Imposte

Trust opachi esteri, rilievo fiscale al momento in cui il reddito è prodotto

La circolare 34/E/2022 affronta anche la questione dei redditi in territori a fiscalità privilegiata

di Antonio Longo e Antonio Tomassini

La fiscalità dei beneficiari residenti in Italia di trust opachi esteri è tra i più problematici aspetti su cui l’agenzia delle Entrate si è pronunciata con la circolare n. 34 del 20 ottobre scorso.

Il Dl 124/2019 ha introdotto una ipotesi di tassazione (articolo 44, comma 1, lettera g-sexies, Tuir) nel caso di trust opaco stabilito in Stati e territori che, con riferimento al trattamento dei redditi prodotti dal trust, si considerano a fiscalità privilegiata. In questo caso, le «attribuzioni» a soggetti residenti in Italia assumono rilevanza reddituale secondo un criterio di “cassa”.

Ancorché non vi siano chiarimenti sul punto, si ritiene che la nuova lettera g-sexies possa trovare applicazione con riferimento alle distribuzioni di reddito effettuate dal periodo d’imposta 2020. Per delimitare il perimetro di applicazione della norma, il richiamo all’articolo 47-bis si intende riferito al livello nominale di tassazione all’estero inferiore al 50 per cento di quello in Italia, tenendo conto anche di eventuali regimi fiscali speciali.

Le Entrate chiariscono peraltro che il raffronto andrebbe fatto rispetto al momento in cui il reddito viene prodotto dal trust (e non quando viene attribuito al beneficiario italiano). Il prelievo estero va confrontato con l’aliquota Ires vigente ratione temporis e, nel caso di trust con redditi finanziari, con le aliquote applicabili alle rendite finanziarie (generalmente nella misura del 26 per cento).

Il richiamo all’articolo 47-bis escluderebbe gli Stati appartenenti all’UE e allo SEE con i quali l’Italia abbia un accordo sullo scambio di informazioni. Tuttavia, l’interpretazione delle Entrate – che rischia di porsi in contrasto con il principio di libertà di stabilimento posto dall’articolo 49 del Tfue – è che il regime di sfavore si applichi comunque quando, in virtù della norma interna di uno di questi Paesi o delle convenzioni contro le doppie imposizioni, il trust ivi «stabilito» risulti residente ai fini fiscali in uno Stato a fiscalità privilegiata.

L’Agenzia sostiene poi l’orientamento restrittivo secondo cui non sarebbe possibile disapplicare questa disciplina attraverso l’interpello ex articolo 47-bis, comma 3. Chi scrive ritiene comunque possibile la presentazione di apposito interpello “antielusivo”.

In ultimo, con riferimento alla determinazione del reddito di capitale da assoggettare a tassazione in capo al beneficiario italiano, l’articolo 45, comma 4-quater, del Tuir prevede che, ove non sia possibile distinguere tra «redditi» e «patrimonio», l’intero ammontare percepito costituisce reddito.

In accoglimento delle istanze di molti operatori del settore, per distinguere il patrimonio (costituito dalla dotazione iniziale e da eventuali successivi trasferimenti al trust) dal reddito (ogni provento conseguito dal trust, compresi i redditi eventualmente reinvestiti o capitalizzati), è possibile avvalersi di documentazione contabile ed extracontabile, tra cui eventuali rendicontazioni finanziarie e le delibere del trustee.

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