Diritto

I paletti della Cassazione sulla bancarotta: la sola cattiva gestione non fa scattare il reato

Servono condotte specifiche volte a ritardare il fallimento e a recar danno ai creditori

di Giovanbattista Tona

La Cassazione delimita le ipotesi in cui ricorre la responsabilità penale dell'imprenditore che ha condotto la sua azienda al dissesto. Diverse sentenze emesse all’inizio di questo anno in tema di bancarotta, oltre a ribadire principi già affermati, esaminano con particolare rigore le condizioni che fanno scattare il reato.

Servono condotte specifiche

Per integrare gli illeciti penali di bancarotta non basta la mala gestio dell'impresa poi dichiarata fallita: vanno dimostrate condotte specifiche volte a ritardare il fallimento o ad arrecare pregiudizio ai creditori. A chiarirlo è la sentenza n. 118 del 5 gennaio scorso.

Nelle condotte di depauperamento del patrimonio aziendale vanno distinte quelle riconducibili alla bancarotta semplice da quelle proprie della bancarotta fraudolenta. Nel primo e meno grave reato, rientrano le operazioni realizzate dall’imprenditore solo per ritardare il fallimento (con alto grado di rischio e limitate possibilità di successo) o quelle gravemente imprudenti. In tali casi, oltre alla verifica dell’avventatezza delle operazioni, occorre la prova della consapevolezza della situazione di dissesto.

La Cassazione ha infatti precisato che la sottocapitalizzazione di una società non può essere indice esclusivo di dissesto. La sottocapitalizzazione è una situazione di carenza di mezzi propri rispetto al livello necessario per perseguire gli obiettivi aziendali. Può rendere più probabile l’incapacità di onorare i propri debiti ma non coincide di per sé con la condizione di grave crisi finanziaria che fa da presupposto alla bancarotta e che non può darsi per dimostrata per il solo dato della sottocapitalizzazione.

Nella bancarotta fraudolenta, invece, secondo i giudici di legittimità, è necessario che venga provata la finalità di profitto per sè o per altri o l'intenzione di arrecare pregiudizio ai creditori.

Scritture contabili

Il reato di bancarotta semplice (reclusione da sei mesi a due anni), e quello di bancarotta fraudolenta (reclusione da tre a dieci anni), possono essere commessi non consentendo al curatore fallimentare la ricostruzione del patrimonio e degli affari mediante documentazione contabile attendibile o impedendogli il recupero materiale dei beni dell'impresa dopo l'apertura della procedura concorsuale.

Con la sentenza 1369 del 14 gennaio la Cassazione ha precisato però che la condotta di bancarotta fraudolenta può essere contestata all’imprenditore che non ha tenuto con regolarità le scritture contabili obbligatorie solo se vi è la prova del dolo generico, cioè della consapevolezza di rendere impossibile in caso di dissesto la ricostruzione del patrimonio. Una prova che è comunque possibile ricavare dal comportamento del fallito che consegna una parte della documentazione e non fa rinvenire quella relative alle operazioni che hanno preceduto il fallimento.

La sentenza 2036 del 18 gennaio ha invece escluso che la prova dello scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori possa essere ricavata dalla falsità dell’indicazione data dall'amministratore formale della società al curatore sul soggetto che aveva in custodia la documentazione contabile.

Dalla mera sottrazione, distruzione o omessa tenuta non può, inoltre, desumersi l’intenzione di recare pregiudizio ai creditori. Secondo la sentenza 120 del 5 gennaio, non si può dare per accertata questa finalità sol perché l'imprenditore non avrebbe potuto perseguire altre finalità occultando la documentazione contabile. In tale modo si sovrappone il movente all'elemento soggettivo e si vanifica la differenza tra la bancarotta documentale semplice, dove è sufficiente la colpa ed è indifferente la finalità, e la bancarotta documentale fraudolenta che richiede specifica prova del dolo e della coscienza e volontà di impedire la ricostruzione del patrimonio.

LA GIURISPRUDENZA

1. Ritardo
Risponde di bancarotta semplice l’imprenditore che, per colpa grave o omettendo di richiedere il fallimento, provoca l’aggravamento del dissesto della situazione economico-finanziaria. Rileva non il mero ritardo nella richiesta di fallimento ma una consapevole omissione resa evidente dalle dinamiche gestionali. Cassazione, 118/2022

2. Valore dei documenti
Oggetto del reato di bancarotta fraudolenta documentale può essere qualsiasi documento contabile relativo alla vita dell’impresa, dal quale sia possibile conoscere i tratti della sua gestione, mentre oggetto della bancarotta semplice documentale sono solo le scritture obbligatorie. Cassazione, 1369/2022

3. Pregiudizio ai creditori
Nella bancarotta fraudolenta documentale (differentemente dalla bancarotta semplice documentale) la sottrazione, distruzione o omessa tenuta delle scritture contabili punta ad arrecare pregiudizio ai creditori ma tale intenzione non può essere dimostrata richiamando implausibili scopi alternativi. Cassazione 120/2022

4. Occultamento delle scritture
Nella bancarotta fraudolenta documentale lo scopo di procurare a sè o ad altri un ingiusto profitto o di recare un pregiudizio ai creditori non può ricavarsi solo dalla prova dell'occultamento fraudolento delle scritture o dall'inverosimiglianze delle giustificazioni fornite al curatore fallimentare. Cassazione 2036/2022

5. Provenienza illecita dei beni
La provenienza illecita dei beni distratti non esclude il delitto di bancarotta patrimoniale, per la cui configurabilità deve guardarsi alla consistenza obiettiva del patrimonio, prescindendo dai modi della sua formazione. Sicchè anche tali beni possono diventare cespiti idonei a soddisfare i creditori. Cassazione 124/2022

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