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Affitti brevi, non solo inquilini: «schedatura» in vista anche per i locatori

I dati risultanti dalle comunicazioni in Questura vengono poi trasmessi dal ministero dell’Interno alle Entrate

di Dario Aquaro

Dopo gli inquilini, è (di nuovo) il turno dei locatori. Con la firma del decreto ministeriale (ancora in attesa di pubblicazione) nelle scorse settimane è arrivato il via libera a istituire una banca dati delle strutture ricettive e degli immobili destinati alle locazioni brevi. Una sorta di “schedatura” che andrà a fare il paio con quella già prevista per le persone alloggiate e che, in chiave anti-evasione, mette nel mirino la «correttezza degli adempimenti fiscali» di chi affitta casa.

Queste le novità: strutture ricettive e immobili affittati per periodi inferiori a 30 giorni verranno identificati con un codice regionale oppure – se questo non è previsto dalle norme regionali – un codice alfanumerico attribuito dalla stessa banca dati nazionale. Il codice andrà esposto in ogni annuncio. E ci saranno sanzioni per chi pubblicizzerà, anche tramite agenzie di intermediazione o portali online, il proprio alloggio privo di codice: da 500 a 5mila euro per ogni unità non “schedata” (che diventano il doppio se la violazione è reiterata).

La firma del decreto attuativo è arrivata solo ora, ma le due novità (banca dati e codici) sono state previste più di due anni fa dal Dl “crescita” 34/2019. E per la nascita della piattaforma che raccoglierà tutte le informazioni bisognerà aspettare ancora: nelle prossime settimane il ministero del Turismo ne affiderà la realizzazione tramite procedura pubblica e definirà un protocollo di intesa con Regioni e Province autonome, da siglare entro 90 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale del decreto. Sarà poi questo protocollo a fissare l’entrata in vigore dell’obbligo del codice identificativo. Insomma: per completare l’iter servirà ancora qualche mese.

L’avviso in Questura
A quel punto, però, il nuovo obbligo dei locatori si aggiungerà all’altro – già attivo – che coinvolge gli inquilini. Chi affitta o subaffitta le abitazioni per brevi periodi (fino a 30 giorni) deve infatti comunicare alla Questura le informazioni sulle persone alloggiate. Perché lo stesso obbligo già previsto dall’articolo 109 del Tupls per i gestori di esercizi alberghieri e di altre strutture ricettive, «nonché i proprietari o gestori di case e di appartamenti per vacanze e gli affittacamere», è stato esteso anche «ai locatori o sublocatori che locano immobili o parti di essi con contratti di durata inferiore a 30 giorni» (Dl “sicurezza” 113/2018, convertito dalla legge 132/2018).

Entro le 24 ore dall’arrivo (o immediatamente per i soggiorni inferiori a 24 ore), le generalità degli ospiti vanno comunicate alla Questura tramite il sito del “Servizio Alloggiati” della Polizia di Stato (https://alloggiatiweb.poliziadistato.it). E l’eventuale sanzione è quella dell’articolo 107 del Tulps: arresto fino a tre mesi o ammenda fino a 206 euro.

L’invio di queste “schedine alloggiati” è semplice e richiede pochi minuti: basta compilare i campi con le date di arrivo, i giorni di permanenza, le generalità degli ospiti e i dati dei loro documenti d’identità. Per operare sul portale, però, è necessario chiedere le credenziali d’accesso alla Questura territorialmente competente; e poi procedere alla corretta importazione del certificato digitale, in base al browser utilizzato.

Si tratta di un adempimento che non è richiesto per le locazioni lunghe, le quali – proprio in quanto superiori a 30 giorni – devono essere per forza registrate alle Entrate: l’obbligo di comunicazione viene assorbito dalla registrazione stessa del contratto, tranne quando l’inquilino è un soggetto extracomunitario, nel qual caso la comunicazione è necessaria. Per gli affitti brevi, invece, prima che il Dl 113/2018 precisasse l’estensione dell’articolo 109 del Tulps, l’obbligo di comunicazione dei dati degli alloggiati era in una specie di limbo normativo: molto era lasciato alla discrezionalità di Comuni e Regioni.

Le informazioni al Fisco
Non solo. I dati risultanti dalle comunicazioni in Questura vengono poi trasmessi dal ministero dell’Interno all’agenzia delle Entrate. E questo in virtù di un’altra disposizione del Dl “crescita” 34/2019, che però – a differenza della banca dati – è stata attuata già l’anno scorso con il Dm Economia 11 novembre 2020. In sostanza, l’Interno fornisce i dati («in forma anonima e aggregata per struttura ricettiva») all’Agenzia, che li rende disponibili, anche a fini di monitoraggio, ai Comuni che hanno istituito l’imposta o il contributo di soggiorno. Questi dati, insieme a quelli trasmessi dagli intermediari immobiliari, vengono quindi usati dalle Entrate anche «ai fini dell’analisi del rischio relativamente alla correttezza degli adempimenti fiscali».