Diritto

Per il nuovo Fisco ultima chiamata Sul contenzioso si tratta

Spiraglio per l’approdo in Senato. Accordo sulle liti fiscali ma con veto del senatore Lannutti: il Ddl «viola la separazione dei poteri»

di Ivan Cimmarusti

Ultima chiamata per il disegno di legge sulla riforma del fisco. In ballo ci sono il restyling del catasto, partendo dalla mappatura e dall’emersione delle case fantasma ma anche il doppio scivolo per uscire dalla flat tax. O ancora il cash back fiscale, per trasferire direttamente sui conti correnti dei contribuenti le detrazioni e gli sconti di imposta. Ma soprattutto l’attuazione dei nuovi principi per la riduzione dell’evasione, come chiede l’Europa per centrare gli obiettivi del Pnrr, e il ricorso all’incrocio dei dati e all’anonimizzazione delle informazioni per migliorare l’analisi di rischio e aumentare la compliance (si veda l’analisi in pagina).

La capigruppo di Palazzo Madama ieri ha lasciato aperto uno spiraglio per un approdo in Senato del disegno di legge già licenziato dalla Camera. Quello che al momento sembra mancare è la volontà politica dei gruppi parlamentari, ormai giunti agli ultimi giorni di legislatura e non certo intenzionati all’unanimità di vincolare il prossimo Governo con una delega messa in campo da un esecutivo di unità nazionale.

Qualche carta in più potrebbe averla la riforma della giustizia tributaria. Però bisognerà mettere d’accordo i partiti per un testo «condiviso» da mandare all’esame del Senato prima della pausa estiva e ottenere un voto favorevole per il successivo passaggio alla Camera. Ma in quella che si annuncia una corsa a ostacoli, si dovrà anche fare i conti con i diffusi tentativi esterni di bloccare questa modifica «sostanziale» del processo fiscale, che tra le misure fondamentali prevede il passaggio da una giurisdizione “onoraria” affidata a giudici con impegno part-time a una “professionale” e a tempo pieno.

La tensione è alta. Il rischio di perdere gli stanziamenti europei è concreto. I tempi sono stretti: mancare questa tappa sarebbe un duro colpo, non solo perché non si centrerebbe un obiettivo del Pnrr, ma anche perché sono anni che i principali attori del contenzioso, in primis i professionisti, auspicano una riforma radicale. C’è da dire che una prima «convergenza» è stata trovata ieri, alla riunione delle commissioni congiunte Finanze-Giustizia, presiedute da Luciano D’Alfonso e Andrea Ostellari. Un accordo di massima per salvare l’ossatura del Ddl governativo voluto dalla Guardasigilli Marta Cartabia e dal ministro dell’Economia Daniele Franco, inserendo solo «pochi» correttivi. Il problema è che si è frapposto il veto del senatore Elio Lannutti, secondo cui la bozza del Ddl «viola il principio di separazione dei poteri». Per il presidente onorario di Adusbef, infatti, c’è una incongruenza: l’attuale personale della giurisdizione tributaria dipende dal Mef, di conseguenza verrebbe meno il principio di terzietà. Tuttavia, fonti parlamentari rivelano che i correttivi allo studio potrebbero superare il veto, in quanto hanno l’obiettivo di rafforzare l’autonomia e l’indipendenza della giurisdizione dal Mef, come, per esempio, il potenziamento del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria (Cpgt), che assumerebbe un ruolo più strategico. Tra gli emendamenti allo studio, inoltre, c’è l’estensione dei limiti dell’età pensionabile per i giudici, ferma a 70 anni nell’attuale bozza, e la modifica dell’impugnabilità delle micro-cause fino a 3mila euro. A queste vanno aggiunte le misure per la Cassazione, come una sezione specializzata in materia tributaria e l’ipotesi di una «premialità fiscale» e, sotto certi aspetti, di una «pace fiscale» per razionalizzare le giacenze di liti ormai datate.

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