Diritto

Il curatore deve provare l’inadempimento dei sindaci e il danno

L’ordinanza 30383/2022 della Cassazione respinge la tesi del curatore secondo cui l’organo di controllo «non poteva non sapere»

di Nicola Cavalluzzo

È compito del curatore fallimentare che promuove l’azione di responsabilità nei confronti dei sindaci fornire la prova dell’esistenza del danno, determinarne l’ammontare e la riconducibilità del danno al comportamento illegittimo dell’organo di controllo. Ai sindaci compete la dimostrazione della non addebitabilità dell’evento dannoso attraverso la prova della osservanza dei doveri e dei compiti imposti dall’articolo 2403. Sono questi alcuni dei principi sanciti dalla Cassazione nella ordinanza n. 30383 del 17 ottobre scorso. Una pronuncia estremamente importante che evidenzia la delicatezza del compito dell’organo di controllo e la fragilità delle accuse mosse spesso dalla curatela per conseguire risarcimenti a volte non dovuti.

Il contenzioso approdato alla Suprema Corte è stato promosso dal curatore per vedere accertata la responsabilità dei sindaci che, a suo avviso, non avevano riscontrato le numerose irregolarità e falsità compiute dall’amministratore della società. Al collegio si oppone il mancato controllo della sopravvalutazione delle rimanenze (all’epoca, anno 2002, al collegio competevano compiti di controllo del bilancio); la mancata svalutazione di diversi crediti nonché la mancata evidenza di operazioni inesistenti. In primo grado, anche sulla scorta di una Ctu, le ragioni del curatore venivano accolte con conseguente condanna dei sindaci ad un cospicuo risarcimento danni; giudizio successivamente ribaltato dal giudice dell’appello anche sulla base di un’altra Ctu che statuiva in maniera opposta. Ricorre in Cassazione la curatela evidenziando che l’organo di controllo non poteva non essere consapevole della sopravvalutazione delle rimanenze in considerazione sia dell’elevato ammontare dell’importo successivamente diviso per l’assenza sia di una verifica fisica delle giacenze sia di una valutazione critica dei criteri di valutazione adottati dell’amministratore. Critiche estese anche alla mancata postazione di congrue svalutazioni crediti in ossequio al principio di prudenza che impone di iscrivere solo gli utili realizzati. Il curatore contesta anche il non avere bloccato la sottrazione di disponibilità con l’utilizzo di fatture false. La Cassazione sancisce l’inammissibilità del ricorso del curatore per l’insussistenza della violazione degli obblighi posti a carico del collegio.

Di rilievo anche il passaggio dell’ordinanza in cui la Suprema Corte afferma che i sindaci, anche facendo ricorso alla diligenza che gli compete, non sarebbero stati in grado di rendersi conto della falsità delle registrazioni contabili attesa la correttezza formale e la completezza delle operazioni, rimarcando che l’inesistenza era emersa soltanto a seguito di una indagine della Gdf. L’ordinanza dà risalto alle difficoltà in cui incorre l’organo di controllo che è chiamato a valutare comportamenti estimativi sulla scorta di dati e informazioni al momento posseduti nonché delle previsioni ragionevolmente formulabili all’epoca della redazione del bilancio. Di contro il curatore ha gioco facile a contestare criteri di valutazione ovvero opinion che li avallano a distanza di anni, quando gli eventi hanno avuto conferma e/o accadimento.

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