relazione alla prima tipologia di copertura (c.d. “fair value hedge”), in cui i derivati sono iscritti in bilancio con la finalità di copertura di attività o passività, trova applicazione il comma 4 dell’articolo 112 del Tuir, secondo cui “i relativi componenti positivi e negativi derivanti da valutazione o da realizzo concorrono a formare il reddito secondo le medesime disposizioni che disciplinano i componenti positivi e negativi, derivanti da valutazione o da realizzo, delle attività o passività rispettivamente coperte o di copertura”. La norma citata esplicita il principio fiscale della c.d. “simmetria valutativa”, ovvero di valutazione coerente tra derivato e sottostante, per cui i risultati della valutazione o del realizzo dei contratti derivati di copertura sono “attratti” al regime previsto per le componenti positive o negative delle attività o passività, rispettivamente, coperte o di copertura (cfr. Circ. Assonime n. 13/2006, § 2.2.6).

In relazione, invece, alla seconda tipologia di copertura (c.d. “cash flow hedge”), in cui i derivati sono iscritti in bilancio con la finalità di copertura dei rischi relativi ad attività o passività generalmente produttive di interessi, trova applicazione il comma 5 dell’articolo 112 del Tuir, che prevede che “i relativi componenti positivi e negativi concorrono a formare il reddito, secondo lo stesso criterio di imputazione degli interessi, se le operazioni hanno finalità di copertura di rischi connessi a specifiche attività e passività, ovvero secondo la durata del contratto, se le operazioni hanno finalità di copertura di rischi connessi ad insiemi di attività e passività”. Pertanto, in ipotesi di copertura di flussi finanziari (“cash flow hedge”), gli utili o le perdite generati dallo strumento con finalità di copertura concorrono alla determinazione della base imponibile al momento della loro imputazione a conto economico, secondo le disposizioni del comma 5 dell’articolo 112 del Tuir.

Trattamento riservato alle micro-imprese

L’articolo 2435-ter, comma 3 del Codice Civile precisa che alle micro-imprese “non sono applicabili le disposizioni di cui […] al numero 11-bis del primo comma dell’articolo 2426”, in materia di rilevazione di strumenti derivati. Di conseguenza, per le società cd. “micro-imprese” non trovano applicazione le modifiche introdotte dal Dlgs n. 139/2015 in merito alla rappresentazione contabile dei derivati in bilancio, con l’impossibilità, da parte di tali soggetti, di rilevare nello stato patrimoniale tali strumenti finanziari. Il principio contabile Oic 32 precisa, tuttavia, l’obbligo, ove ne ricorrano le condizioni previste dal principio contabile sui fondi per rischi ed oneri (Oic 31), di contabilizzare un fondo per rischi ed oneri, qualora emergano dei differenziali negativi alla fine dell’esercizio rispetto al valore iniziale dello strumento derivato. Ai sensi dell’articolo 83, comma 1 del Tuir (come modificato dall’articolo 8, comma 1, lettera a) del Dl n. 73/2022, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 122/2022), i soggetti che si qualificano come micro-imprese, in quanto non superano i limiti dimensionali di cui all’articolo 2435-ter del Codice Civile, ma che scelgono di non adottare le semplificazioni per esse previste e di redigere il bilancio in forma ordinaria, determinano il reddito d’impresa applicando il principio di derivazione rafforzata, per effetto del quale valgono «i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti dai rispettivi principi contabili», con il conseguente riconoscimento fiscale della rappresentazione contabile fondata sul principio di prevalenza della sostanza sulla forma, come declinato dai principi contabili. Il principio di derivazione rafforzata non trova, invece, applicazione in relazione ai soggetti che rientrano nella definizione di micro-impresa e che non hanno optato per la redazione del bilancio in forma ordinaria. Sotto il profilo fiscale, le micro-imprese, per espressa previsione normativa, sono escluse dal regime derogatorio di cui al comma 3-bis dell’articolo 112 del Tuir; pertanto, i componenti negativi di reddito derivanti dalla valutazione degli strumenti finanziari derivati, in applicazione del comma 3 dell’articolo 112 citato, non potranno essere superiori alla differenza tra il valore del contratto (o della prestazione alla data della stipula o a quella di chiusura dell’esercizio precedente) e il corrispondente valore alla data di chiusura dell’esercizio.

In merito al trattamento fiscale dei derivati da parte delle micro-imprese, si segnala l’orientamento espresso, seppur in relazione a fattispecie particolari, dall’Agenzia delle Entrate con le risposte ad interpello n. 121/2020 e n. 323/2020.

In particolare, con la risposta ad interpello n. 121/2020 l’Amministrazione Finanziaria, appurata la natura di micro-impresa della società istante, ha richiamato il dato normativo di cui al comma 2 dell’articolo 112 del Tuir e, quindi, la rilevanza fiscale dei componenti positivi e negativi scaturenti dalla valutazione dei derivati alla data di chiusura dell’esercizio e il tetto alla deducibilità dei relativi componenti negativi previsto dal successivo comma 3. Confermando l’applicazione del principio di derivazione dell’imponibile fiscale dal risultato di bilancio, l’Amministrazione ha, inoltre, ribadito che “in sede di realizzo degli strumenti finanziari derivati in esame, si determineranno componenti positivi o negativi che concorreranno alla formazione del reddito di periodo, ai sensi dell’articolo 83 del Tuir”.
Da tali argomentazioni è sorto il dubbio che andassero considerate, in ogni caso, imponibili le variazioni positive del valore dei derivati “non di copertura”, ancorché non rilevate in bilancio (con conseguente obbligo di appostare in dichiarazione una variazione in aumento).

La successiva risposta ad interpello n. 323/2020 ha dissolto tale dubbio. A seguito di una rappresentazione contabile assunta in derivazione ex articolo 83 del Tuir, l’Agenzia ha, innanzitutto, ricordato che, per tali tipologie di imprese, “la rilevazione contabile degli strumenti finanziari derivati, in linea di principio, è inibita in considerazione di quanto disposto dall’articolo 2435-ter comma 3”. Ne consegue, ha proseguito l’Amministrazione, “che, per tali soggetti, l’assenza della rilevazione delle eventuali oscillazioni del valore del derivato detenuto con finalità diverse dalla copertura rende, nella sostanza, ininfluente l’applicazione delle previsioni contenute nei commi 2 e 3 dell’articolo 112 del Tuir, ferma restando l’inclusione, in linea di principio, del fenomeno nell’ambito di applicazione del menzionato articolo”. Sulla base di tali considerazioni, occorre, pertanto, concludere che, ai fini Ires, “non si è in presenza di alcun componente di reddito che risulta dalla valutazione degli strumenti finanziari derivati alla data di chiusura dell’esercizio e, di conseguenza, il valore fiscale dello strumento in esame non subisce alcuna variazione”; naturalmente, in linea con quanto espresso nella precedente risposta n. 121/2020, «resta fermo che, la differenza tra il corrispettivo incassato ed il valore fiscale del derivato (non inciso da alcuna valutazione avente rilevanza fiscale) concorre alla formazione del reddito nel periodo d’imposta in cui avviene il realizzo […] ai sensi dell’articolo 83 del Tuir».

Nell’ambito della medesima risposta n. 323/2020, l’Agenzia si è, inoltre, occupata del trattamento fiscale degli accantonamenti che alimentano l’eventuale fondo rischi ed oneri rilevato in bilancio, anche dalle micro-imprese, in ipotesi di perdite attese sui derivati da esse detenuti (secondo quanto previsto, a livello contabile, dal già citato Oic 31).
In merito alla natura fiscale di tale fondo, nel tempo si sono confrontate due tesi: la prima lo identificava come un fondo fiscalmente non deducibile ex articolo 107, comma 4 del Tuir, mentre la seconda lo considerava espressione del fair value negativo dei derivati, ammettendone la deducibilità, seppur nei limiti del comma 3 dell’articolo 112 del Tuir.
Con la risposta n. 323/2020, l’Amministrazione si allinea alla prima tesi sopra indicata, affermando che «ai componenti negativi che alimentano l’eventuale fondo di cui al paragrafo 22 dell’Oic 31, si è in presenza di componenti di reddito la cui classificazione fiscale è riconducibile agli accantonamenti di cui al comma 4 dell’articolo 107 del Tuir», stabilendone, in sostanza, l’indeducibilità sino al momento del realizzo del relativo strumento.


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