Diritto

Composizione negoziata cambia il test d’ingresso

Il ministero della Giustizia ha previsto l’inserimento delle risorse finanziarie

di Giuseppe Acciaro, Alessandro Danovi e Andrea Panizza

Nel test pratico sulla ragionevole perseguibilità del risanamento presente sulla piattaforma telematica nazionale di accesso al percorso di composizione negoziata per la soluzione delle crisi d’impresa andranno inserite anche le disponibilità finanziare dell’impresa. Lo ha previsto il ministero della Giustizia con il decreto del 21 marzo 2023 che ha integrato il decreto del 28 settembre 2021, rimediando così all’originaria mancata inclusione nel calcolo dell’entità del debito da ristrutturare.

La piattaforma telematica gestita dalle Camere di commercio è composta da due aree, una pubblica di tipo informativo e l’altra “riservata” alle domande formali. Il test fa parte della sezione pubblica e permette una valutazione preliminare della complessità del risanamento e dei suoi tempi, attraverso il rapporto tra l’entità del debito che deve essere ristrutturato e quella dei flussi finanziari.

La nuova voce

Il test pratico permette la valutazione del tempo ragionevolmente necessario per il risanamento dell’impresa in crisi e si basa sulla capacità prospettica dell’impresa di generare flussi a regime, sia correnti che derivanti da strategie in corso di attuazione.

La modifica ora apportata dal ministero della Giustizia riguarda il calcolo dell’entità del debito da ristrutturare in cui dovranno essere inserite le disponibilità finanziare.

Il loro inserimento provoca un duplice effetto che tocca da una parte la definizione dell’entità del debito e dall’altra, la stima dei tempi necessari per il risanamento. Si possono verificare due ipotesi:

O se l’ impresa ha un saldo delle disponibilità finanziarie positivo (e quindi con una liquidità sui conti correnti attivi superiore al debito risultante da eventuali conti correnti passivi) l’entità del debito da ristrutturare diminuirà e questo provocherà un assottigliamento dei tempi di risanamento in quanto, il rapporto tra Totale A del debito da ristrutturare e Totale B dei flussi annui al servizio del debito, si riduce;

O se, invece, il saldo delle disponibilità finanziarie è negativo (l’esposizione debitoria verso le banche a breve è superiore rispetto alla liquidità) il Totale A del debito da ristrutturare crescerà, determinando, di conseguenza, l’aumento dei tempi necessari per il risanamento (la maggior consistenza del debito posto al numeratore incrementa il rapporto tra Totale A e Totale B).

L’assenza del dato relativo al debito da ristrutturare rischiava, quindi, di provocare effetti distorsivi sul calcolo dei tempo di risanamento, salvo che il saldo negativo di conto corrente sia da considerare all’interno della voce “debito scaduto”.

L’effetto finanziario

Un ulteriore elemento che dovrebbe essere attratto nella base di calcolo è l’esposizione dell’effetto finanziario che deriva (o potrebbe derivare) dalla movimentazione delle poste riconducibili al capitale circolante netto (Ccn).

In alcuni casi infatti questa componente potrebbe essere rappresentata da importi rilevanti, in grado di condizionare il risultato del calcolo. Nonostante questo, nel test non c’è alcun riferimento riconducibile all’effetto derivante dall’andamento di tali poste contabili.

In realtà, dubbi sulla reale utilità del test pratico erano emersi fin da quando il test è stato previsto dal decreto del 28 settembre 2021. Le perplessità riguardavano la necessità di introdurre nuovi strumenti che devono essere utilizzati da imprese spesso poco organizzate da un punto di vista amministrativo, invece di ricorrere a più noti e diffusi indicatori (ad esempio il rapporto Pfn/Ebitda) in grado di garantire le stesse informazioni ma con una maggiore semplicità di calcolo (sebbene anche il rapporto Pfn/Ebitda non consideri l’effetto derivante dalle variazioni del Ccn).

La facilità di applicazione del test pratico appare meritevole di un approfondimento metodologico da parte del legislatore anche alla luce della bassa percentuale (circa il 32%) di elaborazione riscontrata nelle domande di composizione negoziata già presentate.

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