Addizionale Ires da manovrare con cautela
Anche una soluzione lineare come una sovrimposta nasconde diverse insidie
In tema di riforma fiscale, l’aspetto su cui si è verificata la maggiore convergenza tra le varie forze politiche è senza dubbio la soppressione dell’Irap. Si tratta, come evidenziato dalla relazione congiunta delle commissioni parlamentari, di riassorbire il gettito Irap in quello dei tributi esistenti. Per raggiungere questo obiettivo l’ipotesi operativa più facile da attuare è la trasformazione dell’Irap in una sovrimposta Ires o Irpef. Tuttavia, anche una soluzione così apparentemente semplice genera alcune criticità di fondo, soprattutto in tema di soggetti obbligati e di determinazione della base imponibile.
Sul primo aspetto, bisogna partire dalla considerazione che i soggetti obbligati alle imposte dirette non sono tutti tenuti al pagamento dell’Irap: la variabile fondamentale per assoggettare ad Irap il valore della produzione è la presenza del requisito organizzativo, soprattutto per quanto riguarda le attività di lavoro autonomo. Se dunque l’Irap dovesse diventare una sovra imposta Irpef/Ires, non è pensabile di applicarla a tutti i soggetti, chiamando ad un aggravio di tassazione i lavoratori autonomi di dimensioni minori oggi esclusi. Diventerà quindi necessario differenziare i requisiti soggettivi tra imposta e sovrimposta, stabilendo quali sono i soggetti esclusi dalla seconda (che potrebbero in linea di massima coincidere con quelli oggi esclusi da Irap). Sarebbe però il caso di disciplinare normativamente l’esclusione, stabilendo una volta per tutte e in modo chiaro come si “misura” la presenza di organizzazione, indicando parametri quantitativi oggettivi (numero dei dipendenti, costo del lavoro, costo dei beni strumentali, e simili) in modo da troncare definitivamente il flusso di interpretazioni, contenziosi, giurisprudenza che ci ha accompagnati dall’introduzione dell’Irap fino ad oggi. Qualcuno sicuramente noterà che questo schema (addizionale con esclusione per dimensioni) di fatto ripropone esattamente lo schema dell’Ilor, ovvero della principale imposta che a suo tempo fu sostituita dall’Irap stessa.
La seconda grande criticità riguarda la base imponibile, visto che i diversi tributi (imposte dirette e Irap) hanno oggi criteri di determinazione diversi. Non è pensabile di limitarsi a trasformare l’Irap in sovrimposta mantenendone però i criteri attuali di determinazione della base imponibile, dato che non si tratterebbe di una revisione ma di un solo cambio nominativo. Inoltre, attualmente l’Irap prevede una giungla di regole (contabili, fiscali, miste) diversificate a seconda della tipologia di contribuente. La prima soluzione che viene spesso proposta è quella di calcolare la nuova sovrimposta sul reddito imponibile Irpef o Ires, aumentato degli interessi passivi e delle spese per prestazioni di lavoro oggi indeducibili ai fini dell’Irap. In questo modo, con una logica di tipo additivo, ci si avvicinerebbe molto alla situazione attuale, anche se ovviamente con variazioni nella base imponibile dei singoli soggetti. Questa soluzione, però, presterebbe nuovamente il fianco alle critiche di fondo che sono state mosse all’Irap, e segnatamente a quella di tassare le imprese che ricorrono maggiormente al mercato del lavoro o quelle già appesantite da interessi passivi.
Per arrivare ad una ipotesi veramente semplificatrice, si dovrebbe applicare la sovrimposta alla stessa base imponibile delle imposte sui redditi. In questo caso, evidentemente, la base di riferimento sarebbe più bassa di quella storicamente utilizzata per l’Irap e conseguentemente, per gestire il gettito, andrebbero rimodulate le aliquote. A livello di previsione macro, il gettito rimarrebbe invariato se l’aliquota adottata, applicata alla base imponibile Ires e Irpef, fornisse lo stesso importo oggi derivante dall’Irap. Naturalmente, anche se il gettito complessivo rimane invariato, si verificheranno differenze di carico fiscale, rispetto al passato, in capo ai singoli contribuenti.
Come si vede anche solo da queste prime semplici considerazioni, il passaggio ad un nuovo sistema che dia benefici (quanto meno in termini di semplificazioni) ai contribuenti è tutt’altro che facile da regolare. Per una volta, le complicazioni toccano al legislatore.