Diritto

Iter negoziato, il nodo crediti garantiti dello Stato

L’attuale situazione di crisi sta inducendo molte aziende a valutare interventi di ristrutturazione fra cui la composizione negoziata della crisi introdotta dal <a uuid="" channel="" url="https://viewerntpro.ilsole24ore.com/private/default.aspx?appid=4239&redirect=false&origine=fisco#showdoc/37536811" target="">Dl 118/2021 </a>e di altre procedure come gli accordi di ristrutturazione o il concordato con continuità, al fine di preservare il tessuto imprenditoriale

di Sandro Feole

L’attuale situazione di crisi sta inducendo molte aziende a valutare interventi di ristrutturazione fra cui la composizione negoziata della crisi introdotta dal Dl 118/2021 e di altre procedure come gli accordi di ristrutturazione o il concordato con continuità, al fine di preservare il tessuto imprenditoriale.

Ma cosa succede quando il default di un credito bancario è sostenuto dalle garanzie rilasciate da Mediocredito centrale e Sace e queste ultime, chiamate dalle banche, chiedono l’escussione delle proprie garanzie? Non si tratta di casi limitati perché per aiutare le imprese a far fronte alla crisi innescata dalla pandemia, lo Stato ha scelto la via della finanza bancaria, sorretta dalle garanzie Mcc e Sace sulla cui base gli istituti di credito hanno erogato prestiti per oltre 202 miliardi di euro a circa 2,5 milioni di partite Iva (dato a ottobre 2021).

La diffusa presenza di indebitamento bancario garantito dallo Stato pone quindi il tema della formulazione da parte delle imprese in crisi di offerte transattive alle banche che, per la natura del loro credito risulterebbero classificate al chirografo mentre la garanzia statale sottostande gode di un privilegio generale (articolo 8-bis del Dl 3/2015).

Molti istituti di credito chiamati alle fasi cruciali della composizione, prima di deliberare sulle proposte fatte dalle imprese, si rivolgono quindi a Mcc e Sace per comprendere quale posizione tenere. Ciò condiziona in modo rilevante l’esito delle composizioni e rischia di allungare i tempi al di là delle scadenze fissate dal Dl 118/2021.

Il regolamento del ministero per lo Sviluppo economico già prevede al paragrafo H, la procedura telematica che la banca può attivare per l’escussione delle garanzie e il modello allegato 16, con il quale la banca può formalizzare la richiesta, stabilisce che la stessa è improcedibile se l’impresa non offre almeno il 15% del debito.

Il 15% rispetto allo zero che solitamente le procedure concedono ai creditori chirografari, è una percentuale rilevante e la valutazione di convenienza resta nelle mani della banca che ha concesso il prestito sulla base della garanzia statale ma che, di fronte a una proposta inferiore al 15% non può più attivare le garanzie Mcc/Sace.

La scelta spetta all’istituto di credito che dovrà valutare la convenienza dell’alternativa della liquidazione e il rischio di azzeramento di ogni possibilità di recupero negando l’accordo e innescando condizioni del possibile fallimento. È quindi di uno snodo centrale per la sorte della composizione negoziata.

La soluzione di questo impasse si può cercare nella dilazione dei tempi di rientro. Tutte le norme in materia di crisi d’impresa si stanno concentrando sulla continuità aziendale poiché è la condizione che può garantire il massimo soddisfacimento dei creditori. Concedere un termine ampio per il piano di rientro, potrebbe quindi consentire alle imprese di offrire maggior soddisfacimento a banche e Stato. Questa via è già tracciata anche nelle modifiche al Codice della crisi, dove il termine per i piani di rientro è due anni. Gli accordi di stand still già utilizzati dagli istituti di credito, potrebbero costituire una possibile soluzione a patto che risulti compatibile con le classificazioni a Utp o Npl.

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