Controlli e liti

La Tari va pagata anche sull’area sotto sequestro

La sentenza 35412/2022: il provvedimento dell’autorità giudiziaria non preclude l’utilizzabilità giuridica

di Federico Gavioli

La sottoposizione di un’area a sequestro preventivo e per la quale è stato richiesto il pagamento della Tari da parte del Comune non preclude l’utilizzabilità giuridica della stessa e, pertanto, il tributo locale sui rifiuti è dovuto. Così la sentenza 35412/2022 della Cassazione.

Il contenzioso

Il caso affrontato da giudici di legittimità coinvolge una società di persone e un ente locale; il Comune aveva emesso nel 2014, nei confronti della società, un avviso di accertamento per il recupero della Tari per l’anno 2014. La Ctp accoglieva il ricorso della società sulla base dell’illegittimità dell’avviso di accertamento.

Il ricorso del Comune era stato rigettato anche dalla Ctr. I giudici tributari di secondo grado avevano ritenuto che, essendo l’area per la quale era stato richiesto il pagamento della Tari per l’anno 2014 oggetto di sequestro preventivo ex articolo 321 del Codice di procedura penale, tale provvedimento aveva reso inutilizzabile l’area da parte della società, con la conseguenza che nessuna pretesa impositiva poteva essere esercitata dall’amministrazione finanziaria.

L’area continua a produrre rifiuti

La Cassazione nell’analizzare il ricorso dell’ente locale osserva che in tema di Tarsu la giurisprudenza di legittimità con la sentenza n. 6551 del 2020 aveva affermato, su un caso però lievemente differente, che lo stabilimento balneare con annesso ristorante sottoposto a sequestro preventivo non determina automaticamente la perdita immediata della facoltà di continuare ad occupare o detenere il bene, essendo tale evenienza condizionata dalle modalità di esecuzione della misura giudiziaria.

La sentenza 17617/2021 della Cassazione ha evidenziato che la disciplina di Tari, a differenza della Tosap, è differente poiché, pur presupponendo entrambe una relazione di fatto tra il soggetto passivo ed un bene immobile (aree scoperte, locali, strade, piazze), nel caso della Tari c’è la detenzione, il possesso o anche la semplice occupazione di un’area o di locali suscettibili di produrre rifiuti che determina l’assoggettamento al tributo.

Osservano i giudici di legittimità che il sequestro preventivo previsto dall’articolo 321 del Codice di procedura penale ha come unica finalità quella di limitare la libera disponibilità del bene al fine di evitare l’aggravarsi o il protrarsi di reati già commessi o la commissione di altri reati, ma non comporta necessariamente e automaticamente la perdita immediata della facoltà di continuare ad occupare o detenere il bene oggetto dello stesso.

Permanendo, pertanto, la presunzione di produttività di rifiuti, incombeva sulla società (aspetto che non emerge nella sentenza della Ctr) e non sull’ente impositore, l’onere sia di provare l’avvenuta esecuzione del sequestro, sia la perdita di fatto della disponibilità del bene in conseguenza del provvedimento dell’autorità giudiziaria. Tra l’altro non è stato neppure evidenziato che il sequestro riguardava solo una parte rilevante dell’area (4.400 metri quadrati) a fronte di una superfice complessiva molto più estesa (6.419 metri quadrati). La Corte in assenza di tali indicazioni accoglie il ricorso del Comune.

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