Accertamento, costi indeducibili, accessi istantanei, stato passivo e peso del giudizio tributario per il giudice penale
La mancata conservazione delle fatture è occultamento
La mancata conservazione delle fatture integra il reato previsto dall’articolo 10 del Dlgs 74/2000 riguardante l’occultamento o la distruzione di documenti contabili. Intanto tale norma si riferisce a tutti quei documenti di cui è obbligatoria la conservazione e quindi non è possibile delimitare la condotta penalmente sanzionata alle sole scritture contabili. Laddove poi copia dell’esemplare della fattura emessa venga rinvenuta presso il destinatario, si può fondatamente ritenere che il soggetto emittente abbia provveduto alla sua distruzione o al suo occultamento.
• Cassazione, sentenza 3257/2021
C’è difetto di motivazione se l’accertamento rinvia a documenti mai posseduti
L’omessa allegazione all’accertamento dei documenti in esso richiamati, come, ad esempio, le trascrizioni delle intercettazioni ovvero la consulenza tecnica disposta in sede penale, non possono comunque dirsi noti al contribuente neppure quando tale conoscibilità sia maturata all’esito della conclusione delle indagini penali successivamente alla notifica dell’atto impositivo. Ciò perché la mancata conoscenza, da parte del contribuente, della documentazione richiamata porta ad un primo difetto di motivazione dell’atto impositivo con riferimento dall’organo ispettivo (primo grado), al quale si aggiunge un secondo difetto di motivazione con riferimento all’agenzia delle Entrate se nemmeno essa non li ha mai posseduti (secondo grado), così da degenerare un «difetto di motivazione di secondo grado» (“doppia relationem”).
• Cassazione, sentenza 2223/2021
I costi indeducibili nelle società a ristretta base partecipativa fanno emergere un maggior reddito in capo ai soci
La deduzione di costi non deducibili, per difetto di competenza od inerenza, fa sempre emergere, nelle società a ristretta base partecipativa, un reddito d’impresa di importo maggiore rispetto a quello dichiarato, ancorché ad essi si accompagni, a pagamento degli stessi, un flusso finanziario in uscita. Infatti i costi indeducibili sono per loro natura neutrali nella determinazione della base imponibile e, pertanto, vanno inevitabilmente ad alterare il conto economico con conseguente inevitabile ricaduta sulla quantificazione del redditi della società e/o dei redditi dei soci nei confronti dei quali può presumersi la distribuzione.
• Cassazione, sentenza 2224/2021
Accessi istantanei vincolati dalla norma ante tempus ma non per le sanzioni se irrogate separatamente
Il mancato rispetto del termine dilatorio dei 60 giorni prima di emettere l’atto impositivo si applica anche alle verifiche caratterizzate da accessi istantanei dell’amministrazione ovvero volti alla sola acquisizione della documentazione. La pretesa tributaria viene così automaticamente travolta relativamente alle imposte, a differenza delle sanzioni, ove bisogna distinguere tra quelle che vengono irrogate insieme all’atto impositivo (accertamento, rettifica, eccetera) e quelle che vengono irrogate separatamente dall’atto impositivo, con separato atto di contestazione. In tale caso, infatti, la procedura prevede, in primo luogo, la formazione dell’atto di contestazione delle sanzioni e solo dopo, laddove non siano state accolte le deduzioni difensive del contribuente sempreché presentate, l’emissione dell’atto di irrogazione delle sanzioni, che risulta essere legittimo se è stato emesso oltre i 60 giorni dalla data di chiusura dell’accesso
• Cassazione, ordinanza 2243/2021
No alla revocazione dello stato passivo resosi definitivo sulla base della voluminosa documentazione del creditore
La voluminosa documentazione probatoria prodotta nel corso dell’originario giudizio di opposizione allo stato passivo proposto dal creditore per ottenere l’ammissione del proprio credito al privilegio e/o la non corrispondenza al vero delle enunciazioni deduttive poi avanzate dal suo difensore non sono elementi sufficienti per il curatore che intende validamente impugnare in revocazione sul punto lo stato passivo resosi ormai definitivo. Non sono, infatti, prove propriamente false e pertanto difetta il requisito dell’intenzionalità non essendo possibile qualificare come fraudolenta siffatta condotta del creditore, che per essere tale dovrebbe invece tradursi in artifici e/o raggiri intesi a paralizzare la difesa della curatela.
• Cassazione, ordinanza 2284/2021
Il credito tributario si restituisce nell'intervallo di 10 anni da quando si presenta la dichiarazione
In ordine al termine per richiedere la restituzione di un credito d’imposta esposto in dichiarazione, si applica il termine ordinario della prescrizione decennale, che va ad influenzare sia termine iniziale sia quello finale. Il primo inizia a decorrere dal momento in cui viene presentata la dichiarazione e pertanto il contribuente non deve attendere la scadenza degli ordinari termini entro i quali l’amministrazione deve esercitare i propri poteri di controllo formali (controlli automatizzati) o sostanziali (accertamenti). Il secondo, poi, non può più essere influenzato dai termini decadenziali fissati per l’attività di controllo formale ovvero quello più lungo previsto per il controllo sostanziale. In ordine alle modalità di richiesta della restituzione del credito esposto in dichiarazione, va precisato che basta la presentazione della dichiarazione senza che esista alcun obbligo di presentare un’apposita istanza, perché l’amministrazione è in condizione di conoscere la pretesa creditoria fin dal momento in cui viene in possesso della dichiarazione stessa.
• Cassazione, ordinanza 2416/2021
Sentenza tributaria valutabile dal giudice penale che deve motivare il mancato recepimento
Il giudice penale, che deve decidere della sussistenza di un reato tributario, può disattendere l’esito del concomitante procedimento tributario favorevole al contribuente/imputato solo se fornisce un’adeguata motivazione. Questo perché il provvedimento dell’amministrazione, che dispone lo sgravio, consente di considerare da quel momento come inesistente la pretesa tributaria a cui il contribuente/imputato si sarebbe sottratto sulla base degli indizi raccolti. In ogni caso può costituire un elemento in grado di far fondatamente dubitare della persistenza dell’illecito profitto ipotizzato a suo carico.