Diritto

La Corte Ue boccia l’accesso senza limiti al Registro titolari effettivi

La direttiva 2018/843 lede la privacy in modo non proporzionato ed estraneo agli obiettivi repressivi

Ribilanciare i diritti dei titolari effettivi (Te) rispetto alle finalità perseguite dalle direttive antiriciclaggio. La sentenza della Corte Ue emessa il 22 novembre 2022 titolare nelle cause riunite C-37/20 ( Luxembourg Business Registers) e C-601/20 (Sovim) sull’accessibilità ai registri pubblici dei titolari di enti, società e trust - per quanto già ben decifrabile nella conclusioni del gennaio scorso dell’Avvocato generale Giovanni Pitruzzella -segna un punto molto importante nel fissare la ratio del sistema di prevenzione e nel suo rapporto con i diritti primari dei cittadini europei.

Decidendo sul caso di due lussemburghesi, uno dei quali titolare di 35 società, i cui dati privatissimi (nascita, residenza privata eccetera) erano di fatto liberamente accessibili da internet - e dopo che la corte nazionale aveva “benedetto” questo regime di trasparenza - la Cgue ha bocciato alla fonte la direttiva antiriciclaggio 2018/843, nella parte che consente agli Stati membri di prevedere che le informazioni sulla titolarità effettiva delle società e delle altre entità giuridiche costituite sul loro territorio siano accessibili «in ogni caso» al pubblico. Il punto di attrito della vicenda non riguardava, ovviamente, i poteri di accesso al registro dei titolari effettivi da parte delle autorità e delle agenzie statali e per le finalità proprie della direttiva (individuare e reprimere il riciclaggio), quanto piuttosto la finestra prevista genericamente per il pubblico: accesso che per ampiezza, modalità (telematiche) e per la libera riproducibilità e conservazione dei dati scaricati finisce per comprimere in modo molto forte - ed estraneo alle finalità di politica repressiva - i diritti fondamentali dei titolari di società, enti, trust, esponendoli a rischi abnormi e alla difficoltà di inseguire gli abusi.

Per la Corte, l'accesso di fatto illimitato del pubblico alle informazioni sulla titolarità effettiva è una «grave ingerenza» nei diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati personali, ingerenza non limitata allo stretto necessario né proporzionata all’obiettivo. La direttiva autorizza la messa a disposizione del pubblico di dati non abbastanza definiti né identificabili, quindi c’è «una lesione considerevolmente più grave dei diritti fondamentali garantiti dagli articoli 7 e 8 della Carta» rispetto al regime anteriore che richiedeva un «legittimo interesse» per l’accesso.

La sentenza crea un vuoto normativo la cui soluzione più immediata sarà una seria limitazione dei soggetti che possono accedere alle informazioni del Registro dei Titolari effettivi: le Fiu (Unità di informazione finanziaria), le Autorità competenti e i soggetti obbligati alla normativa antiriciclaggio così come già previsto dal Sistema europeo di interconnessione denominato Boris (Beneficial Ownership Registers Interconnection System) che prevede una rigida individuazione ed autenticazione degli utenti qualificati che rispettano la sicurezza e il trattamento dei dati.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©