I temi di NT+Modulo 24

Certificazione unica e 770 per il credito d’imposta sul recupero delle somme senza ritenute

Il diritto del sostituto sorge quando non può più essere eccepita la legittimità della pretesa alla restituzione

di Cristian Valsiglio

La circolare 8/E/2021 ha fornito importanti chiarimenti interpretativi in merito alla modalità di restituzione da parte del lavoratore al datore di lavoro di somme indebitamente percepite e già assoggettate a prelievo fiscale in anni precedenti.

Si possono distinguere due modalità di ripetizione delle somme in precedenza erogate: «al netto» e al «lordo» delle ritenute fiscali applicabili.

Il primo importante chiarimento fornito dall’Amministrazione Finanziaria è volto a precisare che entrambe le modalità sono possibili e vigenti.

Le somme restituite al lordo sono disciplinate dal punto di vista tributario dalla lettera d-bis) del comma 1 dell’articolo 10 del Tuir.
Secondo tale disposizione, le predette somme costituiscono un onere deducibile indipendentemente dalla modalità di tassazione (anche separata) subita in fase di erogazione. Con tale onere deducibile (di importo pari alla somma precedentemente assoggettata a tassazione e, successivamente, rimborsata al soggetto erogatore) il contribuente recupera le imposte pagate al momento della percezione delle somme.
La norma non riguarda solo i redditi di lavoro dipendente ma anche i redditi di natura autonoma, professionale o “diversi”.

A decorrere dal 1° gennaio 2013, la disposizione è stata integrata dal comma 174 dell’articolo 1 della legge 147/2013. La finalità di quest’ultima disposizione era quella di consentire il recupero fiscale anche in presenza di un reddito complessivo incapiente.

Infatti, la legge 147/2013 confermando la piena deducibilità delle somme restituite al soggetto erogatore, se assoggettate a tassazione in anni precedenti, ha previsto: da un lato che l’ammontare, in tutto o in parte, non dedotto nel periodo d’imposta di restituzione può essere portato in deduzione dal reddito complessivo dei periodi d’imposta successivi; dall’altro, in alternativa, che il contribuente può chiedere il rimborso dell’imposta corrispondente all’importo non dedotto secondo le modalità definite dal Dm 5 aprile 2016.
Quest’ultimo decreto dispone che «il contribuente può chiedere, entro il termine di cui all’articolo 2, comma 1, il rimborso dell’importo determinato applicando all’intero ammontare delle somme non dedotte l’aliquota corrispondente al primo scaglione di reddito di cui all’articolo 11 del Tuir. La richiesta di rimborso è irrevocabile».

In sostanza, secondo tale quadro normativo, le somme al «lordo» possono essere recuperate generando un onere deducibile utilizzabile nell’anno del recupero o nei periodi d’imposta successivi in caso di incapienza del reddito ovvero tramite richiesta di rimborso del contribuendo applicando un’imposta a rimborso del 23 per cento.

Tuttavia, alla luce dell’orientamento giurisprudenziale consolidatosi negli ultimi anni in base al quale la restituzione delle predette somme deve riguardare solo le somme «effettivamente» percepite dal contribuente ovvero quelle entrate nella concreta disponibilità del percettore, il legislatore ha fornito la possibilità di gestire il recupero al «netto».

A tal fine, l’articolo 150 del Dl 34/2020 ha aggiunto il comma 2-bis all’articolo 10 del Tuir il quale afferma che «le somme di cui alla lettera d-bis) del comma 1, se assoggettate a ritenuta, sono restituite al netto della ritenuta subita e non costituiscono oneri deducibili».

Al fine di determinare l’importo netto da restituire, con particolare riferimento all’ipotesi in cui l’indebito sia relativo ad una parte della somma complessivamente erogata in anni precedenti, il sostituto sarà tenuto a sottrarre dall’importo lordo che il contribuente è tenuto a corrispondere, la quota parte delle ritenute operate ai fini Irpef (comprendendo anche le addizionali regionali e comunali), proporzionalmente riferibili all’indebito.

Per compensare il recupero al netto delle ritenute fiscali, al sostituto d’imposta spetta un credito d’imposta pari al 30% delle somme restituite. La misura del credito è calcolata sull’importo netto restituito: nel caso in cui la restituzione abbia ad oggetto somme che sono state tassate solo in parte, il credito d’imposta deve essere calcolato sulle somme restituite al netto di quelle che non erano state tassate al momento dell’erogazione.

Il diritto del sostituto a fruire del credito d’imposta sorge nel momento in cui non può più essere eccepita la legittimità della pretesa alla restituzione. Tramite la Certificazione unica e il modello 770 (Rigo SX1-Colonna 5) potrà essere recuperato il credito spettante.

La restituzione delle somme al soggetto erogatore al netto delle ritenute Irpef opera per quelle restituite dal 1° gennaio 2020, facendo salvi i rapporti già definiti alla data dal 19 maggio 2020.

Secondo quanto correttamente indicato e schematizzato dalle Entrate, la possibilità di effettuare il recupero delle somme al netto non trova applicazione se alla data del 19 maggio 2020:

il contribuente ha già restituito l’indebito al «lordo»;

per effetto di pronunce giurisdizionali passate in giudicato, sia stabilita la restituzione al «lordo», salvo diverso successivo accordo tra le parti;

sia in corso un piano di restituzione rateizzato, calcolato al «lordo» delle ritenute operate all’atto dell’erogazione, salvo diverso successivo accordo tra le parti.

In presenza di fattispecie in cui alla data del 31 dicembre 2019, a seguito di sentenza definitiva o accordo, la restituzione è stata stabilita al «netto», il sostituto d’imposta potrà fruire del credito d’imposta del 30% in relazione alle restituzioni avvenute dal 1° gennaio 2020.


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