Controlli e liti

Il prestito infruttifero non sempre genera un reddito imponibile

di Massimo Romeo

In tema di “ transfer pricing” il finanziamento infruttifero è assimilabile ad un contratto di dotazione patrimoniale.

Non sempre un finanziamento infruttifero genera, in relazione al regime fiscale del transfer pricing, una redditività imponibile, essendo necessario un controllo dell'Amministrazione Finanziaria non di mero formalismo ma diretto alla ricerca dell'esistenza di operazioni confrontabili di libero mercato; pertanto un finanziamento erogato affinché una società controllata abbia la provvista necessaria per effettuare un investimento stabile è assimilabile , negli effetti, ad un contratto di dotazione patrimoniale.

Questo l'interessante principio che emerge dalla sentenza n. 7019 depositata il 18 dicembre scorso dai giudici della Commissione Tributaria Provinciale di Milano ( pres. Biancospino – relatore Barbata ).

LA VICENDA

Il caso sottoposto all'attenzione dei giudici milanesi riguarda l'impugnazione da parte di una società , aderente al regime del Consolidato Nazionale, unitamente alla propria controllante, di un avviso di accertamento emesso dall'Agenzia delle Entrate in seguito all'omessa contabilizzazione degli interessi attivi di finanziamenti erogati alle controllate (con sede ad Hong Kong) che avevano determinato una maggiore imposta ai fini IRES.

La ricorrente appartiene ad un gruppo multinazionale attivo nel campo dei servizi dedicati allo sviluppo del mercato del lavoro, alla somministrazione di personale a tempo determinato e indeterminato, alla ricerca e selezione di personale ed, in tale ambito, è stata costituita con lo scopo di acquisire partecipazioni all'estero e di coordinarle, gestirle e supportarle strategicamente e finanziariamente; all'uopo la società sottolinea come i finanziamenti intercorsi con le società asiatiche non avessero generato alcun compenso in quanto sottoscritti con clausola di infruttuosità allo scopo di favorire l' ingresso del gruppo nel mercato cinese.

Secondo l'Ufficio, invece, il maggior reddito accertato corrisponde al valore normale degli interessi che scaturiscono dai finanziamenti accordati alle controllate estere situate nello stato asiatico sul presupposto che è del tutto ininfluente che l'operazione posta in essere dalla ricorrente sia qualificata come infruttuosa, essendo, tale qualificazione, di per sé inidonea ad escludere l'applicazione del criterio di valutazione in base al valore normale.

LA SENTENZA

In via preliminare ed in punto di diritto il Collegio osserva che in presenza di transazioni infragruppo, l'A.F. può intervenire quando il prezzo pattuito intercompany non riflette le condizioni di mercato, ma costituisce lo strumento per trasferire materia imponibile da un Paese ad un altro ; ovvero lo scopo della disciplina sul transfer pricing è quello di rettificare il valore della transazione in base al valore di mercato (valore normale) per evitare che vengano sottratti a tassazione redditi di imprese residenti.

Nella fattispecie in esame l'Ufficio ha ritenuto che il carattere gratuito dei prestiti verso le consociate asiatiche non costituisca, sotto il profilo fiscale, una normale condizione contrattuale, secondo l'accezione di cui all'art. 110 TUIR, in quanto, in comuni condizioni di mercato, un terzo indipendente non avrebbe acquisito né conservato nel proprio patrimonio un rapporto di finanziamento a titolo gratuito.

I giudici , seppur sottolineano che è sempre da ritenersi legittimo l'intervento dell' A.F. nei confronti di qualsiasi operazione non onerosa, rimane tuttavia l'obbligo che l'operazione oggetto di controllo venga esaminata con oggettività, “ nella sostanza economica dell'operazione intervenuta ed in rapporto con analoghe operazioni realizzate, in circostanze comparabili ed in condizioni di libero mercato tra soggetti indipendenti al fine di valutarne la conformità a queste”.

Sulla base di tali considerazioni il Collegio ambrosiano accoglie le doglianze della parte privata ritenendo che non avesse attuato comportamenti sanzionabili sul piano tributario nel mettere a disposizione a titolo gratuito delle proprie controllate estere il denaro necessario al conseguimento dell'acquisizione di partecipate cinesi, perseguendo, con tali operazioni, le finalità proprie del gruppo industriale al quale appartiene.

Viene quindi affermato il principio di diritto in base al quale non sempre ogni finanziamento infruttifero genera, in relazione del regime fiscale del transfer price, una redditività imponibile, per cui il controllo dell'A.F. non deve essere relegato a mero formalismo ma deve essere diretto alla ricerca dell'esistenza di operazioni confrontabili di libero mercato; nel caso di specie, chiosa il Collegio, il finanziamento erogato affinché la controllata potesse avere la provvista necessaria per effettuare un investimento stabile è assimilabile , negli effetti, ad un contratto di dotazione patrimoniale.

In tema di “ transfer pricing” il finanziamento infruttifero e' assimilabile ad un contratto di dotazione patrimoniale.

Non sempre un finanziamento infruttifero genera, in relazione al regime fiscale del transfer pricing, una redditività imponibile, essendo necessario un controllo dell'Amministrazione Finanziaria non di mero formalismo ma diretto alla ricerca dell'esistenza di operazioni confrontabili di libero mercato; pertanto un finanziamento erogato affinché una società controllata abbia la provvista necessaria per effettuare un investimento stabile è assimilabile , negli effetti, ad un contratto di dotazione patrimoniale.

Questo l'interessante principio che emerge dalla sentenza n. 7019 depositata il 18 dicembre scorso dai giudici della Commissione Tributaria Provinciale di Milano ( pres. Biancospino – relatore Barbata ).

LA VICENDA

Il caso sottoposto all'attenzione dei giudici milanesi riguarda l'impugnazione da parte di una società , aderente al regime del Consolidato Nazionale, unitamente alla propria controllante, di un avviso di accertamento emesso dall'Agenzia delle Entrate in seguito all'omessa contabilizzazione degli interessi attivi di finanziamenti erogati alle controllate (con sede ad Hong Kong) che avevano determinato una maggiore imposta ai fini IRES.

La ricorrente appartiene ad un gruppo multinazionale attivo nel campo dei servizi dedicati allo sviluppo del mercato del lavoro, alla somministrazione di personale a tempo determinato e indeterminato, alla ricerca e selezione di personale ed, in tale ambito, è stata costituita con lo scopo di acquisire partecipazioni all'estero e di coordinarle, gestirle e supportarle strategicamente e finanziariamente; all'uopo la società sottolinea come i finanziamenti intercorsi con le società asiatiche non avessero generato alcun compenso in quanto sottoscritti con clausola di infruttuosità allo scopo di favorire l' ingresso del gruppo nel mercato cinese.

Secondo l'Ufficio, invece, il maggior reddito accertato corrisponde al valore normale degli interessi che scaturiscono dai finanziamenti accordati alle controllate estere situate nello stato asiatico sul presupposto che è del tutto ininfluente che l'operazione posta in essere dalla ricorrente sia qualificata come infruttuosa, essendo, tale qualificazione, di per sé inidonea ad escludere l'applicazione del criterio di valutazione in base al valore normale.

LA SENTENZA

In via preliminare ed in punto di diritto il Collegio osserva che in presenza di transazioni infragruppo, l'A.F. può intervenire quando il prezzo pattuito intercompany non riflette le condizioni di mercato, ma costituisce lo strumento per trasferire materia imponibile da un Paese ad un altro ; ovvero lo scopo della disciplina sul transfer pricing è quello di rettificare il valore della transazione in base al valore di mercato (valore normale) per evitare che vengano sottratti a tassazione redditi di imprese residenti.

Nella fattispecie in esame l'Ufficio ha ritenuto che il carattere gratuito dei prestiti verso le consociate asiatiche non costituisca, sotto il profilo fiscale, una normale condizione contrattuale, secondo l'accezione di cui all'art. 110 TUIR, in quanto, in comuni condizioni di mercato, un terzo indipendente non avrebbe acquisito né conservato nel proprio patrimonio un rapporto di finanziamento a titolo gratuito.

I giudici , seppur sottolineano che è sempre da ritenersi legittimo l'intervento dell' A.F. nei confronti di qualsiasi operazione non onerosa, rimane tuttavia l'obbligo che l'operazione oggetto di controllo venga esaminata con oggettività, “ nella sostanza economica dell'operazione intervenuta ed in rapporto con analoghe operazioni realizzate, in circostanze comparabili ed in condizioni di libero mercato tra soggetti indipendenti al fine di valutarne la conformità a queste”.

Sulla base di tali considerazioni il Collegio ambrosiano accoglie le doglianze della parte privata ritenendo che non avesse attuato comportamenti sanzionabili sul piano tributario nel mettere a disposizione a titolo gratuito delle proprie controllate estere il denaro necessario al conseguimento dell'acquisizione di partecipate cinesi, perseguendo, con tali operazioni, le finalità proprie del gruppo industriale al quale appartiene.

Viene quindi affermato il principio di diritto in base al quale non sempre ogni finanziamento infruttifero genera, in relazione del regime fiscale del transfer price, una redditività imponibile, per cui il controllo dell'A.F. non deve essere relegato a mero formalismo ma deve essere diretto alla ricerca dell'esistenza di operazioni confrontabili di libero mercato; nel caso di specie, chiosa il Collegio, il finanziamento erogato affinché la controllata potesse avere la provvista necessaria per effettuare un investimento stabile è assimilabile , negli effetti, ad un contratto di dotazione patrimoniale.

In tema di transfer pricing il finanziamento infruttifero è assimilabile a un contratto di dotazione patrimoniale. Quindi non sempre genera redditività imponibile: occorre un controllo dell’amministrazione finanziaria, non di mero formalismo ma che cerchi l’esistenza di operazioni confrontabili di libero mercato. Pertanto un finanziamento erogato affinché una controllata abbia la provvista per effettuare un investimento stabile è assimilabile a un contratto di dotazione patrimoniale. Il principio emerge dalla sentenza 7019 depositata il 18 dicembre scorso dalla Commissione tributaria provinciale di Milano ( presidente Biancospino, relatore Barbata ).

La sentenza riguarda l’impugnazione, da parte di una società (aderente al regime del Consolidato nazionale) e della sua controllante, di un avviso di accertamento per omessa contabilizzazione degli interessi attivi di finanziamenti erogati alle controllate (con sede ad Hong Kong), che avevano determinato una maggior imposta ai fini Ires.

La ricorrente appartiene ad un gruppo multinazionale attivo nei servizi al mercato del lavoro. È stata costituita per acquisire partecipazioni all’estero e coordinarle, gestirle e supportarle strategicamente e finanziariamente. La società sottolinea come i finanziamenti intercorsi con le società asiatiche non avessero generato alcun compenso, in quanto sottoscritti con clausola di infruttuosità per favorire l’ingresso del gruppo nel mercato cinese.

Secondo le Entrate, invece, il maggior reddito accertato corrisponde al valore normale degli interessi che scaturiscono dai finanziamenti accordati alle controllate estere situate nello Stato asiatico. Sarebbe del tutto ininfluente che l’operazione posta in essere dalla ricorrente sia qualificata come infruttuosa: tale qualificazione è di per sé inidonea ad escludere l’applicazione del criterio di valutazione in base al valore normale.

La Ctp osserva che su transazioni infragruppo l’amministrazione può intervenire quando il prezzo intercompany non riflette le condizioni di mercato, ma è lo strumento per trasferire materia imponibile da un Paese ad un altro ; lo scopo della disciplina sul transfer pricing è rettificare il valore della transazione per evitare che siano sottratti a tassazione redditi di imprese residenti. Nel caso in esame l’ufficio ha ritenuto che il carattere gratuito dei prestiti non sia, sotto il profilo fiscale, una normale condizione contrattuale, secondo l’accezione di cui all’articolo 110 del Tuir: in comuni condizioni di mercato, un terzo indipendente non avrebbe acquisito né conservato nel proprio patrimonio un rapporto di finanziamento a titolo gratuito.

I giudici, pur sottolineando che è sempre legittimo l’intervento dell’ ufficio su qualsiasi operazione non onerosa, affermano l’obbligo che l’operazione sia esaminata con oggettività, «nella sostanza economica...ed in rapporto con analoghe operazioni realizzate, in circostanze comparabili ed in condizioni di libero mercato tra soggetti indipendenti al fine di valutarne la conformità a queste». Così accolgono le doglianze della società ritenendo non avesse attuato comportamenti sanzionabili sul piano tributario nel mettere a disposizione delle proprie controllate estere a titolo gratuito il denaro necessario ad acquisire partecipate cinesi, perseguendo le finalità proprie del gruppo.

Di qui il principio di diritto in base al quale non sempre ogni finanziamento infruttifero genera, in relazione al regime fiscale del transfer price, una redditività imponibile, per cui il controllo deve essere diretto alla ricerca dell’esistenza di operazioni confrontabili di libero mercato. Nel caso di specie, il finanziamento erogato affinché la controllata potesse avere la provvista necessaria per un investimento stabile è assimilabile, negli effetti, ad un contratto di dotazione patrimoniale.

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