I temi di NT+Modulo 24

Accertamento senza prove, il giudice non può limitarsi ad annullare l’atto

Se l’atto impositivo non è affetto da vizi di legittimità ma solo da profili di infondatezza sotto l’aspetto sostanziale, bisogna entrare nel merito della pretesa tributaria

di Luigi Lovecchio

In caso di accertamento completamente infondato, in quanto carente di prova, il giudice non può comunque procedere all’annullamento dell’atto ma deve determinare la pretesa impositiva sulla base dei documenti di causa, poiché il processo tributario è qualificato non di mero annullamento ma di impugnazione - merito. L’ordinanza 22188/2022 della Corte di cassazione affronta un tema “classico” che si pone al confine tra l’accertamento e il processo tributario e che riguarda il perimetro del sindacato richiesto ai giudici tributari.

La vicenda contenziosa riguardava un accertamento totalmente induttivo, emesso ai sensi dell’articolo 39, comma 2, Dpr 600/1973, poiché il contribuente non aveva presentato la dichiarazione dei redditi nei termini, avendo trasmesso una dichiarazione tardiva. Il giudice di appello aveva annullato l’atto, in quanto, si legge in sentenza, aveva ritenuto la pretesa «del tutto sfornita di prova».

La Suprema Corte ha riformato la sentenza, asserendo che, laddove l’atto impositivo non sia affetto da vizi di legittimità – quale ad esempio la motivazione -, ma unicamente da profili di infondatezza sotto l’aspetto sostanziale, il giudice non può limitarsi ad annullare l'accertamento ma è tenuto ad entrare nel merito della pretesa tributaria, al fine di ricondurla alla sua corretta misura. Il tutto in nome della nota costruzione teorica del processo come processo di impugnazione merito.

Messa in questi termini, però, la statuizione della Corte finisce per legittimare anche accertamenti “al buio”, totalmente infondati, che vengono in un certo senso costruiti a posteriori, in sede processuale, sulla base di criteri e documenti esibiti solo in tale contesto. È davvero sorprendente leggere che nel caso deciso dalla Corte i giudici di merito avevano addirittura ritenuto totalmente mancante la prova della fondatezza dell’avviso, che pure incombe all’Ufficio, per pacifico insegnamento di dottrina e giurisprudenza, salvo l’operare delle presunzioni legali.

L’accertamento tuttavia non può essere costruito secondo tali criteri, poiché in tal modo si verrebbe surrettiziamente a eludere sinanche l’obbligo di motivazione degli atti impositivi, per non parlare del dovere di “buona amministrazione” che discende dall’articolo 97 della Costituzione. Si è dunque nella convinzione che il provvedimento impositivo debba essere confezionato non solo con una adeguata motivazione ma anche con sufficienti elementi di prova che tuttavia, alla luce del consolidato orientamento della Cassazione, possono essere esibiti anche nella successiva sede processuale. Resta però inteso che la mancata ostensione dei suddetti elementi davanti al giudice non può che portare all’annullamento della pretesa e non alla libera riliquidazione della stessa in fase giudiziale.

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