Controlli e liti

Le verifiche fiscali non fermano il ravvedimento operoso

Per la Cassazione resta comunque fermo il limite invalicabile della notifica degli atti di liquidazione e accertamento che blocca il ravvedimento

di Stefano Mazzocchi

Per i tributi amministrati dall’agenzia delle Entrate, la possibilità di ricorrere al ravvedimento operoso prescinde dalla circostanza che la violazione sia già stata constatata o che siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali il contribuente abbia avuto formale conoscenza.

Resta comunque fermo il “limite invalicabile” dell’avvenuta notifica di atti di liquidazione e di accertamento, comprese le comunicazioni in base agli articoli 36-bis e 36-ter, Dpr 600/73 e 54-bis, Dpr 633/72: in presenza di tali atti, quindi, è precluso l’accesso al ravvedimento. Questo principio è stato affermato dalla quinta sezione tributaria della Corte di Cassazione con l’ordinanza 19 ottobre 2022, n. 37940, depositata lo scorso 28 dicembre.

Per comprendere le conclusioni cui sono approdati i giudici, occorre prendere le mosse dal primo comma, primo periodo, dell’articolo 13, Dlgs 18 dicembre 1997, n. 472, ai sensi del quale la riduzione della sanzione in applicazione dell’istituto del ravvedimento opera «sempreché la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore o i soggetti solidalmente obbligati, abbiano avuto formale conoscenza».

La regola appena esposta incontra un’importante deroga nel successivo comma 1-ter del medesimo articolo 1, Dlgs 472/1997, secondo cui «non opera la preclusione di cui al comma 1» - vale a dire, l’impossibilità di accedere al ravvedimento qualora il contribuente abbia avuto formale conoscenza dell’avvio di una verifica fiscale – per i tributi amministrati dall’agenzia delle Entrate, fatta salva la notifica di atti di liquidazione e di accertamento, comprese le comunicazioni di cui ai richiamati articoli 36-bis e 36-ter, Dpr 600/73, e 54-bis, Dpr 633/72. Per espressa previsione normativa, la medesima preclusione non opera neppure per i tributi doganali e le accise.

Quella della Cassazione appare una lettura del tutto coerente con la circolare dell’agenzia delle Entrate 12 maggio 2022, n. 11/E, interpretativa dei richiamati commi 1 e 1-ter dell’articolo 13, Dlgs 472/1997, alla luce delle novità introdotte in materia di ravvedimento dalla legge 23/12/2014, n. 190 (legge di Stabilità 2015).

Il legislatore ha quindi ampliato sotto il profilo temporale l’utilizzabilità del ravvedimento fino alla scadenza dei termini di accertamento (oltre che il novero dei comportamenti oggetto di ravvedimento). Con la pronuncia in commento la Corte ha inoltre sottolineato che anche sotto il profilo penale, coerentemente, il legislatore ammette la possibilità di accedere all’istituto sanzionatorio agevolato anche in presenza di una condotta dichiarativa fraudolenta.

Dal combinato disposto degli articoli 13 e 13-bis, comma 2, Dlgs 10/3/2000, n. 74, invero, emerge che, disciplinando gli effetti penali prodotti dal ravvedimento mediante integrale pagamento degli importi dovuti – prima e dopo l’avvio di qualunque attività istruttoria, salva la preclusione derivante dalla notifica di atti impositivi, «la norma – hanno evidenziato i giudici di legittimità – ammette di fatto la legittimità del ravvedimento stesso anche sotto il profilo sanzionatorio amministrativo e la conseguente estinzione delle sanzioni oltre alla definizione del dovuto per tributi».

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