Diritto

I commercialisti ci credono: serve tempo per far attecchire la cultura del salvataggio

Nonostante il basso numero di incarichi, scommettonosu team appositi di esperti

di Massimiliano Carbonaro

C’era molta attesa da parte dei commercialisti per la nuova procedura di composizione negoziata per fronteggiare la crisi di impresa. I professionisti si sono attrezzati e il basso numero di incarichi assegnati fino ad oggi non viene visto come un segno di fallimento, anche perché si evidenzia un aumento negli ultimi mesi. Ritengono infatti che, anche se ci vuole tempo, quello dell’esperto che accompagna le imprese nel percorso di risanamento, diventerà un importante settore di attività.

«L’adesione a questa nuova procedura la si vedrà tra due o tre anni» commenta Emiliano Villa, managing partner dello Studio Villa Roveda Associati che, nella convinzione che si tratti di uno spazio professionale destinato a crescere, dal 2020 ha creato un dipartimento di crisi di impresa, con un team apposito. «È una materia nuova – continua Villa – che magari avrà anche bisogno di essere adeguata in qualche suo aspetto».

Sulla stessa lunghezza d’onda un’altra realtà come Proactiva. «Siamo agli albori – ritiene Walter Pugliese, cofondatore di Proactiva – e man mano che si consolideranno queste prime esperienze ci sarà un maggiore accesso alle procedure».

Per il professionista la lentezza con cui viene adottata la nuova procedura è anche dipesa dal timore delle imprese a manifestare una situazione di difficoltà e dagli effetti che questo può causare alla reputazione dell’azienda. «Quello che manca - spiega Fabio Venegoni, equity partner di Trotter Studio Associato di Milano - è ancora la cultura del salvataggio che deve riguardare tutti, gli imprenditori, le banche e i fornitori. Penso che adesso le crisi cominceranno a manifestarsi e necessariamente servirà una maggiore attitudine in questa direzione». Venegoni è iscritto da gennaio allo specifico elenco e lo studio ha investito in questo ambito dedicando personale specifico.

Il tema della cultura di impresa non è da sottovalutare. Anzi secondo Davide Bertolli, socio di Bertolli & Partner, studio di Milano è uno dei nodi più rilevanti. «La nostra sensazione - aggiunge - considerando le imprese italiane con il suo tessuto di Pmi con una mentalità vecchio stile, è che non sia stata ancora metabolizzata l’importanza della nuova normativa. A mio parere vedremo una crescita delle posizioni di crisi che verranno portate davanti all’organo delle composizioni».

Anche Raffaele Di Capua, partner dello studio Di Capua, ritiene che sia una normativa che attende solo di essere attuata: «Il ritardo con cui si stanno manifestando le crisi di azienda dipende anche dal rimbalzo che ha avuto l’economia e dalle risorse immesse durante il Covid dallo Stato. Questo doppio effetto ha evitato il disastro, ma adesso i nodi verranno al pettine».

Sull’aspetto culturale insiste Mirko Trovato, partner di NexumStp: «Il Codice della crisi ha eliminato la parola fallimento, considerandola crisi un’opportunità come nel mondo anglosassone. Purtroppo si tarda ancora moltissimo ad evidenziare la crisi non solo da parte degli imprenditori ma anche del sistema bancario e si arriva ad agire quando la situazione è ormai irrimediabile».

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